«Imprenditori agricoli di nuovo protagonisti»

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare
Le prime dichiarazioni del neoministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare Francesco Lollobrigida

Aumentare la Sau italiana di un milione di ettari rendendo coltivabili i terreni oggi lasciati a riposo. Lotta senza quartiere all’italian sounding e a tutti i tentativi di classificazione pregiudizievole delle eccellenze agroalimentari italiane come l’etichetta a semaforo Nutriscore. E poi incentivi all’innovazione e alla ricerca, tutela della biodiversità, impulso ai contratti di filiera per riequilibrare la distribuzione del valore a favore degli agricoltori e un atteggiamento molto determinato verso Bruxelles per dare concretezza al concetto di sovranità alimentare «e limitare l’esposizione del Continente nei confronti del resto del mondo» oltre a sollecitare «una riforma della Politica agricola comune che si liberi dall’ideologia intrinseca del Farm to Fork, perché la sensibilità ambientale è sentita anche in Italia e il nostro Paese può dire di avere una delle agricolture da sempre più sostenibili». E ancora la reintroduzione dei voucher per facilitare il lavoro nei campi e la siccità, contro la quale si lavorerà a un efficientamento delle risorse idriche attraverso un piano invasi, la riqualificazione e il potenziamento delle reti idriche. Ma anche con la realizzazione di «nuovi e più potenti dissalatori». Queste le prime dichiarazioni d’intenti del neo ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, accolte con molta soddisfazione dalle organizzazioni agricole e agroalimentari, Coldiretti in primis.

Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare

La sovranità alimentare

La nuova denominazione del dicastero di Via XX Settembre e la caratura di Lollobrigida, fedelissimo della premier, hanno fatto accendere i riflettori della stampa generalista sul settore agricolo. Molto si è discusso sul concetto di “sovranità alimentare”. «Non è un concetto di destra o una nostalgia autarchica – ha precisato Lollobrigida rispondendo ai cronisti – non a caso l’hanno messa in costituzione anche Paesi socialisti come Ecuador, Venezuela, Mali. Il concetto nasce da un’organizzazione che si chiama Via Campesina, è stato promosso da organizzazioni internazionali e noi lo condividiamo perché è un concetto giusto – ha ribadito – se una cosa funziona a noi va bene, senza schemi ideologici. I prodotti d’eccellenza e la qualità vanno difesi mettendo al centro il rapporto con i coltivatori. E io intendo farlo». Anche in Francia il settore primario è regolato da un Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire. Un nome che tra l’altro era stato chiesto con insistenza da Coldiretti e che ha ricevuto il plauso di Carlo Petrini, fondatore di Slow food.

Il modello di agricoltura che il nuovo esecutivo vuole imporre «vede al centro il rispetto della qualità e della produzione – ha ribadito Lollobrigida – con l’imprenditore agricolo come fulcro dell’interesse di chi si occupa di questa materia. C’è anche la necessità di tornare protagonisti in Europa».

Quella che sembra una vera e propria bomba lanciata da Lollobrigida in questi primi giorni da ministro è la proposta di aumentare la Sau a disposizione degli agricoltori italiani, oggi pari a circa 12,5 milioni di ettari. «Dbbiamo tornare ad avere più terreni da coltivare – ha detto – è necessaria una riforma della Pac che si liberi dall’ideologia intrinseca del Farm to Fork, perché la sensibilità ambientale è sentita anche in Italia e il nostro Paese può dire di avere una delle agricolture da sempre più sostenibili».

Il ragionamento del nuovo inquilino del palazzo dell’Agricoltura è che l’abbandono delle campagne «contribuisce ad aggravare il dissesto idrogeologico, quindi la manutenzione del territorio, frutto di un sistema di produzione che mette al centro l’agricoltore, permette di ridurre un costo ambientale».

Piano di coltivazione e filiere forti

Lollobrigida ha promesso «un piano nazionale di coltivazione da attivare non solo per contrastare periodi di crisi ma da utilizzare anche nei momenti fertili». Fondamentali, però, contratti di filiera chiari (finanziati nel Pnrr) «che garantiscano al produttore un prezzo di vendita equo e competitivo».

«Basti pensare – ha ricordato – che già prima della crisi, un litro di latte, che al produttore costa circa 48 centesimi, veniva pagato 38 centesimi mentre alla vendita al dettaglio sta tra 1 euro e trenta e i due euro. Squilibrio esistente anche per la carne. Sul fronte crisi più in particolare, è vero che l’agroalimentare italiano vale oltre 500 miliardi di euro e l’export nel 2021 ha registrato oltre 50 miliardi, ma è vero anche che poggia su un sistema estremamente debole». L’esponente di punta di FdI ha fatto notare come negli ultimi dieci anni abbiano chiuso «oltre 26.000 stalle, pari al 50% del totale presente in Italia» e alcuni agricoltori abbiano sospeso la semina, nonostante ci sia penuria di grano e di mais «perché i costi non sono sostenibili». In media generale, poi, «saranno oltre il 30% le aziende che chiuderanno con un reddito negativo – ha rimarcato Lollobrigida – mentre prima della crisi del 2022 le aziende con queste difficoltà erano il 7%».

«In Italia ormai abbiamo poche eccellenze – ha concluso Lollobrigida –. Tra queste c’è l’enogastronomia, dove il made in Italy è sinonimo di qualità. La tipicità del nostro prodotto è vincente e va difesa, l’italian sounding distorce miliardi di euro». Circa un centinaio ogni anno secondo i calcoli delle aziende produttrici di pasta, carne, derivati del pomodoro, formaggi, vino e olio extravergine d’oliva.

«Imprenditori agricoli di nuovo protagonisti» - Ultima modifica: 2022-11-03T12:50:26+01:00 da Simone Martarello

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