Assicurarsi per condividere un rischio con altri

In ambito agricolo le prime assicurazioni fecero la loro comparsa all’inizio del secolo scorso, per coprirsi contro il rischio della grandine

La percezione di quanto il sistema assicurativo sia correlato con il sistema produttivo e con il tessuto sociale è ancora largamente insufficiente: il cittadino comune considera ancora l’obbligo assicurativo – come quello per i rischi della circolazione stradale – solo come una tassa.

In vaste parti del Belpaese l’assicurazione è vista come una grande mucca da mungere, con mezzi leciti o illeciti, e l’elevato valore dei premi assicurativi (stabiliti su base regionale) lo dimostra.

Perché ci si assicura? Per condividere con altri, riducendone gli effetti economici, un rischio più grande di noi o che non potremmo accettare perché comprometterebbe – nella pur rara ipotesi che si verificasse – la qualità della nostra vita.

Il più celebre romanzo verista – I Malavoglia – ambientato nella Sicilia dell’Ottocento, narra le vicissitudini dell’omonima famiglia a seguito di un naufragio che aveva comportato la perdita della barca e del suo carico: nella cultura popolare di allora nessuno avrebbe mai pensato ad assicurarsi.

I primi contratti

Ma le assicurazioni esistevano già da tempo, prima con l’istituzione del mutuo soccorso all’interno delle “gilde” e delle “arti” medievali e, in epoca più recente, con il contratto di assicurazione sul trasporto marittimo, sviluppatosi soprattutto nel Settecento ad opera di inglesi e olandesi.

Lo stretto legame con la società civile consentì, da un lato, di certificare la quantità di merci che una nave poteva caricare (la stazza); dall’altro, di fissare ragionevoli indici di rischio, per una marineria commerciale sempre più evoluta: i cronometri di precisione nacquero proprio allora, per misurare esattamente la posizione in mare e non perdere la rotta. Grazie alla naturale propensione a scommettere tipica di quei popoli, il nuovo contratto cominciò a svilupparsi e perfezionarsi: se una calamità naturale faceva fallire qualche operatore, gli indici di rischio venivano rivisti, consentendo però al sistema di prosperare.

In ambito agricolo le prime assicurazioni fecero la loro comparsa all’inizio del secolo scorso, per coprirsi contro il rischio della grandine: un problema serio per aziende accorpate, dove l’evento meteorologico poteva creare un danno non sopportabile. Se per le aziende condotte in proprietà la localizzazione è puntuale, per quelle condotte in affitto può non esserlo, specialmente se derivano dalla conversione di rapporti di fornitura, come spesso avviene per gli agromeccanici. In tal caso – molto frequente – il cliente decide di non condurre più i terreni e li affitta al suo contoterzista di fiducia: poiché il suo raggio d’azione è generalmente piuttosto ampio (spaziando su vari comuni), l’azienda agricola che si forma è assai frammentata.

Se questo fattore aumenta i costi di trasferimento, contribuisce però a diminuire il rischio di eventi meteorologici che hanno un andamento circoscritto, come nubifragi e grandinate. Tali condizioni, insieme al modesto valore delle colture estensive (cereali) e all’incidenza dei premi, giocano a sfavore delle polizze grandine; per contro, il contoterzista è molto più smaliziato dell’agricoltore rispetto agli altri rischi.

Responsabilità civile verso terzi

L’elemento fondamentale che distingue l’operatore professionale è proprio il fatto di avere stipulato una polizza contro la responsabilità civile verso terzi, specificando che sono indennizzabili:

  • l’azienda per cui si sta lavorando e il relativo personale;
  • i terreni e le colture su cui si sta lavorando, compresi i prodotti raccolti o impiegati;
  • i propri dipendenti e collaboratori;
  • il trasporto dei prodotti sui propri mezzi.

Per quanto possa sembrare strano, non sempre queste evenienze sono coperte dalle polizze standard: una malintesa ricerca del risparmio a ogni costo porta a semplificare i contratti che richiedono l’espressa indicazione delle clausole speciali. Spesso le maggiorazioni di prezzo sono di minima entità rispetto al rischio coperto: una quota rilevante del premio è dovuta a tasse e oneri amministrativi, mentre le estensioni di validità incidono poco in relazione al loro effettivo valore.

Il bisogno di ridurre il rischio è particolarmente sentito nel caso in cui si acquistano beni strumentali usati, ma di grande valore, rivolgendosi ad altri mercati più “ricchi” o nei quali il mezzo è disponibile, sui quali la garanzia del venditore ha una durata limitata. Per quanto le misure 4.0 abbiano portato a una contrazione del numero di queste operazioni, l’esigenza è molto sentita per talune macchine per movimento terra e per uso forestale, che si svalutano rapidamente nei primi anni di vita per l’esiguità dei potenziali acquirenti. In fondo, si tratterebbe delle medesime estensioni temporali di garanzia che vengono applicate sul nuovo, con la differenza che l’importo da assicurare – la riparazione di un guasto di grave entità – ha una maggiore incidenza rispetto al valore commerciale della macchina. Per il contoterzista può essere accettabile una franchigia più elevata, che andrebbe a coprire i sinistri meno costosi ma più frequenti o probabili, a fronte di una garanzia estesa che copra i guasti più impegnativi, che possono mettere l’azienda in difficoltà.

Gli eventi eccezionali

I criteri utilizzati per la definizione del premio sono influenzati più dalla frequenza dei sinistri (che aumenta la probabilità che questi si verifichino) che dalla loro entità: a questo proposito sono già in arrivo strumenti assicurativi che permettono di estendere la garanzia a costi ragionevoli.

Più difficile da realizzare sembra invece la creazione di una polizza specifica contro la perdita del lavoro dovuta a eventi eccezionali, come calamità naturali, malattie parassitarie e contaminazioni dei prodotti agricoli da parte di fattori biologici (micotossine), chimici, o fisici (fall out nucleare). In queste situazioni l’agricoltore può assicurare il prodotto, o comunque godere di un indennizzo pubblico, in quanto soggetto proprietario del prodotto non conseguito o rivelatosi inutilizzabile.

Per il contoterzista non è invece previsto alcun ammortizzatore: gli oneri finanziari continuano ad accumularsi, i mutui devono essere pagati e spesso anche le altre voci di costo, specialmente quando l’evento calamitoso si verifica a breve distanza dalla raccolta. Se il danno è totale, l’impresa perde l’intero fatturato: se le macchine non hanno altri impieghi, si perde anche la possibilità di ammortizzare gli oneri finanziari e quanto era stato investito per affrontare la campagna di lavorazione.

Quantificazione dell’indennizzo

Nell’ipotesi in cui una polizza siffatta diventasse realmente operativa, si pongono vari problemi per la quantificazione dell’indennizzo: si guarderà al mancato reddito o alle spese sostenute? Qualora si decidesse di stabilire un compenso forfetario per unità di lavoro (ettaro?), come si potrebbe determinare il numero degli ettari perduti? La stipula di un contratto di servizio in forma scritta con il cliente – anche un semplice scambio di mail – resta ancora un miraggio: i numerosi tentativi per diffondere la contrattazione si sono scontrati con l’opposizione di entrambe le parti.

Poter lavorare su contratto, magari su scala temporale pluriennale, sarebbe invece conveniente per tutti, consentendo di gestire eventuali disaccordi; quelle stesse responsabilità che oggi si possono far valere solo dopo una causa lunga e incerta, si troverebbero già scritte nel contratto. In tal caso la quantificazione del lavoro perduto sarebbe immediatamente disponibile; applicando un sistema di forfetizzazione (un tanto a ettaro) per danni limitati, medi e gravi si riuscirebbe a indennizzare il contoterzista in tempi relativamente brevi.

Assicurarsi per condividere un rischio con altri - Ultima modifica: 2021-12-02T10:36:28+01:00 da Roberta Ponci

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