Quando la manutenzione del verde è un obbligo

Lo sfalcio periodico della vegetazione spontanea su banchine stradali, scarpate, trincee e rilevati posti in prossimità delle strade, nonché sulle aiuole spartitraffico, rientra nella manutenzione delle pertinenze stradali più che nella “cura e manutenzione del paesaggio”
Il taglio della vegetazione ha assunto una funzione indispensabile in particolare per il controllo della stabilità delle opere di difesa idraulica

Al di là delle innumerevoli tragedie determinate dalla pandemia, il 2020 sarà ricordato come un anno particolare per le attività di costruzione e manutenzione di aree verdi: prima, per la scadenza del termine per la dichiarazione di possesso dei requisiti formativi da parte del responsabile tecnico, poi per l’incomprensibile sospensione dell’attività determinata dal Dpcm del 22 marzo. In effetti, sembra difficile capire il motivo del provvedimento: proprio la manutenzione del verde – svolta in massima parte da operatori singoli – non sembrava costituire pericolo per alcuno. Non è un caso che il successivo Dpcm del 10 aprile abbia corretto il tiro, consentendo la ripresa delle attività legate al verde, ma solo per i lavori di manutenzione, e non per la costruzione ex novo.

Pertinenze stradali

D’altro canto, il concetto stesso di manutenzione del verde viene spesso declinato in modo alquanto discutibile, soprattutto quando riguarda settori particolari. È il caso, per esempio, dello sfalcio periodico della vegetazione spontanea sulle banchine stradali, sulle scarpate, trincee e rilevati posti in prossimità delle strade, nonché sulle aiuole spartitraffico. In questi contesti si rientra infatti nella manutenzione delle pertinenze stradali, definite dal codice della strada, più che nella “cura e manutenzione del paesaggio” classificata dal codice Ateco 81.3. Non a caso, durante il periodo di sospensione di tale attività, diverse pubbliche amministrazioni avevano invitato le imprese appaltatrici a iniziare o proseguire il lavoro, ritenendolo estraneo alla gestione del verde.

La manutenzione delle pertinenze stradali, definite dal codice della strada, non rientra nella “cura e manutenzione del paesaggio, classificata dal codice Ateco 81.3

Il Codice della strada, all’art. 3, stabilisce infatti che le aree inerbite poste a fianco delle strade rientrano nel patrimonio stradale, di cui costituiscono normali pertinenze: in questo senso le relative attività di manutenzione (sfalcio erba, potature e pulizie) dovrebbero rientrare nei lavori stradali. La distinzione è tutt’altro che formale: se valesse il principio della pertinenza stradale, chi ne cura le manutenzioni non dovrebbe essere tenuto a possedere i requisiti tecnico-professionali richiesti dall’art. 12 della Legge 28 luglio 2016, n. 154 e dall’Accordo Stato-Regioni del 22/02/2018. Lo stesso vale per altre infrastrutture, come ferrovie, aeroporti e centri intermodali, così come per i corsi d’acqua naturali e artificiali. Il controllo della vegetazione spontanea su ripe, argini e corsi d’acqua non è, anche in questo caso, riconducibile a un’azione di cura del paesaggio, quanto al mantenimento della piena funzionalità dell’infrastruttura, a partire dalla sorveglianza.

Il taglio della vegetazione ha assunto, infatti, una funzione indispensabile proprio per il controllo della stabilità delle opere di difesa idraulica, come hanno dimostrato recenti esperienze. Argini e ripe non ripuliti dalla vegetazione non possono essere adeguatamente e periodicamente controllati rispetto al rischio di colonizzazione da parte della fauna selvatica (nutrie in particolare). In taluni casi il cedimento della sponda ha provocato incidenti; altrove, non appena l’alveo è stato interessato dall’onda di piena, l’acqua si è insinuata nelle numerose cavità determinando la rottura dell’argine e l’allagamento di migliaia di ettari.

Attrezzature e operatori diversi

I due settori sono rigidamente distinti anche rispetto alle attrezzature impiegate e, di riflesso, alle imprese che se ne occupano: il controllo della vegetazione spontanea su corsi d’acqua, opere idrauliche e infrastrutture vede, infatti, l’impiego prevalente di trinciatrici ad asse orizzontale, portate su trattrici agricole; nella tosatura di prati e parchi di interesse paesaggistico o ricreativo prevalgono invece le cimatrici ad asse verticale (tosaerba). Nel primo caso la vegetazione viene trinciata, provocando una parziale sfibratura degli steli, che allunga il tempo di cicatrizzazione e di ricaccio delle piante; il residuo vegetale rimane sul posto e si comporta come una pacciamatura naturale, che svolge una duplice funzione. Da un lato, evita l’eccessiva perdita di umidità del terreno, così da mantenere in vita la copertura vegetale e ridurre il rischio di erosione in caso di pioggia; dall’altro, l’azione ombreggiante allunga il tempo di ricrescita della vegetazione.

Nella tosatura di prati e parchi di interesse paesaggistico o ricreativo prevalgono le cimatrici ad asse verticale (tosaerba)

Un prato di interesse ricreativo o sportivo, rispetto a un’area naturale, ha diversi punti deboli ed esigenze del tutto particolari, perché la scarsa biodiversità che lo caratterizza lo rende facile preda di squilibri sanitari e nutrizionali. Il taglio deve essere orizzontale, netto e senza sfibrare gli steli, per ridurre lo stress; deve essere frequente affinché la biomassa possa essere finemente tritata e dispersa in superficie (mulching); ma se l’altezza dell’erba è oltre il doppio di quella della lama, l’erba tagliata deve essere asportata. Negli impianti sportivi non ci si dovrebbe mai arrivare, nel senso che i tagli devono essere assai più ravvicinati, aiutando il prato a superare lo stress idrico con frequenti irrigazioni. Esigenze diverse selezionano operatori diversi: le superfici a copertura spontanea, o meno esigenti, richiedono macchine capaci di operare rapidamente, con costi contenuti per unità di superficie e un numero ridotto di interventi nell’anno, mentre un prato curato ha bisogno di un operatore altrettanto specializzato, ma più attento a certi dettagli. Si badi bene che il lavoro deve essere affidato in entrambi i casi a veri professionisti, ognuno per la sua specialità: come non esiste una gerarchia sportiva fra fondista e scattista, così un bravo giardiniere e un bravo trinciatore sono bravi entrambi, ma ciascuno nel suo campo.

Attività connesse

Questo principio vale soprattutto riguardo alle attività non specializzate, esercitate spesso da piccoli agricoltori che si improvvisano trinciatori e si dedicano alla manutenzione delle banchine stradali. Il fatto che le attività di servizi connesse all’agricoltura siano state legalizzate, con la modifica all’art. 2135 del codice civile e con una serie di norme fiscali e previdenziali, non attribuisce automaticamente una capacità professionale a chi decide di trascurare l’attività principale per rincorrere improbabili guadagni. Anzi, la predilezione che alcuni enti pubblici hanno manifestato nei confronti di questa pratica nasconde interessi che nulla hanno a che fare con la beneficenza: all’operatore non specializzato può sembrare allettante l’idea di occupare il tempo libero con un lavoretto da trenta euro all’ora, ma solo perché non sa fare i conti.

Prima di tutto bisogna utilizzare gasolio per autotrazione, non rientrando le manutenzioni stradali fra i lavori agricoli; già il fatto di dovere spendere il doppio per il carburante costringe il nostro amico a dover cercare strade alternative, di cui però il pubblico amministratore è corresponsabile. Poi, ci sono le regole del Codice della strada: un mezzo operativo deve munirsi di un’apposita segnaletica, sia per la macchina in lento movimento sia per delimitare il cantiere; inoltre, nei tratti con scarsa visibilità e nelle intersezioni ci vuole qualcuno a terra con le palette rosse/verdi. Come si fa a lavorare in queste condizioni a un prezzo che non copre neppure le spese? L’ente che affida il lavoro, spesso in aperta violazione delle norme sugli appalti pubblici, cerca di cautelarsi con un capitolato che lascia tutti gli obblighi all’appaltatore, ma non può non sapere che a quei prezzi è materialmente impossibile rispettare le regole.

Il costo di un cantiere per la trinciatura di banchine e altre pertinenze stradali varia da 48 a oltre 65 euro/h a seconda del tipo di trattore e di braccio utilizzati

Bisogna poi aggiungere che non è vero che ogni trattore, con braccio o trincia posteriore, vale come un altro: per lavorare in modo efficiente e sicuro ci sono dei requisiti tecnici da rispettare, in termini di peso minimo della macchina, carreggiata, pneumatici, così come il braccio trinciatore. Di solito un trattore viene acquistato nell’allestimento idoneo per le lavorazioni in campagna, dando la precedenza a pneumatici di tipo polivalente, con costole piuttosto alte e a centro aperto; a trasmissioni di tipo meccanico, economiche e capaci di sviluppare un certo sforzo di trazione, ma incapaci di adattarsi a un lavoro discontinuo e che richiede frequenti regressioni; se gli ostacoli fuori terra sono frequenti, come accade in vicinanza di incroci o centri abitati, le numerose inversioni e cambi di marcia riducono la velocità di lavoro e quindi l’efficienza del cantiere.

Un’attrezzatura nata per il solo impiego agricolo, specie se datata, può essere priva di accorgimenti indispensabili, come i soffiatori per allontanare i residui dalla sede stradale, mentre le protezioni dal lancio di oggetti e frammenti possono non essere adatte all’impiego in presenza di persone o veicoli. Chi si improvvisa trinciatore per occupare il tempo libero, rischia di trascurare i suoi interessi senza guadagnare nulla, perché i prezzi a basi d’asta sono ridotti all’osso e ci si può stare solo impiegando le macchine in modo intensivo (per ridurre i costi orari) e con operatori esperti.

I costi

Ma se si vanno a vedere gli appalti dedicati alle aziende agricole, si scopre che il prezzo base è assai inferiore a quello di un operatore professionale e tiene conto di una capacità e un’efficienza inferiori. Ma quanto dovrebbe costare un trattore con il braccio decespugliatore, ovviamente adatto a un impiego continuativo e professionale? Nella tab. 1 è possibile trovare i costi, comprensivi degli oneri accessori, per la trinciatura di banchine e altre pertinenze stradali; come si può vedere, il trattore è dedicato, per gran parte dell’anno, al lavoro di trinciatura (500 ore su 700 complessive), considerando l’allestimento.

Per ogni classe di bracci, o meglio di sbraccio massimo raggiungibile, è stata individuata una potenza minima del trattore che tiene conto delle sue caratteristiche statiche e dinamiche; una testa trinciante, pur con tutte le esigenze legate alla trasmissione idraulica, impiega infatti una quota minima della potenza del trattore, decrescente all’aumentare di quest’ultima. I calcoli sono stati eseguiti considerando un minimo fabbisogno di manodopera addizionale per le opportune segnalazioni e lo spostamento dei segnali di cantiere: su strade difficili o molto trafficate i valori indicati devono essere maggiorati di almeno una unità di lavoro. Ovviamente, nel calcolo dei costi variabili si è tenuto conto dei consumi, e in particolare del costo del gasolio per autotrazione, oltre al fatto che si tratta di attrezzature a comando e trazione idraulica che determinano un maggior costo rispetto alle trasmissioni meccaniche. I costi fissi tengono conto delle caratteristiche tecniche dei trattori: inversore a comando idraulico e trasmissione power shift, oltre a pneumatici adatti a sopportare le sollecitazioni del braccio e l’impiego su pavimentazione dura, come il manto stradale.

Quando la manutenzione del verde è un obbligo - Ultima modifica: 2020-05-09T15:15:34+02:00 da Roberta Ponci

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