Trattori, un sogno lungo una vita

Le forme di finanziamento per il rinnovo del parco macchine non mancano e possono aiutare a realizzare un sogno

Un sogno lungo una vita. Detta così potrebbe suonare come una frase di cattivo augurio, qualcosa di cui non abbiamo alcun bisogno nel già difficile periodo che stiamo vivendo, ma se guardiamo alle statistiche sul tasso di rinnovamento dei trattori agricoli, scopriamo che l’affermazione ha un fondo di verità.
Il parco trattoristico italiano, di cui neppure i ministeri interessati conoscono l’esatta entità, dovrebbe contare circa 2 milioni di esemplari, mentre i dati di vendita delle trattrici ammontano a circa 18.000 esemplari all’anno, con una media decennale intorno a 20.000 “pezzi” annui. Se escludiamo le macchine con meno di 25 anni di età, il parco nazionale dei mezzi potenzialmente obsoleti si aggira sul milione e mezzo di esemplari, che al ritmo di 18.000 nuovi acquisti all’anno potrà essere interamente sostituito in oltre 80 anni.

La legge finanziaria per l’anno 2020 ha recuperato gli aiuti alle imprese sotto forma di ammortamenti maggiorati, in vigore nel triennio precedente, trasformandoli in un credito d’imposta

Nel frattempo, però, anche le “nuove” trattrici saranno diventate vecchie, e dovranno anch’esse essere sostituite: come nel paradosso della lepre e della tartaruga, il punto di equilibrio tende all’infinito. In realtà, se distinguessimo le aziende agricole produttive da quelle che lavorano prevalentemente per autoconsumo, l’aggiornamento del parco macchine diventa possibile, per quanto lentissimo e fortemente dipendente dai fattori esterni.
Bisogna aggiungere che la superficie aziendale rimane molto bassa anche escludendo part time e hobby farmer, determinando un utilizzo annuo decisamente scarso se riferito ai parametri del mercato mondiale, che consente una vita operativa lunghissima. I trattori che oggi hanno 50 anni sono stati progettati in funzione di una vita media di almeno ventimila ore, da svilupparsi nel giro di 10-15 anni; ma se l’impiego medio annuo non ha superato le 300 ore, la macchina potrebbe essere ancora in discrete condizioni dopo mezzo secolo.

Gli ostacoli da superare

Fra gli ostacoli che si frappongono alla sostituzione ha un proprio peso anche la diversa impostazione tecnica: negli anni Settanta un trattore da 60 cavalli rientrava nella fascia media, mentre oggi una potenza del genere è confinata a pochi impieghi specialistici. Cambiare un trattore di 60 cavalli con uno di 100 può richiedere la sostituzione di molte attrezzature, andando ad aggravare l’impegno finanziario complessivo; d’altra parte una nuova trattrice non può fare miracoli se abbinata ad attrezzi obsoleti.

Per i beni che rispettano le condizioni “4.0” (ex iper-ammortamento) il credito d’imposta, da utilizzare in 5 rate annuali, è pari al 40% del valore investito, mentre per gli altri investimenti scende al 6%

Qui si apre l’eterno discorso degli incentivi al rinnovamento del parco macchine, che suscita tanto interesse ma che non sembra avere prodotto, almeno nell’ultimo decennio, effetti tangibili sulla competitività del sistema agricolo e sull’indotto. Il primo incentivo dovrebbe essere l’incremento di produttività dell’azienda agricola: un agricoltore oculato investe solo se l’investimento può comportare un risultato tangibile, non solo in termini di incremento del fatturato, ma soprattutto se fa aumentare il reddito netto aziendale. Un incentivo ad acquistare un bene fine a sé stesso, che non comporta un miglioramento delle prestazioni dell’azienda, alla lunga peggiora la situazione economico-finanziaria. Comprare qualcosa che non serve, anche se oggetto di intervento pubblico, lascia comunque all’agricoltore l’obbligo di pagare una differenza a cui non corrisponde un incremento della produttività. Un quarto di secolo di Psr ha dimostrato che il progetto di sviluppo deve essere reale, non costruito a tavolino per “andare a contributo”; che deve stare in piedi da solo, e non essere affidato esclusivamente all’aiuto; che deve aumentare effettivamente il margine dell’agricoltore, al netto della quota di rischio.
Non bisogna neppure dimenticare che un conto è lo sviluppo, inteso come incremento delle “prestazioni economiche” aziendali, un altro è il mantenimento di quelle esistenti, attraverso la sostituzione delle macchine e delle attrezzature. Per molti anni si è giocato sull’equivoco, impiegando le risorse destinate allo sviluppo rurale per pareggiare anziché per vincere: si è chiuso un occhio sulla verifica dell’effettivo incremento della marginalità, inducendo negli agricoltori false speranze sulle reali finalità dei Psr. Speranze naufragate nell’ultima programmazione, in cui – con qualche differenza fra le regioni – ha finalmente prevalso lo spirito della norma: sviluppo significa “qualcosa in più”, non solo nella capitalizzazione dell’azienda a seguito degli investimenti, quanto piuttosto nel miglioramento della capacità di produrre utili.

Effetto Psr quasi nullo

L’acquisto di una trattrice con i sistemi di telemetria e controllo remoto, magari abbinato a uno spandiconcime a rateo variabile, gode di un’agevolazione ben superiore a un normale Psr

Il trattore, in questo spostamento di obiettivi, ha perduto il ruolo centrale che aveva avuto nel passato: se conta ciò che si fa, come lo si fa e quanto rende economicamente, ogni incremento di capitale non direttamente impegnato nella produzione (quindi, nell’esecuzione delle lavorazioni agricole) passa automaticamente in secondo piano. Certamente è importante consumare e inquinare di meno, ridurre l’esposizione dell’operatore a rumore e vibrazioni, aumentare sicurezza ed ergonomia: tutto questo rientra però negli obblighi ordinari delle imprese e non può quindi essere – per il diritto comunitario – oggetto di aiuto.
Quando il trattore entra nelle azioni dei Psr, lo fa a supporto di macchinari specifici, che realizzano quelle operazioni che possono, sulla base del progetto (verificato dalla regione o provincia autonoma), aumentare realmente il fatturato e l’utile che resta in tasca all’imprenditore.
Questo spiega, insieme ai ritardi accumulati da talune regioni per problemi locali, l’effetto quasi nullo determinato dai Psr sul mercato dei trattori, nonostante l’elevata percentuale di intervento pubblico (dal 35% al 45%) sulle somme investite. Il principale inconveniente dei piani sviluppo è legato anche ad aspetti temporali: da quando esce il bando regionale, a quando il piano viene approvato definitivamente può trascorrere qualche anno, un tempo troppo lungo anche per operatori abituati a cicli produttivi poliennali.
Se il legislatore comunitario ha dimostrato di avere fatto tutto il possibile per complicare le norme, la declinazione dei piani regionali ha introdotto ulteriori vincoli e cavilli che rendono ancor più difficile la gestione dei progetti di sviluppo, al punto che una quota rilevante delle risorse deve compensare l’opera dello stuolo di esperti e professionisti richiesti.

Credito d’imposta

Combinando la “Nuova Sabatini” con il credito d’imposta si va da un minimo del 13,8% (6% + 7,8%) per i beni ordinari ad un massimo del 50,1% (40% + 10,1%) per quelli che rispettano le caratteristiche tecniche

Ma non c’è solo il Psr, anzi: altre forme di finanziamento possono raggiungere percentuali di intervento pubblico assai maggiori dei bandi regionali, per quanto abbiano trovato finora scarsa attenzione, soprattutto in una parte del mondo agricolo. Fra gli agromeccanici – normalmente esclusi dai Psr e quindi avvezzi ad allargare il loro campo visivo – l’attenzione è stata fin da subito assai vasta, mentre gli agricoltori solo da qualche mese sembrano essersi accorti di una misura che è stata scritta anche per loro. La legge finanziaria per l’anno 2020 ha infatti recuperato gli aiuti alle imprese sotto forma di ammortamenti maggiorati, in vigore nel triennio precedente, trasformandoli in un credito d’imposta fruibile anche da coloro che non determinano il reddito in base del bilancio, come gli agricoltori.
La percentuale di intervento è stata ridotta pesantemente (è circa un terzo di quella massima conseguibile con il super e l’iper ammortamento), ma sempre molto vantaggiosa, se pensiamo che i maxi-ammortamenti erano legati alla percentuale (progressiva) di tassazione. Al contrario, il credito d’imposta è sempre quello, qualunque sia il reddito dichiarato; per i beni che rispettano le condizioni “4.0” (ex iper-ammortamento) il credito è pari al 40% del valore investito, da utilizzare in 5 rate annuali; per gli altri investimenti il credito scende al 6%, anch’esso in 5 anni.
Si noti che l’acquisto di una trattrice con i sistemi di telemetria e controllo remoto, magari abbinato a uno spandiconcime a rateo variabile, gode di un’agevolazione ben superiore a un normale Psr, ma senza alcuna istruttoria o graduatoria e con la certezza del contributo (credito d’imposta).
Per quanto non obbligatoria, nel senso che non sospende il diritto al credito, deve essere fatta una comunicazione al ministero dello sviluppo economico; inoltre può essere opportuna una perizia tecnica che accerti il rispetto delle condizioni “4.0”, da tenere agli atti, per gli investimenti fino a 300.000 euro (oltre questo limite, la perizia è obbligatoria).

Nuova Sabatini e bando Inail

Il finanziamento previsto dalla Nuova Sabatini gode di un tasso agevolato che incide per circa il 7,8% del valore dell’investimento; se poi i beni finanziati possiedono le caratteristiche “4.0”, l’aiuto aumenta del 30%, superando di poco la percentuale del 10,1%

Le percentuali di aiuto sopra indicate possono aumentare se ci si avvale del finanziamento agevolato, garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti (e quindi dallo Stato), in base all’art. 2 del Dl 21/06/2016 n. 69, convertito nella legge 09/08/2013 n. 98 (Nuova Sabatini). Il finanziamento gode di un tasso agevolato, con intervento statale, che incide per circa il 7,8% del valore dell’investimento; se poi i beni finanziati possiedono le caratteristiche “4.0”, l’aiuto aumenta del 30%, superando di poco la percentuale del 10,1%. Combinando la “Nuova Sabatini” con il credito d’imposta si va da un minimo del 13,8% (6% + 7,8%) per i beni ordinari ad un massimo del 50,1% (40% + 10,1%) per quelli che rispettano le caratteristiche tecniche di cui alla circolare n. 4/E dell’Agenzia delle entrate del 30/03/2017. La “Nuova Sabatini” pone alcuni vincoli, fra i quali si ricordano la durata massima del finanziamento, che non può superare i 5 anni (prestito bancario o leasing); i beni strumentali devono essere “nuovi di fabbrica” e devono consentire un ampliamento o allargamento dell’attività aziendale, non la pura sostituzione del vecchio con il nuovo.
E poi, anche se revocato dal Decreto legge n. 34/2020 (Rilancio), ci sarebbe sempre il bando Inail per l’aggiornamento del parco macchine con i suoi 45 milioni di euro: non sono pochi, anche se possono finanziare un numero ridotto di aziende. In proposito giova ricordare che lo stesso provvedimento, pur revocando il bando Isi emanato alla fine dell’anno scorso, di fatto obbliga l’Inail a emanarne uno nuovo, incaricato di spendere la dotazione di 45 milioni, che è stata confermata.

Come si può vedere, le forme di aiuto per il rinnovamento del parco macchine non mancano e ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta: che si preferisca il lungo e periglioso iter del Psr, almeno nelle regioni dove ci sono ancora bandi disponibili, oppure altre forme come il bando Inail, il credito d’imposta o la Nuova Sabatini, i fondi ci sono. Ma gli agricoltori, talora accusati di percepire troppe sovvenzioni, vorrebbero qualcosa di diverso: vorrebbero che i loro prodotti, lodati quando si parla di “made in Italy”, fossero pagati per ciò che valgono; vorrebbero che il ruolo nella filiera del cibo e nella conservazione dei beni collettivi fosse valorizzato e non demonizzato; vorrebbero infine vedere riconosciuta la loro dignità di imprenditori.

Si scrive Mother Regulation, si pronuncia flessibilità

Il Regolamento Ue n. 167/2013 ha uniformato le norme per la costruzione e l’omologazione dei trattori agricoli e delle macchine trainate (rimorchi e operatrici) definendo nuove regole tecniche.
Se per le macchine trainate l’omologazione “europea” è facoltativa, a giudizio del costruttore, le trattrici immatricolate a partire dal 1° gennaio 2018 devono essere costruite ed omologate nel rispetto del Regolamento, con l’eccezione di un numero esiguo di mezzi (in Italia, meno di 9.000) che a tale data erano ancora in fase di costruzione. A fine giugno doveva terminare il regime transitorio per la commercializzazione degli ultimi esemplari omologati secondo le disposizioni, più restrittive per l’acquirente, di cui all’art. 104 del Codice della strada.
L’acquisto di queste macchine, vendute solitamente a prezzi scontati, può tuttavia rivelarsi un ottimo affare, specialmente quando non si hanno esigenze particolari in termini di pesi rimorchiabili; in ogni caso è bene chiarire con il venditore se il trattore è stato omologato secondo le vecchie o le nuove norme. Per contro, esistono in circolazione alcuni modelli ed esemplari di trattori che, pur essendo stati immatricolati nel biennio 2016-2017, erano stati omologati secondo le norme europee: in questo caso fa fede la carta di circolazione (vedasi il codice di omologazione).
Le regole europee hanno portato diverse innovazioni ri spetto al passato:
- Aumento della massa rimorchiabile (nuovi ganci di traino);
- Nuovi sistemi di frenatura del rimorchio (idraulico a due vie);
- Aumento della velocità di costruzione: il trattore non deve più essere limitato a 40 km/h; è il conducente a non dover superare il limite quando circola su strada;
- Aumento della massa massima di omologazione: il trattore che non supera le 18 tonnellate non è eccezionale per massa; per i cingolati il limite sale a ben 32 t (in precedenza i limiti erano di 14 t per i gommati e di 16 t per i cingolati);
- Obbligo di montaggio del 2° specchio retrovisore;
- 4 diversi livelli di sicurezza contro l’avviamento accidentale (prima erano 3);
- Blocco automatico della presa di potenza all’abbandono del posto di guida;
- Dispositivo di distacco della batteria;
- Unificazione dei colori identificativi dei comandi;
- Agevolatore a gas per sollevare i roll bar abbattibili;
- Dispositivo di protezione del conducente contro il rischio del ribaltamento per i trattori di massa inferiore a 600 kg;
- Presenza del tachimetro per i trattori omologati oltre i 30 km/h.
Alcune di queste caratteristiche erano già presenti sulle trattrici prodotte in Italia e in Europa; le nuove regole obbligano i costruttori a seguire le stesse regole e questo può migliorare la sicurezza per gli operatori.
Riguardo al traino, l’aumento del peso rimorchiabile è legato all’introduzione di nuovi tipi di ganci, con portate superiori rispetto ai “vecchi” ganci Cuna (tipo D2 e D3) che erano limitati a 20 t; con i ganci europei si può arrivare a 40 t (ovviamente per i trattori più potenti). I ganci fissi ex Cuna sono ammessi anche con le nuove omologazioni, onde consentire il corretto accoppiamento fra il nuovo trattore ed il vecchio rimorchio; in sede di acquisto, è bene chiarire con il concessionario quali tipi di ganci sono necessari e quali giunti bisogna acquistare per la frenatura delle macchine già presenti in azienda.

Trattori, un sogno lungo una vita - Ultima modifica: 2020-07-14T10:33:48+02:00 da Francesco Bartolozzi

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