Manovra finanziaria, un cantiere aperto

Il decreto legge n. 124 del 26 ottobre scorso ha già registrato innumerevoli critiche e richieste di modifica. Perché vorrebbe introdurre complicazioni spesso assurde

La grave instabilità politica che contraddistingue questo momento storico, con i partiti di governo ancora in cerca di una guida unitaria ed autorevole, sta manifestando effetti profondamente negativi sull’elaborazione della manovra finanziaria. Il decreto legge n. 124 del 26 ottobre è un deplorevole esempio di questa situazione, che ha già registrato innumerevoli critiche e richieste di modifica, per le tante e assurde complicazioni che vorrebbe introdurre, a partire dai 10 milioni di nuovi conti correnti bancari.

La tracciabilità dei flussi finanziari avrebbe dovuto esistere già da diversi anni, e qualche evasore “sfortunato” ne ha già fatto le spese: tuttavia l’esercito di funzionari di cui dispone il fisco non sembra essere stato ben diretto, dato che i controlli sono stati pochi e sporadici. Le varie comunicazioni (spesometro, ecc.) che i contribuenti hanno dovuto inviare per anni per favorire i controlli incrociati – la mia fattura di acquisto corrisponde a quella di vendita del mio fornitore – si sono rivelate solo inutili complicazioni, che non sono servite a nulla. Non è una critica, ma perché è stata resa obbligatoria la fattura elettronica? Se lo “spesometro” e le liquidazioni periodiche Iva fossero stati davvero risolutivi per combattere l’evasione, non ce ne sarebbe stato alcun bisogno, almeno nella forma attuale.

La fattura elettronica può anche portare qualche semplificazione nei rapporti fra le aziende: ma il fatto che il “postino” che riceve e recapita le fatture sia saldamente nelle mani del fisco, la dice lunga sulla vera finalità del provvedimento, che ha costituito un serio ostacolo per le microimprese.

E gli effetti sui controlli ci sono stati davvero, o ce l’hanno raccontata? Pur immaginando che il sistema avrà ancora bisogno di tempo per andare a regime, per ora non si è visto nulla. Così pare, infatti, dall’esame della manovra: l’introduzione di nuovi obblighi per chi fa svolgere alcuni servizi all’esterno dell’azienda – che si configurano come appalti – ci fa comprendere come la fatturazione elettronica sia stata un provvedimento utile solo a qualcuno.

Che questo qualcuno non fossero i contribuenti, era comprensibile, dato che la norma vuole combattere l’evasione; ma la constatazione che potrebbe non risolvere il problema getta qualche ombra su chi l’ha progettata e messa in opera. In verità qualcuno già da tempo si era chiesto se la fattura elettronica, con i miliardi di interazioni che si creano fra milioni di soggetti diversi, potesse essere uno strumento efficace per controllare se chi emette fattura verserà poi l’Iva nei termini di legge (e senza contare le imposte sui redditi...). Il volume di dati da analizzare è immenso, ma il problema non è questo: i super computer impiegati per valutare i bisogni di un frequentatore di Internet e indirizzargli i messaggi pubblicitari più pertinenti, non hanno necessità di esattezza assoluta.

Nella manovra finanziaria è prevista la denuncia all’Ufficio tecnico di Finanza dei depositi di gasolio di capacità complessiva inferiore a 10 metri cubi (e non più 25 mc come adesso)

Per le verifiche di regolarità fiscale – su decine di milioni di operazioni al giorno – un misero 1% di errore porta a centinaia di migliaia di possibili contenziosi fra contribuente e fisco, un volume che l’amministrazione finanziaria non è in grado di gestire. Per questo ci vorrebbe qualcosa di più (una sorta di filtro “intelligente”), la cui definitiva messa a punto potrebbe richiedere tempi non compatibili con le impellenti necessità finanziarie di cui ha bisogno la macchina statale.

In questo quadro, le nuove norme sugli appalti privati possono trovare qualche giustificazione: ma fino a quanto alcuni disonesti porteranno il legislatore a pensare che tutti sono disonesti, avremo norme sempre più complesse e sempre meno utili. Ci vorrebbe il coraggio di semplificare davvero: poche leggi, chiare e inderogabili, che forse ci faranno fare qualche sacrificio, ma che tutti dovranno applicare; poche tasse e di entità sostenibile, con pene severe per chi non paga; tempi brevi per le contestazioni, che evitino trucchi come “l’apri e chiudi”, il cui costo resta sulle spalle di tutti.

Nuove norme sui depositi di gasolio

Fra le altre novità, invero poco piacevoli, della manovra si segnalano le nuove norme sui depositi di prodotti petroliferi, che modificano una norma risalente agli anni 30 del secolo scorso e che si era ormai consolidata. Il vigente testo unico sulle accise – le imposte che gravano sui prodotti petroliferi – (D. Lgs. n. 504 del 1995) aveva infatti confermato che i depositi di gasolio di capacità complessiva inferiore a 25 metri cubi non erano obbligati a essere denunciati all’Ufficio tecnico di Finanza e a tenere il registro di carico e scarico dei prodotti acquistati e utilizzati. Sulla base di queste disposizioni i contoterzisti e le aziende agricole con elevati consumi di gasolio si erano dotati di depositi di gasolio adatti alle proprie necessità; ora, l’abbassamento del limite da 25 a 10 metri cubi pare destinato a sconvolgere il mercato e le abitudini delle imprese.

Chi non ha la necessità impellente di un deposito di grande capacità (oltre 10 mc), avendo consumi distribuiti nel tempo e non concentrati in periodi ristretti, potrebbe scegliere di ridurre numero e capienza dei serbatoi, considerate le difficoltà di gestione dei registri. Questi sono del tutto inutili per chi usa gasolio agricolo, se dobbiamo prestar fede alla relazione tecnica di accompagnamento del provvedimento: l’estensione dell’obbligo sotto i 25 mc era infatti giustificata dalla necessità di facilitare i controlli sui “depositi commerciali”, e non su quelli privati.

Il gasolio agricolo è già soggetto ad una miriade di controlli:

  • approvvigionamento limitato a pochi distributori presenti sul territorio;
  • quantitativi determinati e indicati sul libretto di controllo;
  • registrazione di ogni scarico sul libretto di controllo, firmato dal distributore;
  • il libretto è rilasciato dalla Regione e ad essa deve tornare per la verifica annuale;
  • ogni litro assegnato deriva da parametri di legge;
  • l’impresa che opera per conto terzi deve compilare un riepilogo per ciascun cliente.

Nessuno sentiva il bisogno di aggiungere nuovi obblighi, che non incideranno minimamente sul volume di imposte evase; ma il sistema produttivo avrà perduto un altro poco di competitività, e chissà che un giorno non l’avremo perduta tutta?

Registro di carico e scarico

La tenuta del registro è tutt’altro che semplice, perché bisogna registrare con assoluta precisione (le tolleranze sono minime) quanto gasolio è stato scaricato dall’autocisterna e quanto ne è stato prelevato, direttamente per fare il pieno o indirettamente attraverso il serbatoio trasportabile.

Se il contenitore-distributore è stato installato perfettamente in piano, giornalmente si deve misurare il livello del liquido, per mezzo dell’asta graduata fornita dal costruttore; poi grazie ad un’apposita tabella di conversione, si determina la giacenza di prodotto e ricavare il consumato per differenza rispetto alla misura del giorno precedente. Il contalitri sull’erogatore può essere d’aiuto, ma bisogna fare i conti con le differenze di densità correlate alla temperatura del gasolio: 1.000 litri a 30° non sono la stessa quantità che a 20°, con il rischio di alterare il risultato.

L’unica alternativa, ormai consolidata e diffusa negli impianti di distribuzione stradale, consiste nella quantificazione elettronica del contenuto dei serbatoi, integrata con il contalitri, anch’esso digitale; i dati possono essere trasmessi via cavo o tramite una carta telefonica ad un programma per la tenuta del registro in forma digitale. Questo sistema può essere integrato con quello che presiede alla sicurezza, al fine di prevenire i furti: una minima variazione di livello attiva immediatamente il sistema di allarme. Il costo di tutte le apparecchiature e del programma di gestione del registro può sembrare elevato, pur essendo diminuito nel corso degli ultimi anni, ma prima di rifiutare questa soluzione bisogna pensare che le misure quotidiane, i calcoli e la tenuta di un registro cartaceo costano assai di più.    

Manovra finanziaria, un cantiere aperto - Ultima modifica: 2019-11-30T08:08:02+01:00 da Roberta Ponci

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