La minima lavorazione è una realtà ormai da anni, anzi decenni. Ed è, anche, sempre più diffusa nelle campagne italiane, al punto che per certe colture – cereali a paglia, mais e soia di secondo raccolto – si avvicina alle superfici delle lavorazioni convenzionali. Ci sono pertanto tutti gli elementi per fare un bilancio di questa tecnica, sia dal punto di vista dei risultati, sia da quello dei costi. Senza però dimenticare l’aspetto più importante per i nostri lettori: oltre che all’agricoltore, la lavorazione alternativa conviene anche al terzista?
Per tirare un po’ le somme abbiamo interpellato tre agromeccanici che da diversi anni applicano queste pratiche: hanno infatti iniziato quando quasi nessuno ne parlava e quando gli attrezzi dedicati erano pochissimi. Qualche volta hanno contribuito a realizzarne di nuovi, molto spesso hanno sbagliato, in qualche caso fatto retromarcia. Restando comunque legati alla preparazione senza aratura. Vediamo in che modo, cominciando da un vero antesignano.
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