«Sono in corso profondi mutamenti nell’attività agricola che impongono soprattutto al comparto dei servizi una immediata capacità di resilienza, così da rispondere alle nuove esigenze di un settore che non è più soltanto chiamato a produrre il cibo, ma dovrà farlo in maniera sostenibile, riducendo le emissioni, garantendo qualità e trasparenza».
I saluti di Federico Sboarina e, a destra, Gianni Dalla Bernardina
Così ha esordito Gianni Dalla Bernardina, presidente della Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani (Cai), l’associazione che rappresenta 18mila imprese agromeccaniche professionali in agricoltura, in occasione della quarta assemblea annuale (come Cai, ndr) che ha avuto luogo a Verona con i saluti del sindaco Federico Sboarina.
«La versatilità delle imprese agromeccaniche risponde perfettamente alla capacità di adattarsi ai diversi contesti produttivi che la riforma della Politica agricola comune in fase di approvazione intende promuovere – ha continuato Dalla Bernardina –. In tale contesto, affiancato anche dalle risorse predisposte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza e i fondi per favorire il ricambio generazionale inseriti nel programma Next Generation Eu, non sarà il contesto economico a preoccuparci, quanto l’impiego lungimirante delle risorse a sostegno di uno sviluppo che sappia coniugare ambiente e produttività».
Gli interventi di Michele Gruppo (a sinistra) ed Elisa De Berti
La centralità delle imprese agromeccaniche in chiave di sostenibilità delle produzioni lungo la catena di approvvigionamento e nella blockchain è stata ribadita da Michele Gruppo, presidente di Verona Mercato, dove si è svolta l’assemblea, e l’endorsement alla categoria è arrivato anche da Elisa De Berti, vicepresidente della Regione Veneto. «Il settore degli agromeccanici deve riuscire ad avere il riconoscimento per l’importanza fondamentale che svolge all’interno del mondo produttivo e agricolo – ha detto -. Confido che il Pnrr sia una opportunità anche per le imprese agromeccaniche».
Fondamentale sarà l’iniziativa legislativa, lanciata insieme con Coldiretti, per assimilare gli imprenditori agromeccanici a quelli agricoli, che dovrebbe sopprimere le attuali differenze di trattamento a livello amministrativo. «Non chiediamo di togliere a chi ha o di privare qualcuno di un diritto acquisito da tempo, ma non vogliamo neppure tenere fuori dalla porta chi sta facendo lo stesso lavoro degli agricoltori e a sostegno degli agricoltori», ha spiegato Dalla Bernardina.
Riforma Pac
A proposito della nuova impostazione della Pac 2023-2027, sulla quale Parlamento, Consiglio e Commissione Ue hanno recentemente trovato una convergenza programmatica, «a livello italiano si giocherà la partita vera – ha spiegato Ermanno Comegna, economista agrario esperto di politica agricola – perché si dovrà decidere come gestire gli ampi margini di manovra, in termini di pagamenti diretti, interventi settoriali e sviluppo rurale. Con la Pac 2023-2027 la devoluzione delle competenze sarà ancora più accentuata e bisognerà anche adottare una nuova gestione amministrativa della politica agricola comunitaria. Se l’Italia non procederà in questa direzione, non riuscirà a sfruttare appieno il valore aggiunto insito nella nuova Pac, che è diversa da tutte quelle precedenti».
Venendo ai contenuti della riforma, «in linea generale – ha aggiunto Comegna – ci sono sei questioni di interesse generale da evidenziare:
- lo stanziamento agricolo all’interno del bilancio dell’Unione europea è tutto sommato salvaguardato rispetto al settennio precedente, soprattutto in termini nominali;
- non ci sarà la necessaria e auspicata semplificazione della Pac, e questo è un aspetto negativo;
- aumenta la richiesta di prestazioni ambientali rivolta agli operatori agricoli (orientamento già presente prima, poi accentuato con il Green Deal e ora con la nuova “architettura verde”);
- si va verso una differente e più equilibrata distribuzione delle risorse nel regime dei pagamenti diretti;
- questa riforma è una occasione propizia per le Istituzioni nazionali e regionali per cambiare in meglio la Pac;
- è stata soppressa la norma europea che pregiudicava l’accesso alla categoria degli agromeccanici ai fondi della misura di investimenti del Psr.
Proprio su quest’ultimo punto, di primario interesse per gli agromeccanici, l’ufficialità ci sarà nei prossimi giorni, per cui dal 2023 un agromeccanico potrà beneficiare dei sussidi previsti dalla Misura per gli investimenti del secondo pilastro Pac (per esempio acquisto di macchine e attrezzature, realizzazione di impianti produttivi o strutture) e la decisione politica spetterà a Ministero e Regioni, che non potranno più dire no come in passato appellandosi al regolamento comunitario».
Albo Nazionale
Fra gli auspici del settore delle imprese agromeccaniche «è necessario che i fondi per lo sviluppo rurale non si limitino più a finanziare il semplice acquisto della nuova macchina, che talvolta non riesce a realizzare l’obiettivo primario dello sviluppo dell’attività aziendale – ha precisato Dalla Bernardina –. Bisognerebbe piuttosto sostenere chi può dimostrare di avere usufruito di un servizio innovativo, reso a prezzi remunerativi da imprese agromeccaniche professionali, sulla base di contratti di servizio pluriennali. Con questo sistema sarebbe possibile, con fondi assai più limitati, creare sviluppo senza gravare sui bilanci delle aziende agricole. Bisogna invertire la tendenza, aiutando chi, come gli agromeccanici, può portare l’innovazione e la tecnologia anche a quelle aziende che non investono o non possono investire».
Anche per questo Cai da sempre spinge sulla istituzione di un Albo nazionale delle imprese agromeccaniche, che possa tutelare sia le imprese professionali sia i clienti agricoltori. «Fin dall’approvazione del piano nazionale sull’uso sostenibile dagli agrofarmaci (2014), le imprese agromeccaniche sono state investite di una serie di compiti volti a rendere trasparente il rapporto con gli agricoltori nel settore della difesa delle colture.
L’imposizione di oneri, talvolta piuttosto pesanti, porta però con sé anche elementi positivi, perché per la prima volta il legislatore ha stabilito che l’impresa agromeccanica è tenuta a certificare ciò che fa; e se è obbligata, è anche autorizzata a farlo. Questo, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, costituisce un precedente importante su cui impostare le basi del futuro albo, estendendo la capacità di certificare il proprio lavoro a tutte le attività svolte.
Certificare non equivale a dichiarare: la certificazione è una dichiarazione avente valore legale, opponibile a terzi, che l’impresa agromeccanica può sostenere con vari mezzi di prova, dalla fatturazione alla giustificazione dei consumi di gasolio. L’Albo di categoria deve solo essere riconosciuto e costituito formalmente, ma i contenuti ci sono già: e come accade per la difesa fitosanitaria, solo le imprese iscritte possono certificare le operazioni svolte, possibilità preclusa a quelle non iscritte».
Revisione e dintorni
Nota polemica, infine, sulla revisione dei mezzi agricoli. «La revisione toccherà le imprese rappresentate da Cai in misura del tutto marginale, poiché l’impiego per conto terzi è già soggetto al severo esame del cliente; anche i mezzi più datati sono infatti tenuti in perfetta efficienza anche dal punto di vista della sicurezza operativa.
Che si faccia o no, la Confederazione ha già portato le nostre proposte, in parte accolte, agli organi competenti; non si comprende perché altre rappresentanze di agromeccanici abbiano invece proposto di revisionare prima i mezzi più nuovi e sicuri. Un’idea davvero discutibile, che danneggerebbe la categoria favorendo le frange più retrograde del comparto agricolo, quelle che si oppongono alle regole su cui si fonda la nostra pluriennale azione contro l’abusivismo».
Su questo tema è intervenuto anche Roberto Rinaldin, presidente FederAcma. «È semplicemente vergognoso che dopo l’emanazione della legge nel 2015 ancora si sia in attesa del decreto attuativo – ha detto il presidente dei concessionari di macchine agricole – . Faccio appello alla forza politica di Coldiretti, che mi risulta essersi espressa a favore della revisione, perché faccia sentire la propria voce al fine di sbloccare definitivamente questa situazione farsesca. Invito, poi, gli agromeccanici, che nel 2021 hanno sfruttato molto il Credito 4.0, a impegnarsi nella produzione e condivisione dei dati che oggi sono disponibili con le nuove tecnologie, facendosi pagare di più dagli agricoltori per il servizio aggiuntivo che offrono loro. Da parte nostra, stiamo realizzando un portale per collezionare questi dati».
A proposito di Coldiretti, «è stata l’unica categoria che ha dimostrato di poterci comprendere – ha ribadito il numero uno di Cai – e ci aspettiamo qualcosa di importante dal rinnovo del protocollo con loro, per non farci trovare impreparati nel 2023».
«Come Coldiretti abbiamo fatto la scelta di campo precisa di essere vicini agli agromeccanici e di dare loro supporto – ha riferito nel suo intervento Albano Agabiti – per creare collaborazione nel rispetto delle autonomie reciproche. Del resto, certe pratiche diventeranno obbligatorie con la nuova Pac e richiederanno specializzazione, e chi se non gli agromeccanici potrà garantirla? Per non parlare della digitalizzazione: tutto dovrà essere certificato con l’agricoltura di precisione e la maggior parte delle aziende agricole non potrà organizzarsi in tal senso, per cui anche questa diventerà un’opportunità di mercato per le imprese agromeccaniche, oltre che un completamento di una prestazione certificata che darà valore aggiunto al prodotto finale».