Ridurre le emissioni in zootecnia è fondamentale sia per la sostenibilità ambientale, sia per migliorare la reputazione di cui il settore gode presso l’opinione pubblica, oggi poco propensa a finanziare sistemi produttivi considerati dannosi per l’ambiente.
Per questo motivo studi come quello guidato dal Crpa di Reggio Emilia sono estremamente interessanti, in quanto permettono di comprendere fino a che punto è possibile, con un po’ di attenzione e l’utilizzo di pratiche corrette, contenere la dispersione in atmosfera di gas serra quali ammoniaca, protossido di azoto e metano.
Come si può leggere nel testo sotto riportato, la digestione anaerobica non soltanto migliora le proprietà fertilizzanti dei reflui aziendali, ma riduce anche di quasi il 70% le emissioni di metano. Un ulteriore controllo dei gas serra può inoltre essere ottenuto utilizzando un corretto sistema di spandimento del digestato.
Gestione ottimale del digestato
Valutare le condizioni per una gestione ottimale del digestato, minimizzando le emissioni di ammoniaca e gas serra sia in fase di stoccaggio sia di distribuzione: sono, in sintesi, gli obiettivi di una ricerca portata avanti dal Crpa di Reggio Emilia nell’ambito del Goi, i Gruppi Operativi per l’Innovazione. Lo studio mirava in primo luogo a testare quali pratiche di stoccaggio potessero ridurre la dispersione di gas serra e secondariamente quali attrezzature potessero evitare che parte dell’ammoniaca contenuta nel digestato finisca nell’atmosfera durante la distribuzione in campo.
Per quest’ultima fase è stato utilizzato, tra gli altri, un attrezzo di Vogelsang, ditta specializzata nella realizzazione di pompe volumetriche, dosatori di precisione e, appunto, attrezzature per la distribuzione degli effluenti. Si tratta, nello specifico, di una barra di distribuzione BackPac da 18 metri di larghezza, in attività presso l’allevamento della famiglia Pedrotti, uno dei due siti scelti per la sperimentazione del Crpa.
Ridurre le emissioni è possibile
La ricerca ha dimostrato che grazie alla digestione anaerobica, le emissioni di metano in fase di stoccaggio calano anche del 68%; a fronte, tuttavia, di un incremento di quelle di protossido d’azoto e soprattutto ammoniaca, il cui tenore negli effluenti aumenta considerevolmente con il passaggio nel biodigestore. Per evitare questo effetto indesiderato sono stati valutati diversi sistemi, tra cui l’acidificazione dei reflui, risultata la contromisura più efficace, e la copertura delle vasche con argilla espansa.
Per ridurre la dispersione di ammoniaca e protossido d’azoto durante la distribuzione in campo, invece, si sono messi a confronto il tradizionale piattello deviatore, che non a caso ha registrato i valori peggiori, e due dispositivi per la distribuzione localizzata: una testata a dischi e la barra con calate BackPac di Vogelsang utilizzata con il sistema ombelicale. La quale ha permesso di ridurre le emissioni tra il 26 e il 32% rispetto allo spandimento con piatto deviatore e botte per liquami, dimostrando dunque che un sistema di questo tipo è in grado non soltanto di contenere l’emissione di gas serra, ma anche di preservare il potere fertilizzante del digestato, dal momento che la frazione di azoto ammoniacale che andrebbe dispersa è tra le componenti di più semplice assimilazione da parte delle colture.
Ammortizzata in due anni
Lasciamo però a Denis Pedrotti, uno dei titolari dell’azienda omonima, una valutazione di massima sul funzionamento della BackPac: «Siamo estremamente soddisfatti dei risultati raggiunti. Per quanto riguarda le emissioni, al di là dei calcoli fatti dal Crpa posso dire che durante il lavoro con la barra non si avverte alcun cattivo odore e questo chiaramente indica che non vi sono emissioni in atmosfera, come invece avviene quando si spandono liquami in pressione tramite il carro-botte. L’uso di una barra di questo tipo, inoltre, è molto più rispettoso delle piante, che non sono sporcate dal digestato, e permette di operare anche su colture già emerse. Noi, per esempio, la usiamo comunemente sui medicai dal terzo anno in poi, sui prati stabili e nei campi di grano, dove abbiamo lavorato fino ai primi giorni di aprile senza alcuna difficoltà.
Dal punto di vista economico – conclude Pedrotti – l’impiego di una barra abbinata a sistema ombelicale, come nel nostro caso, porta da una parte a valorizzare il digestato, risparmiando sull’impiego di concimi minerali, e dall’altra riduce i costi di distribuzione eliminando l’uso delle botti, che richiedono molto gasolio e si usurano rapidamente. La BackPac, viceversa, si traina con un trattore da 120 cavalli e ha un fabbisogno di gasolio irrisorio. Stando a i nostri calcoli, una realtà come la nostra, con oltre duemila capi in stalla, dovrebbe ammortizzarla nel giro di due o al massimo tre anni. Si tratta quindi di un investimento che si ripaga in tempi molto rapidi e inizia subito a dare benefici all’azienda».
Ampia scelta
BackPac è la barra a calate Vogelsang per sistemi ombelicali. Accanto a essa esistono tuttavia diversi altri modelli, adatti a ogni esigenza.
Per esempio, sono disponibili le barre con assocaltori BlackBird, oppure le nuove UniSpread, sistemi universali con telai a larghezza ridotta particolarmente adatti alle condizioni di lavoro italiane.