Mietitrebbie, costi in aumento fra aiuti diretti e sgravi

La mietitrebbiatura è un’attività che sottopone a una severa selezione le aziende che la esercitano e che va gestita su solide basi finanziarie

All’approssimarsi della scadenza delle principali agevolazioni che hanno dominato, e che ci accompagneranno ancora fino alla fine del decennio iniziato nel 2017, è normale iniziare a porsi qualche domanda riguardo al futuro.

Perché proprio il 2017? Perché proprio allora è partito il programma di innovazione, prima nell’industria e poi negli altri settori produttivi, attuato sulla base di agevolazioni fiscali per gli acquisti di macchine e attrezzature dotate di particolari requisiti tecnici. Dagli ammortamenti maggiorati ai crediti d’imposta, gli agromeccanici prima, poi gli agricoltori, hanno investito decine di miliardi di euro, introducendo nel settore agricolo un forte contenuto innovativo come mai era accaduto prima. Non sono mancate le critiche sul fatto che, non solo il mercato delle macchine agricole, ma anche quello dei servizi di meccanizzazione, siano stati in qualche modo influenzati, se non addirittura “drogati”, da questa continua e imponente iniezione di denaro pubblico. Un insieme di aiuti che a breve andrà a esaurirsi: la legge Finanziaria ha stabilito che il credito d’imposta “4.0” si esaurirà non appena le risorse prenotate dovessero arrivare a 2,2 miliardi, un traguardo che anticiperà di molti mesi la scadenza del 31 dicembre 2025.

L’evoluzione in senso energetico del “4.0”, che si era posto l’ambizioso obiettivo di proseguirne l’azione (con il 5.0) con percentuali di intervento ancora maggiori (dal 35 al 45%), complice anche una formula eccessivamente complessa, non sembra destinata ad altrettanta fortuna. Viene a questo punto da chiedersi se, una volta chiusi i rubinetti, l’agricoltura italiana sarà ancora nelle condizioni di potersi rinnovare o se nelle nostre campagne si realizzeranno condizioni simili a quelle vissuto dal popolo cubano nel mezzo secolo di forzato isolamento dai mercati e dal mondo. Se le vecchie Cadillac e i pick up “anni Cinquanta” possono avere un effetto come richiamo turistico, non è possibile mantenere la competitività dell’agricoltura impiegando mezzi antiquati, per l’impossibilità di sostituirli con quelli nuovi.

Il ritocco, spesso significativo, ai listini dei prezzi delle macchine nuove, applicato dai costruttori dopo la crisi degli approvvigionamenti, seguita alla pandemia e alla guerra in Ucraina, ha stabilito un confine preciso fra il “prima” e il “dopo”. L’incremento, che talvolta ha sfiorato il 30-40%, non ha manifestato tutti i suoi effetti solo grazie a sgravi e incentivi: ma se il canale degli aiuti dovesse improvvisamente seccarsi, bisogna ridisegnare nuovi equilibri, posto che non sembra possibile tornare indietro sui prezzi delle macchine. Prezzi che seguono l’evoluzione costruttiva di macchine realizzate per il mercato globale: nel 90% delle superfici investite a colture da granella o campi estesi per centinaia o migliaia di ettari, sarà sempre più difficile trovare una mietitrebbia adatta a superfici piccole e frammentate.

Dai tempi della “rivoluzione verde” ci sono stati ripetuti interventi di accorpamento, ma la ristretta maglia poderale non ha consentito ulteriori ampliamenti: per quanto sia possibile investire più fondi adiacenti con la stessa coltura, i vincoli fondiari rimangono, specie per gli affittuari. Bisogna considerare che gran parte delle grandi aziende si è formata grazie all’affitto, che interessa ormai metà dalla Sau nazionale; aggiungiamo poi che molti fossati, siepi, ciglioni, muretti a secco ecc. sono stati creati artificialmente per delimitare le proprietà e non possono essere rimossi.

L’analisi dei costi

Come specificato in varie occasioni, una mietitrebbia costruita per operare su grandi estensioni (500 cavalli e 10 metri di larghezza di lavoro) può raccogliere più di 100 ettari al giorno, se lavora dove c’è spazio sufficiente. Potendo raccogliere 6-7 ettari all’ora, anche se il suo costo orario fosse di 500 euro, quello per ettaro sarebbe più che competitivo: ma se per manovre, giri a vuoto o vincoli dovuti alla viabilità, a fine giornata gli ettari fossero solo 50, il costo unitario potrebbe scendere sotto la soglia di redditività. Sono considerazioni che tutti possono fare, che tendono però a passare in secondo piano quando c’è qualche sostegno finanziario: in questi casi è facile lasciarsi tentare – magari del venditore – a tenere in considerazione il valore di acquisto al netto di aiuti e sostegni. In realtà il costo realmente sostenuto potrebbe essere maggiore di quanto promesso, così come la disponibilità finanziaria potrebbe non essere immediata: a tal fine sono stati analizzati i costi di una mietitrebbia in presenza di diverse condizioni di acquisto.

Per una stessa macchina sono stati considerati, come di consueto, due diversi livelli di utilizzazione annua: uno da considerarsi come minimo, in condizioni di scarsa concorrenza e di prezzi sostenuti, l’altro è il livello di impiego ottimale, che consente di fare utili con i normali i prezzi di mercato. Per entrambi i valori sono state considerate riduzioni del 40%, del 20% e del 10%, per simulare un contributo come il 5.0 o quelli di altri incentivi, un contributo come l’attuale (ancora per poco) 4.0 e infine il caso in cui la mietitrebbia venisse acquistata senza alcun aiuto.

L’analisi riportata nella Tab. 1 parte dal presupposto che il costo di esercizio della macchina debba tenere conto di tutti gli oneri, a partire dal capitale investito. La parità delle altre condizioni determina infatti una sostanziale costanza dei costi dovuti all’uso (manodopera, gasolio, lubrificanti e manutenzioni): il valore finale della macchina non cambia se questa è stata comperata con risorse proprie o ricorrendo ad aiuti o incentivi. La differenza dell’effettivo prezzo di acquisto si traduce quindi in un differenziale netto, il cui maggiore o minor carico pesa solo sull’impresa che investe.

La tabella mostra che il costo orario finale è profondamente influenzato dal prezzo pagato: in altre occasioni era stata esaminata – a parità di altre condizioni – l’incidenza della somma investita per allestimenti (completi o di base) oppure per accessori qualificanti, come la guida assistita. Questa volta però l’incidenza di incentivi, contributi, premi o sgravi fiscali è assai superiore e le differenze non si limitano a una manciata di monetine: su 250 ore all’anno, i costi fissi scendono di quasi 37 €/ora, con il 20% di contributi, e di altrettanto con un sostegno del 40%. Applicando prezzi (a ora, a misura o a quantità) tali da garantire il superamento dei costi orari indicati nell’ultima riga della tabella, la gestione economica e finanziaria rimane in equilibrio.

Per quanto riguarda la manodopera è stato considerato un rendimento dell’85%, nel senso che per ogni 8 ore retribuite ci devono essere almeno 6 ore e 48 minuti fatturabili al cliente: un risultato non facile da raggiungere, specie se ci sono frequenti o lunghi trasferimenti. La mietitrebbia si distingue fra le macchine da raccolta per il fabbisogno di manodopera, a partire dalla scorta tecnica negli spostamenti su strada, per l’attacco e lo stacco della barra falciante, per le regolazioni e la messa in campo, che fanno schizzare verso l’alto il costo effettivo.

Ci si chiederà per quale motivo siano stati indicati in tabella i costi orari legati all’ammortamento del capitale (oltre a quello complessivo) in assenza di contributi, sgravi o altre agevolazioni. Le motivazioni sono molteplici: gli aiuti compensano impegni che non sempre possono essere rispettati, senza contare che ad alcuni bandi si concorre con la formula del “click day”, ad altri previa valutazione dell’ente, e non c’è quindi nessuna garanzia di successo. In qualche caso – come nei bandi per lo sviluppo rurale, riservati agli agricoltori – prima si investe e poi si impara se il progetto va a contributo oppure no: di qui l’opportunità di valutare i costi anche quando manca l’intervento dello Stato o dell’ente pubblico.

Il credito 4.0 è destinato a esaurirsi molto prima della fine del 2025

Equilibrio finanziario

Abbiamo visto che l’equilibrio finanziario si realizza gestendo i costi in modo da compensare la perdita di valore dell’investimento, che corrisponde alla somma delle quote di ammortamento accantonate negli anni. Così facendo, la macchina che ha usufruito di un contributo in conto capitale viene correttamente ammortizzata, ma non è detto che la somma accantonata sia sufficiente all’acquisto di quella che ne prenderà il posto quando sarà venuto il momento di sostituirla.

In realtà il completo reintegro del capitale deriva da un calcolo un po’ più articolato, che rappresenta la sommatoria di diverse voci:

- contributo pubblico ricevuto (in denaro o sotto forma di credito d’imposta);

- accantonamento delle quote di ammortamento;

- interessi sul capitale investito, a compensazione dell’inflazione;

- valore di rivendita del bene usato.

Se si sono fatti bene i conti (in particolare per gli interessi), l’ammontare complessivo dovrebbe essere sufficiente a riacquistare la macchina, volendo anche in contanti: una situazione piuttosto rara, perché le somme incassate e accantonate finiscono per essere destinate ad altri scopi. Uno di questi, almeno per quanto riguarda gli agromeccanici, è la svalutazione del denaro dovuta al ritardo nel pagamento delle fatture da parte dei clienti: una mietitrebbia che lavora per 250 ore, al prezzo indicato in tabella (ultima colonna), deve fatturare almeno 75.000 euro all’anno. I costi si cominciano a sostenere dall’inizio dell’anno, per completarsi con l’esecuzione del lavoro, con un’anticipazione finanziaria di diversi mesi, a cui si deve aggiungere il ritardo nel pagamento della fattura. Nella media, il tempo di rientro del denaro è assai lungo (da 6 a 12 mesi), con un costo complessivo per interessi e oneri bancari che può superare i 6-7 mila euro, a seconda del tasso applicato dalla banca per il fido o il “salvo buon fine”. Alcune migliaia di euro possono sembrare poche, ma l’incidenza, calcolata sulla vita media di una mietitrebbia, raggiunge cifre di tutto rispetto.

In definitiva, la mietitrebbiatura rappresenta un’attività che sottopone a una severa selezione le aziende che la esercitano e che oltre a richiedere competenze e professionalità specifiche (per esempio nell’organizzazione del lavoro) deve essere gestita su solide basi finanziarie. Con investimenti da mezzo milione in su, il rischio di sbagliare i conti, sempre presente in qualsiasi attività economica, può trasformarsi in un elemento critico, capace di rovinare una vita di lavoro.

Mietitrebbie, costi in aumento fra aiuti diretti e sgravi - Ultima modifica: 2025-01-20T13:09:36+01:00 da Roberta Ponci