Lavorazioni di precisione e transizione digitale per un’agricoltura che cerchi di soddisfare ancora più di quanto già non faccia le richieste di riduzione degli input che arrivano dalle istituzioni europee e dai consumatori. Ma anche un’agricoltura sempre più competitiva con produzioni di alta qualità. Centrare questi obiettivi sarà impossibile senza le aziende agromeccaniche, che quindi devono essere riconosciute a pieno titolo all’interno del settore primario. Questo il messaggio lanciato durante la decima edizione del Contoterzista Day, manifestazione organizzata dalla rivista Il Contoterzista, che quest’anno si è svolta in presenza per un numero limitato di partecipanti nella sede di Bonifiche Ferraresi a Jolanda di Savoia (Fe) e in diretta streaming.
A introdurre la giornata è stato Claudio Pennucci, direttore agronomico di Bonifiche Ferraresi, che ha portato i saluti dell’amministratore delegato dell’azienda ferrarese, Federico Vecchioni. «Oggi è una giornata particolare perché sarà impostata essenzialmente per far vedere a voi agromeccanici e agli addetti ai lavori quella che è l’agricoltura di precisione – ha detto Pennucci –. Effettivamente il ricorso a queste metodologie nella gestione di tutte le operazioni colturali (dalle lavorazioni del terreno alla concimazione, dalla difesa fitosanitaria alla semina) ha una funzione importante e strategica per ottimizzare il ricorso ai vari input tecnici. La funzione degli agromeccanici nell’ambito dell’agricoltura è fondamentale, perché con voi facciamo una programmazione legata alle operazioni colturali che stanno sempre più cambiando e in particolare ai concetti di sostenibilità di cui ormai tutti oggi dobbiamo prendere atto».
Produttività priorità assoluta
Svoltasi in Emilia-Romagna, l’edizione 2021 dell’evento ha visto la partecipazione in diretta streaming dell’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi. «Siamo molto orgogliosi di essere la regione che ospita la più grande impresa agricola del nostro paese – ha esordito Mammi – non solo per le tante colture che segue, ma anche come grande laboratorio di innovazione e di conoscenza. Un obiettivo molto ambizioso dell’agricoltura nei prossimi anni sarà quello di tenere insieme la capacità di produrre e di farlo in modo sempre più sostenibile e per questo obiettivo il ruolo degli agromeccanici è fondamentale. La produttività è una priorità assoluta e deve rimanere anche nella nuova Pac e nel nuovo piano di sviluppo rurale: la pandemia ci ha chiaramente fatto capire che abbiamo bisogno di un’agricoltura forte e competitiva, ma allo stesso tempo dobbiamo tener conto della sostenibilità: produttività e sostenibilità non possono essere slegate, perché se si rompe questo equilibrio, l’effetto sarà quello di avere imprese che chiudono. E quando si parla di sostenibilità, è sempre importante declinarla nelle tre accezioni fondamentali, ovvero ambientale, sociale ed economica, perchè le imprese agricole devono essere messe nelle condizioni di generare reddito. E se vogliamo tenere insieme produttività e sostenibilità, abbiamo bisogno anche del lavoro degli agromeccanici, capaci di trasferire conoscenze e di portare professionalità e competenze anche nelle imprese agricole».
«Per tenere insieme capacità di produrre e sostenibilità – ha concluso Mammi – abbiamo anche bisogno di investire sulla ricerca e sulla conoscenza e di puntare sulla digitalizzazione e sull’agricoltura di precisione. L’Emilia Romagna è stata la prima regione che ha visto approvato il proprio progetto Psr dalla Commissione europea, quindi, entro maggio/giugno del 2022 avremo bandito tutti i 408 milioni di euro previsti dal Psr di transizione 2021-2022, a partire dai 120 milioni destinati agli investimenti nelle aziende agricole e nelle aziende della trasformazione. Il ruolo degli agromeccanici nel trasferire le nuove tecnologie (digitalizzazione e agricoltura di precisione in primis) alle imprese agricole è insostituibile e l’agricoltura della nostra regione conta molto sul vostro lavoro, tanto che per la prima volta poche settimane fa l’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha approvato la nascita di un albo regionale degli agromeccanici, al quale ci si potrà iscrivere in base a certi requisiti, e chi sarà iscritto a questo albo potrà partecipare a un bando attraverso il quale useremo risorse regionali proprio per dare contributi alle imprese agromeccaniche per la prima volta in assoluto. Partiremo con un bando da 100 milioni di euro, che apriremo nei primi mesi del 2022, ma l’intenzione è quella di confermarlo ogni anno e di metterci possibilmente più risorse».
«Vorrei segnalare a tutti che la nostra categoria ha continuato a lavorare in un momento difficile – ha commentato il presidente di Cai (Confederazione Agromeccanici e agricoltori Italiani) Gianni Dalla Bernardina nel suo primo intervento – fornendo a questo paese servizi in agricoltura che altrimenti non potrebbe andare avanti. E allora, se è vero che il 60-70% delle lavorazioni in Italia è svolto da noi, c’è una grossa parte del paese che ci deve dare questo riconoscimento. Devo ammettere che ci sono degli scenari nuovi, nel senso che sembra che si stiano accorgendo che questo fenomeno dell’attività agromeccanica, che si è evoluto in 80 anni di storia, è un fattore importate per questo paese. Avremo presto risorse significative a disposizione, ma sarà importante capire dove verranno collocate; in ogni caso noi dobbiamo essere in questa partita di salvaguardia dell’agricoltura ed essere supportati, non sopportati».
I vantaggi del precision farming
Come detto, tema centrale di questa edizione del Contoterzista Day è stata l’agricoltura di precisione. A illustrare come viene declinata in casa di Bonifiche Ferraresi è stato Francesco Pugliese, direttore di IBF Servizi. «Siamo partiti più di quattro anni fa cercando di andare a introdurre quelle che sono le metodologie di agricoltore di precisione – ha spiegato Pugliese – e già dopo un anno e mezzo circa di attività in campo abbiamo iniziato a vedere i risultati che portava in termini di efficienza dei fattori produttivi (riduzione dei costi e degli input), così abbiamo pensato che questo modello fosse “scalabile”, cioè trasferibile a tutte le aziende agricole italiane. Oggi cerchiamo di approcciare a 360° quelle che sono le reali esigenze delle aziende, per cui da questo punto di vista il ruolo degli agromeccanici è centrale, in quanto anello di congiunzione tra tutti i processi che in agricoltura è necessario seguire.
L’agricoltura di precisione si fonda sul principio del fare la cosa giusta al momento giusto nel posto gusto e il primo passo che si compie è la digitalizzazione dei campi mediante l’acquisizione dei confini e delle loro caratteristiche principali attraverso delle sonde, per arrivare a creare una mappa di conducibilità e dar vita a una prima carta d’identità “puntuale” di ogni appezzamento. Questo strato informativo è indispensabile per individuare le soluzioni migliori in termini di scelta della coltivazione e di tutte le attività future (semina, concimazione, lavorazioni, trattamenti) e in ogni momento sarà possibile seguire le macchine nei campi e soprattutto calcolare in tempo reale tutti i dati relativi a consumo di carburante, quantità di seme, concime e fitofarmaci utilizzati ecc. Con l’aiuto di satelliti, telecamere, sensori e droni è possibile, poi, verificare la presenza delle colture, la crescita delle piante, il loro stato di salute e prevedere in anticipo la resa di un campo, incrociando i dati di resa con tutti i rilevamenti storici e le caratteristiche dei terreni.
Uno sforzo particolare è stato rivolto all’ottimizzazione dell’irrigazione, per cui attraverso l’utilizzo di sensori e dei dati satellitari è possibile conoscere con precisione quando una coltura ha necessità di acqua (si arriva a risparmiare più del 50% di acqua rispetto al passato), e alla possibilità di prevedere attacchi patogeni su determinate aree. Le macchine per la raccolta di nuova generazione, infine, sono in grado di rilevare quantità e qualità del prodotto raccolto e questo pone le basi non solo per la verifica e l’ottimizzazione di tutte le tecniche che sono state attuate, ma anche per il futuro e complesso viaggio che quella materia prima dovrà effettuare verso le tavole dei consumatori. Tutti questi dati, infatti, aiutano le aziende a tracciare i prodotti, ottimizzando gli spostamenti, migliorando la conservazione o semplificando i processi di certificazione».
Pugliese ha anche presentato alcuni risultati concreti relativi alla stagione 2021 che quantificano il beneficio del ricorso al precision farming. «Nel frumento duro la combinazione tra attività diverse legate a concimazione, lavorazioni e semina ha portato a un bilancio finale ricavi/costi di 135 €/ha (tab. 1); nel mais da pastone la semina a rateo variabile ha determinato anche in questo caso dei benefici più che significativi (tab. 2); la concimazione di fondo e in copertura nel riso ha determinato un incremento di costi, ma i ricavi sono stati tali da rendere economicamente vantaggioso il ricorso alle tecnologie di precisione (tab. 3); nel pomodoro irrigazione e concimazione effettuate nelle dosi e nei momenti giusti hanno consentito di diminuire i costi e di aumentare le rese (tab. 4). Anche su piante officinali come la menta, ad alto valore aggiunto, siamo intervenuti su alcuni parametri che ci hanno permesso di migliorare significativamente rese in campo e in olio. Infine, dal punto di vista della LCA (Life Cycle Analysis) e dell’impronta ambientale (nell’ambito delle filiere agroalimentari e dei prodotti “Le Stagioni d’Italia”), la comparazione su grano duro tra 2019 e 2020 ha visto una riduzione della CO2 equivalente del 50%, a parità di costi e di produzione, e questo per un marchio che poi deve andare sul mercato diventa un fattore molto importante.
La possibilità soprattutto per operatori agromeccanici come voi di “ordinare” i tanti dati che si generano – ha concluso Pugliese – diventa anche in questo caso un elemento di valore aggiunto, perché permette di ottenere una certificazione ambientale o di altro tipo molto più velocemente e con una grande riduzione dei costi per chi deve poi fare l’attività di certificazione. Gli agromeccanici, poi, sono chiaramente il punto di congiunzione, perché abbiamo un problema legato alla parcellizzazione delle nostre campagne e se non riusciamo a creare aggregazione, rischiamo di lasciare in stato di abbandono le nostre terre. Per presidiare i territori serve necessariamente il vostro ruolo come soggetti che riescono ad aggregare capacità produttive e innovative e ad accompagnare non solo il nuovo sviluppo, ma tutte le sfide che dal punto di vista comunitario ci stiamo ponendo come sistema paese».
La testimonianza diretta dei contoterzisti
Come già negli ultimi anni, anche la decima edizione ha visto la presenza sul palco di alcune imprese agromeccaniche che hanno portato la loro testimonianza in tema di agricoltura di precisione. «Quasi tutti i contoterzisti oggi hanno un’azienda agricola – ha esordito Andrea Bonora della provincia di Ferrara – e nel nostro caso la decisione di approcciare queste tecnologie è stata di interesse agronomico, in quanto le abbiamo provate a casa nostra. In un secondo momento, poi, è arrivata anche la richiesta dei clienti, in quanto le aziende un po’ più strutturate hanno cominciato a richiedere questo servizio e ci siamo strutturati per rispondere a questa esigenza. I primi approcci risalgono a diversi anni fa, con la guida satellitare, ma da circa 2-3 anni è subentrata l’esigenza agronomica, per cui dalla semplice guida siamo passati a semina e concimazione a dosaggio variabile».
«Noi abbiamo cominciato nel 2015 acquistando una macchina importante che era già dotata di tutto – ha proseguito Luciano Petrini della provincia di Ancona, nonchè presidente della federazione nazionale Frima Marche – e abbiamo imboccato la strada di queste tecnologie perché l’agromeccanico deve offrire servizi di qualità. Tra il 2016 e il 2017 un grosso impulso è poi arrivato dall’iperammortamento, un’occasione da non farsi sfuggire come imprenditori, ma si era comunque capito che c’era l’esigenza di tutte queste tecnologie. Quello che personalmente abbiamo notato è che i miei operatori lavorano meglio e si stancano meno. Ormai è diventato un sistema che devi avere, dato che i clienti cominciano a chiedertelo, anche se per ora non lo pagano. Siamo comunque partiti anche noi dalle analisi del terreno e oggi ci avvaliamo un po’ anche del supporto dei droni».
«La mia esperienza va indietro al 2003, quando in occasione della fiera di Hannover venne presentata una prima macchina senza l’operatore che mi lasciò stupefatto, perché più che scienza sembrava fantascienza – ha riferito Luigi Turco, della provincia di Foggia –. Successivamente abbiamo avuto la fortuna nel 2004 di acquistare forse il primo trattore in Italia con la guida parallela e oggi abbiamo il 50% delle macchine con guida parallela. Circa 5 anni fa, poi, abbiamo iniziato a fare le mappature tramite droni e a utilizzare delle sonde per l’ottimizzazione dell’irrigazione, un modo per dare il nostro contributo all’ecosostenibilità: all’inizio sembra un costo abbastanza pesante, però nell’arco di qualche anno viene ripagato, perché si dimezzano i consumi».
«Senza analisi, senza dati, si è sempre nella incertezza dell’operatività – ha ribadito Bonora – per cui non basta più la mappa di resa della mietitrebbia a dare il supporto decisionale, bisogna partire dall’analisi del suolo e da lì scaturisce un processo decisionale assieme all’agronomo che oggi ci consente di effettuare semina e concimazione a rateo variabile».
«Oggi, se sei legato a una filiera, devi fare un prodotto di qualità e tracciabile e applicando queste tecniche è tutto più facile, perché inserisci i dati e in cinque minuti per esempio fai il quaderno di campagna di 500 ettari – ha aggiunto Petrini –. Nelle Marche, poi, abbiamo parecchie zone vulnerabili da nitrati e quindi dobbiamo dosare esattamente i concimi e questo è possibile solo con gli spandiconcime a rateo variabile previa mappatura».
«Oggi le attrezzature che acquistiamo sono tutte Isobus compatibili – ha spiegato Turco – e ci organizzeremo anche per la mappatura satellitare. Siamo anche noi inseriti in una filiera sul grano e sul pomodoro, perchè grazie a una nostra piccola azienda di trasformazione facciamo un prodotto di alta qualità. Dobbiamo fare sì che il nostro prodotto Made in Italy venga tutelato a 360 gradi».
«Il rapporto con gli agromeccanici per noi è un’opportunità – ha concluso Donato Cillis, dell’Area Ricerca e Sviluppo di IBF Servizi – in quanto oggi si parla di agricoltura 4.0 e si associa la figura dell’agromeccanico al detentore di un parco macchine che va a coprire un’esigenza. I numeri dell’agricoltura di precisione cresceranno in maniera esponenziale, perché si aumentano le capacità operative di lavoro e si garantisce una buona qualità del lavoro, ma soprattutto per me agronomo è importante perché raccolgo dati. Inoltre, è determinante la figura di aggregatore del contoterzista, nel senso che diversi agromeccanici servono superfici significative e questo è un elemento strategico non solo per la massa critica che si può raggiungere, ma anche in termini di standardizzazione dei processi».
Il quadro della nuova Pac
In un periodo come quello attuale, non si poteva non parlare di nuova Pac, approvata proprio pochi giorni prima del Contoterzista Day, e a farlo sono stati due ospiti ormai ben noti alla platea degli agromeccanici. «Entro il 31 dicembre 2021 – ha spiegato Angelo Frascarelli, presidente Ismea – Bruxelles ha richiesto a ogni paese il piano strategico della Pac (PSP, vedi articolo a pag. 12) che verrà negoziato tra gennaio e giugno 2022 con la Commissione europea. Anche se dobbiamo aspettare il 30 giugno 2022, oggi conosciamo quasi tutto di questa nuova Pac che parte dal 1° gennaio 2023. Innanzitutto, per l’Italia nel periodo 2023/2027 ci sono a disposizione 7,1 miliardi di euro l’anno, quindi nelle tasche degli agricoltori la Pac porta circa l’11% in meno di risorse. Nel 2022, invece, ci saranno molti più soldi degli anni precedenti, per cui occorre fare molta attenzione ai Psr perché usciranno diversi bandi.
Continueranno a esserci i contributi a ettaro, con l’obiettivo di arrivare a un graduale livellamento in modo che entro il 2028 sicuramente tutti gli agricoltori abbiano lo stesso contributo a ettaro. Si sta discutendo proprio in queste settimane se rimarranno i titoli oppure no e all’interno c’è una novità che si chiama ecoschema, ovvero un pagamento finalizzato a obiettivi ambientali. Tutto questo ci dice che sarà una Pac che va verso una transizione ecologica, ma questo ormai lo sapevamo. Ci sarà circa un 15% di sostegno accoppiato per quelle produzioni che vengono considerate strategiche per il nostro paese, per cui diciamo che manteniamo un buon livello di sostegno con più impegni ambientali. Sul piano della convergenza interna, infine, avrà una Pac più alta chi si avvicina alla media (in Italia circa il 22% degli agricoltori si trova sopra la media)».
Green deal, farm to fork, Pac: ma quali sono gli strumenti agronomici tecnologici che abbiamo a disposizione? «L’agricoltura non è per tutti – ha risposto Michele Pisante, dell’Università di Teramo – la nuova Pac rappresenta una svolta epocale e la ricerca scientifica ha già le risposte pronte, ma le innovazioni seppur disponibili non vengono implementate, perché non richieste. La ricerca scientifica, quindi, questi aspetti li ha individuati, altrimenti la commissione europea non avrebbe potuto prestabilire degli indicatori di risultato: ecco, per la prima volta si introduce l’indicatore di risultato, cioè quale deve essere il punto di caduta a distanza di un periodo programmatorio. È evidente che oggi è possibile implementare l’innovazione distinguendo le figure professionali e il ruolo dei dati servirà alla ricerca scientifica per avere informazioni e ridurre gli errori nelle applicazioni. A questo proposito penso che la svolta sarà questo breve periodo programmatorio di 5 anni, che potrebbe essere una “palestra”: speriamo di riuscire a finalizzare affinché l’agricoltura italiana diventi la Ferrari e con il suo made in Italy possa rispettare gli obiettivi ambientali, contribuire al cambiamento climatico e valorizzare la qualità intrinseca del prodotto. Su questo c’è bisogno di un’alleanza nella quale gli agromeccanici rappresentano il ruolo professionale più avanzato della capacità di aggregazione anche dei nostri sistemi fondiari».
Ma quali consigli si possono dare agli agromeccanici per evolvere e riuscire a essere più riconosciuti e valorizzati?
«È molto semplice – ha precisato Frascarelli – basta essere utili, perché chi è utile è riconosciuto. Oggi il contoterzismo in Italia sta crescendo perché c’è una domanda di mercato e molti imprenditori hanno capito che piuttosto che dotarsi di macchine aziendali spesso è più utile utilizzare i contoterzisti. C’è un’utilità privata, è inevitabile, e l’ho capito quando qualche anno fa un grande imprenditore con 550 ettari di terra ha venduto tutte le macchine per stipulare una collaborazione con un contoterzista su tutte le operazioni, dimostrandomi dati alla mano che il suo conto economico era migliorato. C’è poi anche un’utilità pubblica, perché producono innovazione per il paese, innovazione che è un bene pubblico. Io consiglio loro di inserirsi nei progetti d’innovazione che sono finanziati dai nuovi Psr e di stare dentro le filiere, perché le filiere oggi in molti casi vengono sostenute».
«Questi beni pubblici – ha aggiunto Pisante – sono anche codificati e si chiamano servizi ecosistemici e la Commissione europea già nel 2013 li aveva identificati. Quali sono? Il primo è la riduzione dell’erosione del suolo, ovvero il primo fattore di degradazione della fertilità agronomica e quindi di calo di produttività, che è sempre stata compensata dall’aumento dei fertilizzanti chimici di sintesi. Il secondo è la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio in atmosfera ovvero la capacità di alcuni sistemi colturali gestiti secondo determinati principi e metodologie, che già gli agromeccanici applicano, di fissare carbone atmosferico nei suoli. Il terzo è l’aumento della biodiversità. Per il mercato dei certificati di credito di carbonio c’è già una direttiva internazionale per cui la Commissione europea aveva indicato a dicembre 2021 l’emanazione di un sistema di certificazione riconosciuto, rispetto ai crediti volontari, e quindi nella nuova politica agricola comunitaria con le tecnologie di precisione, oltre alla valorizzazione delle filiere, c’è la grande opportunità di contabilizzare e riconoscere agli agricoltori anche la terza dimensione, che è proprio quella del contributo al cambiamento climatico. L’agricoltura non ha un grande peso rispetto alle emissioni gas climalteranti, siamo nell’ordine del 7% (5,6% la zootecnia e 1,5% l’agricoltura), però mentre tutti gli altri settori (trasporti e industria in primis) possono al massimo ridurre, l’agricoltura può andare in attivo, cioè può catturare e sequestrare carbonio atmosferico. E il valore più importante di tutto questo è anche il poter avvalersi di una etichetta particolare, perché abbiamo dei consumatori sempre più attenti a queste dinamiche».
Transizione veloce
E come possiamo inserire la figura dell’agromeccanico dentro il processo produttivo, nei contratti di filiera, in un progetto di economia circolare, nella gestione del rischio dell’azienda agricola?
«Siamo nel mezzo di una transizione veloce e questo è positivo, perchè stiamo veramente migliorando la nostra vita, ma ogni volta ci sono delle sfide nuove – ha ripreso Frascarelli –. Da questo punto di vista i contoterzisti producono delle utilità private e se le devono far pagare dal mercato. Ma questo ruolo nei prossimi anni è destinato anche a mutare, cioè quella del consumatore è sempre una richiesta di servizi crescenti, perché oggi c’è bisogno di conoscere tutte le informazioni sul terreno, perché un domani l’agricoltore verrà pagato per quanta anidride carbonica cattura nel terreno ecc. e per fare questo c’è bisogno di dati, di informazione. Anche questa Pac ci dice che l’agricoltore deve raggiungere degli obiettivi ambientali, ma il problema è: come lo controlli? Tutte le informazioni devono essere documentate e certificate, perché qualcuno dovrà chieder conto a chi produce quel bene che sono vere. Come si fa tutto questo? Con informazioni che sono gestite in un certo modo e da questo punto di vista, dove l’agricoltore non arriva, ci può arrivare tranquillamente il contoterzista. Quindi, investire sui dati non è un’ideologia, non è una moda, è invece una direzione che stiamo prendendo per cui o l’agricoltore è capace da solo di fare questo percorso oppure utilizza una società di servizi come l’agromeccanico, che sempre di più diventa uno che non ha solo un attrezzo fatto di acciaio, perchè oltre all’acciaio ci aggiunge il software».
«Siamo tutti d’accordo che dobbiamo fare bene e farlo in fretta – ha concluso Pisante – e dobbiamo evitare di fare le cose che non ci appartengono, quindi i contoterzisti devono fare meglio quello che già fanno. E chiaramente affiancarsi a chi può fare altre cose, anche perché parliamo di tecnologie che diventano immediatamente obsolete e quindi richiedono una parte di formazione a cui il contoterzista non può sottrarre del tempo. Oggi qui noi siamo un esempio emblematico, con i contoterzisti che, insieme alle società che elaborano le mappe e i supporti decisionali, in una interoperabilità dei dati diventano due pilastri fondamentali che affiancano l’impresa agricola. Stiamo andando verso una maggiore “servitizzazione” dell’agricoltura, che è un’evoluzione dei servizi e integra dati e operazioni colturali accurate nel rispetto delle normative che saranno più stringenti. Tutto questo l’impresa agricola nell’attuale configurazione non potrà farlo».
Tre tipi di attività agromeccanica
«Il contoterzista è colui che sviluppa l’attività agromeccanica – ha ripreso Gianni Dalla Bernardina – e io credo che in Italia dobbiamo fare un ragionamento: l’attività agromeccanica è diventata un patrimonio dell’agricoltura di questa nazione o no? In questi ultimi 100 o 80 anni si è sviluppata perché l’ha chiesta il mondo agricolo, non perché è stata imposta, e viene svolta in tre sistemi: come attività connessa delle aziende agricole, come attività principale all’interno di un’azienda agricola e come pura. In ogni caso si tratta di un valore aggiunto e allora questa categoria che oggi svolge l’attività agromeccanica riesce a dare certe risposte solo se inserita in un contesto organico che riguarda l’agricoltura italiana.
Altro passaggio: quanta innovazione tecnologica e quanti giovani possiamo portare nell’attività agromeccanica se non li inseriamo in un contesto organico? Sono molto franco: chi fa attività connessa con la scusa dell’attività principale può comprarsi le macchine agricole e fare anche attività connessa, chi fa l’imprenditore agromeccanico all’interno dell’azienda agricola e ha superato il 51% chissà per quale magia è stato spostato nel mondo artigiano (tra l’altro con una regola tutta italiana che dice che nelle attività artigiane non è compresa l’attività agricola). In Italia stiamo scaricando innovazione tecnologica, finanziamenti e quant’altro, ma non riusciremo a scaricarli a terra se non ci sediamo attorno a un tavolo e definiamo come deve essere svolta l’attività agromeccanica. E io credo che debba essere per forza inserita all’interno di un’attività agricola. A noi resta un fattore esterno, che io come presidente difendo, di quelli che hanno l’attività pura: anche se il mondo agricolo fa fatica solo a pensare di equiparare l’attività pura all’attività agricola, però potrebbe esserci un ragionamento di pari dignità, di modo che chi ha un’attività pura possa entrare in qualche maniera nell’attività agricola. Noi sappiamo che è importante equiparare all’interno del mondo agricolo almeno le attività connesse e artigiane, c’è un progetto di legge che l’onorevole Gallinella aveva portato avanti, ma in quel momento deve esserci un tavolo dove rientri anche l’altra attività pura. Occorre fare una squadra unica, altrimenti nascono continui giochi di parrocchie. Ho visto che la nuova Pac ha tolto il vincolo riservato all’attività agricola, ma se l’attività agricola diventa un patrimonio anche di organizzazioni importanti, Coldiretti per prima, mettiamoci a un tavolo e ragioniamo: va bene il riconoscimento, se dovesse arrivare, dell’attività agromeccanica parificata in quelle due sfaccettature (connesse e artigiane), e nello stesso momento guardiamo come integrare l’attività pura.
Poi abbiamo un altro ruolo importante, nel senso che anche noi dobbiamo parlare di agricoltura ed entrare in campo su temi importanti. All’organizzazione più importante dico: prendiamoci ancora più a cuore, sapendo che io da presidente ho a cuore soprattutto due figure. E stiamo attenti a non nasconderci nel fatto di non avere responsabilità o aspettare che qualcun altro faccia quello che possiamo fare noi».
Il dialogo con Coldiretti
«Sul tema della nuova Pac noi abbiamo proposto al Ministero tre ecoschemi, ha dichiarato Ettore Prandini, presidente Coldiretti, intervenuto in streaming –: agricoltura di precisione, agricoltura “leggera” e utilizzo dei dati. Come organizzazione, insieme a un gruppo di soggetti molto più ampio, tra cui Cai, stiamo già immaginando un processo di lettura del dato rispetto a quello che viene fatto in campagna: il trasferimento nella filiera di trasformazione per arrivare alla commercializzazione. È chiaro che noi dobbiamo continuare ad accompagnare la possibilità di investimento delle imprese agricole e degli agromeccanici, perché la spinta innovativa che ci sarà nei prossimi anni avrà un’accelerazione tale che le singole aziende agricole non riusciranno a seguire, se non con il coinvolgimento proprio degli agromeccanici che hanno la possibilità di ammortizzare il costo degli investimenti anche sui macchinari in tempi più brevi.
Contestualmente abbiamo tutte le misure di carattere agroambientale, come il citato assorbimento del carbonio, e i 500 milioni di euro che siamo riusciti a fare stanziare nel Pnrr per quanto riguarda la meccanizzazione. Potranno servire soprattutto per quelle aziende che vogliono fare una “forma di rottamazione” ad esempio sulla gestione dei reflui zootecnici o del digestato, con un’innovazione per quanto riguarda la fissazione a terra o l’interramento. Oltre a questo, abbiamo sfide a livello europeo per quanto riguarda la diminuzione dei prodotti fitosanitari, e allora l’unico modo per contenere il costo da un lato e diminuire la quantità di prodotto usata dall’altro lato, non può che essere il ricorso alla robotica, ai droni e ai satelliti, per arrivare a un’agricoltura sempre più di precisione che ci permetta di intervenire solo dove c’è bisogno. Lo dovremo fare immediatamente? Assolutamente no. Abbiamo bisogno di un periodo di transizione che, per quanto veloce sia, oggi deve mettere nella condizione di poter accompagnare le nostre imprese.
È fuori dubbio che mai come in questo momento noi avremo la necessità di dialogare insieme, di costruire dei percorsi insieme. Non è più una questione agromeccanici da una parte e mondo agricola dall’altra, si tratta di creare una vera sinergia per guardare alle sfide che ci devono appartenere in termini di risposte che dovremo dare alla collettività e al contesto europeo.
Sul tema della Pac crediamo che la convergenza vada fatta più tardi possibile, quindi non prima del 2026; certo, ci saranno percentuali che verranno gradualmente inserite, ma la parte più significativa va spostata non prima dell’ultimo anno. Dobbiamo poi creare le condizioni per le quali i titoli di minor valore vengano innalzati e non si vada a svilire quello che è un ruolo importante delle filiere che ci hanno contraddistinto.
Per quanto riguarda il secondo pilastro, sono convinto che gli agromeccanici debbano e possano partecipare a tutte le misure dei Psr, perché se è una sfida, deve vederci partecipi su tutto il territorio nazionale e non possiamo fare differenze tra una regione e l’altra. Anche sotto questo punto di vista ci potranno essere linee guida chiare da parte del Ministero, ma posso garantire che l’impegno di Coldiretti sarà di sostegno assoluto e pieno.
Infine, sulla questione della definizione dell’attività agromeccanica, il lavoro che stiamo facendo con Cai porterà a ottenere il risultato per quanto riguarda non solo la sinergia, ma anche il giusto riconoscimento del lavoro degli agromeccanici. Purtroppo, nell’ultimo emendamento che era stato presentato nella scorsa Finanziaria, abbiamo avuto una serie di osservazioni e anche un po’ di confusione generata da alcuni rappresentanti di carattere politico, ma ci auguriamo che con il prossimo provvedimento gli ostacoli vengano definitivamente superati e si arrivi finalmente al risultato sul quale ormai da un anno e mezzo stiamo lavorando insieme».
Per il bene di tutta la categoria
«Non stiamo facendo un gioco delle parti precostituito – ha concluso Dalla Bernardina – ma stiamo ragionando con i dati oggettivi che sono sul tavolo, sapendo benissimo dove vorrebbe arrivare uno e dove vorrebbe arrivare l’altro. Le nostre organizzazioni vengono da esperienze diverse, ma l’unica ad aprire la porta e a ragionare su questo tema è stata Coldiretti. E che lo abbia fatto l’organizzazione nazionale più importante non può che renderci contenti. Io sto lavorando per un risultato che porti beneficio a tutta la categoria, non sto lavorando per me, perché chi deve vincere è l’attività agromeccanica e chi la svolge costantemente.
In questa partita vi invito a non dividervi, a non rovinare una strategia che a livello agricolo italiano è giocata da altre organizzazioni, così come vi dico di non ascoltare le schegge impazzite di qualcuno che se n’è andato. Vi dico anche che ai tavoli di confronto capita di trovarsi anche chi pensa che l’attività agromeccanica sia un danno per l’agricoltura italiana. A Roma abbiamo in ballo l’equiparazione dell’attività agromeccanica e l’albo degli agromeccanici: possono essere due percorsi che, messi insieme per la prima volta, danno un quadro ben preciso dell’attività svolta. In questo senso, allora, a Coldiretti chiedo anche uno sforzo di fare pressione sulla politica per accelerare i tempi».
Incentivi per tutti
In attesa di vedere le porte aperte anche nei Psr, Alessandra Caputo, dello Studio Associato Tosoni s.s., ha presentato quali incentivi sono oggi disponibili per le imprese agromeccaniche che volessero effettuare degli investimenti in macchine nuove.
«Gli incentivi nazionali a disposizione sono principalmente quattro: il primo è il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), un progetto di rilancio dell’economia italiana che è stato previsto per far fronte alla forte crisi economica conseguenza della pandemia. Per il settore dell’agricoltura è stato previsto un finanziamento di ammontare pari a circa 6,8 miliardi di euro, di cui circa 500 milioni destinati alla meccanizzazione. I progetti che il Pnrr intende sostenere sono quelli relativi all’ammodernamento dei macchinari agricoli, alle nuove tecnologie di agricoltura 4.0, nonché all’ammodernamento del parco automezzi al fine di ridurre le emissioni. Il piano propone che questi 500 milioni vengano utilizzati mediante due misure ben note alle imprese italiane, ovvero il bando Isi Inail e la nuova Sabatini. Dovremo quindi attendere nel corso dei prossimi mesi la pubblicazione dei vari decreti attuativi per capire effettivamente queste risorse come saranno stanziate.
Il secondo incentivo è la Nuova Sabatini, agevolazione che nasce con il DL 69 del 2013 e ha lo scopo di sostenere le piccole e le medie imprese per l’acquisto di macchinari e mezzi attraverso due diverse misure: la concessione di finanziamenti agevolati e un contributo sugli interessi, con un tasso differente a seconda del tipo di investimento (se ordinario o non ordinario). Per accedere alla nuova Sabatini è necessario presentare una domanda a mezzo Pec e poi seguire tutto l’iter attenendosi alle istruzioni dell’istituto di credito presso il quale si decide di chiedere il finanziamento. Di fatto per l’anno 2021 sono state stanziate delle risorse anche di ammontare elevato (375 milioni di euro), che però si è esaurito nel giro di pochissimo tempo. Ma il legislatore ha deciso di rifinanziare questo fondo per ben due volte (con altri 300 milioni di euro e poi altri 425 milioni di euro). Il disegno di legge di bilancio per il 2022 prevede già un nuovo stanziamento di risorse (240 milioni), ma in realtà è già stato previsto anche il finanziamento dello stesso fondo anche per il 2023, mentre dovrebbero essere previsti 120 milioni per ciascuna delle annualità 2024/2025/2026 e 60 milioni di euro per il 2027. Da segnalare anche un recentissimo parere del Mise che ha precisato che il limite massimo di quattro milioni di euro per la Sabatini non deve intendersi per singolo finanziamento, ma complessivo, quindi significa che un’impresa che negli anni precedenti dovesse aver già fruito di finanziamenti per ammontare superiore, o meglio fino, a quattro milioni di euro, anche laddove siano già stati restituiti, non potrà avere accesso a ulteriori finanziamenti.
Il terzo incentivo è il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno (bonus Sud): è un credito d’imposta che nasce con la legge 208 del 2015 e consiste nell’erogazione di un credito d’imposta, quindi di un ammontare che può essere utilizzato per ridurre le imposte da versare, che ha una percentuale variabile a seconda della regione in cui si intende destinare l’acquisto, a seconda anche delle dimensioni dell’impresa. È una misura che interessa una platea più ristretta di soggetti perché per poter essere agevolato deve di un acquisto incluso all’interno di un investimento iniziale. Che cos’è l’investimento iniziale lo spiega l’Agenzia delle Entrate in una circolare del 2016, per cui occorre dimostrare che quell’investimento è indispensabile per avviare un nuovo stabilimento produttivo oppure per evitare la chiusura di uno stabilimento produttivo. Trattandosi di un bonus Sud è rivolto alle regioni del Sud Italia (Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna). La misura oscilla dal 25 al 45% e anche in questo caso è interessante ricordare che la legge di bilancio prossima prevede la proroga di questa agevolazione anche nel 2022 (oltre all’estensione del campo di applicazione in alcune zone del Molise e dell’Abruzzo). Per poterne usufruire è necessario presentare una domanda per via telematica all’Agenzia delle Entrate e attendere che questa di fatto autorizzi l’utilizzo del credito laddove sia verificato il rispetto di tutti i requisiti.
Infine, il quarto incentivo è il credito d’imposta 4.0, o per essere più precisi, credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi: è una misura che il legislatore ha introdotto già dal 2020 e consente di avere un credito d’imposta a fronte di investimenti in beni strumentali nuovi (sono quindi esclusi eventuali beni già usati) e che rientrino in una di queste tre categorie: beni materiali 4.0 (che sono dei beni ad elevato contenuto tecnologico), beni immateriali 4.0 (sono sostanzialmente i software necessari per far funzionare i beni materiali 4.0) e i cosiddetti beni strumentali generici (quindi tutti quei beni che non hanno un elevato contenuto tecnologico oppure che, pur avendo un elevato contenuto tecnologico, non hanno le precise caratteristiche previste dalla legge 178 2020). La prima fascia temporale ha riguardato gli investimenti effettuati o prenotati fino al 31/12 nel 2021 che danno diritto a un credito d’imposta del 50% (fino a un 10% per i beni generici). La seconda fascia temporale è invece quella che è iniziata dal 1° gennaio 2022 e si concluderà il 31/12 del 2022, e la misura sarà leggermente più bassa (40% anziché 50%). Anche in questo caso il disegno di legge di bilancio ha previsto delle novità perché questa misura verrà prorogata addirittura fino al 2025 con una progressiva diminuzione però della misura del credito.
Da segnalare, infine, la cumulabilità, ovvero a oggi abbiamo potuto accumulare il credito 4.0 con i bonus Sud, la nuova Sabatini e il bando inail, tuttavia questo scenario è destinato probabilmente a cambiare perché dobbiamo capire come il credito d’imposta 4.0 potrà eventualmente cumularsi con i fondi del Pnrr».
Nuovo sondaggio sull’agricoltura di precisione
In occasione del CT Day n.10 sono stati resi noti i risultati di un sondaggio condotto presso un centinaio di imprese agromeccaniche sulla diffusione dell’agricoltura di precisione. Il 43% delle aziende che hanno risposto lavora per conto terzi su superfici superiori ai 500 ettari, mentre il 41% opera su superfici comprese tra 350 e 500 ettari. Praticamente tutti hanno affermato che l’agricoltura di precisione è utile, il 77% ha riferito di aver introdotto metodi di agricoltura di precisione nella propria azienda (nel sondaggio del 2019 questa percentuale era del 63%) e il 75% pensa comunque di farlo in futuro. L’ambito in cui viene applicata è rappresentato per lo più da semina (77%), preparazione del terreno (70%) e concimazione (68%), e a seguire difesa (56%) e raccolta (69%). Le macchine su cui viene applicata sono soprattutto le trattrici (92%), seguite da attrezzature trainate (70%) e altre macchine semoventi (58%).
Come colture, tutte le aziende applicano l’agricoltura di precisione sui seminativi, mentre il 23% la applica anche sulle orticole e il 21% sulle foraggere. Il dato più interessante è il livello di applicazione del precision farming: il 50% delle aziende lo usa a livelli basici (ovvero guida assistita e mappatura dei terreni), il 60% arriva a un livello medio (guida assistita, controllo sovrapposizioni e mappe di resa) e solo il 23% si spinge fino ai livelli più elevati (quindi parliamo di mappe di prescrizione e rateo variabile per semina, concimazione e difesa).
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