Tecniche conservative occhio alla sostenibilità

Anno dopo anno, la quota di seminativi il cui letto di semina viene preparato con la tecnica convenzionale è in calo, mentre aumenta l’area gestita con minima lavorazione o semina su sodo
È stato valutato l’impatto ambientale di diverse soluzioni di coltivazione del mais e del riso. Con risultati non scontati

Anche nel nostro paese è sempre maggiore l’interesse verso le tecniche di lavorazione del terreno alternative a quella convenzionale che prevede l’aratura e, quindi, l’inversione dei primi strati del terreno. L’adozione di tecniche a basso input è favorita da vari fattori, quali la diminuzione dei costi di produzione, lo sviluppo di strategie di mitigazione dell’impatto ambientale e l’adeguamento delle tecniche colturali alle nuove condizioni pedoclimatiche e tecnologiche. Pertanto, anno dopo anno, la quota di seminativi il cui letto di semina viene preparato con la tecnica convenzionale è in calo, mentre aumenta la superticie gestita con minima lavorazione o semina su sodo. Si tratta di un fenomeno la cui diffusione è molto variabile a seconda dei contesti locali, ma che è in crescita costante e non può essere trascurato.

La lavorazione “convenzionale” del terreno prevede l’inversione dei primi 20-35 cm di suolo e il successivo affinamento, richiedendo grandi input in termini energetici

La lavorazione “convenzionale” del terreno prevede l’inversione dei primi 20-35 cm di suolo e il successivo affinamento, richiedendo grandi input in termini energetici. Al contrario, le tecniche alternative, limitando sia il numero di lavorazioni sia la loro intensità, sono caratterizzate da minori input e presentano alcuni vantaggi peculiari. La riduzione del numero di operazioni, abbinata a una minor profondità di lavorazione, si traduce in minori richieste di energia e in una conseguente riduzione dei consumi di gasolio. Inoltre, ad essa è spesso associato anche un minor compattamento del suolo, con conseguenze benefiche sulle produzioni e sulla fertilità. Oltre a ciò, la mancata inversione degli strati riduce la mineralizzazione della sostanza organica e, almeno per i primi anni, determina un aumento del suo contenuto nel terreno. Infine, è ridotta anche l’erosione del suolo, poiché non è mai completamente nudo.

Vantaggi e svantaggi

Tuttavia, l’adozione di tecniche alternative può determinare alcune problematiche che devono essere attentamente valutate. In generale, il principale problema riguarda eventuali riduzioni della resa a causa di semine non tempestive (es. suolo troppo umido), emergenza subottimale della coltura e/o competizione con le infestanti. In particolare, il controllo delle infestanti, soprattutto per alcune colture come il riso, può essere difficoltoso, data la specializzazione delle infestanti e/o la riduzione dei principi attivi disponibili per il controllo. Sebbene studi recenti abbiano evidenziato come quello delle infestanti sia un problema solo nei primi anni di adozione delle tecniche alternative, questo aspetto è ancora quello che più preoccupa gli operatori. Gli indirizzi della politica agricola che prevedono riduzioni fino al 50% degli agrofarmaci non fanno che aumentare le preoccupazioni.

Nel riso il confronto tra lavorazione convenzionale e minima evidenzia come, date le rese produttive simili, gli impatti ambientali siano sostanzialmente uguali

Nel complesso, quindi, le lavorazioni alternative a quella convenzionale presentano vantaggi, ma anche svantaggi. Pertanto, è lecito chiedersi se, da un punto di vista sia economico sia ambientale, i primi siano superiori ai secondi. Da un lato, la riduzione dei consumi e delle operazioni comporta sicuramente una riduzione dell’impatto ambientale per unità di superficie, ma dall’altro la possibile riduzione della resa potrebbe annullare il vantaggio e compromettere il risultato, determinando un impatto ambientale per unità di prodotto superiore.

Metodo LCA

In questo contributo vengono presentati due esempi relativi alla valutazione delle performance ambientali di due seminativi contraddistinti da diverse modalità di lavorazione del terreno e semina. La valutazione dell’impatto ambientale è stata condotta utilizzando il metodo di analisi del ciclo di vita (in inglese Life Cycle Assessment - LCA), che è il metodo di riferimento a livello internazionale per le valutazioni di sostenibilità ambientale. L’approccio LCA è codificato da specifiche norme ISO (ISO 14040 e ISO 14044) e consente di convertire la quantità di fattori produttivi consumati e le emissioni nell’ambiente in un numero limitato di indicatori di impatto ambientale come, ad esempio, l’impronta di carbonio, l’acidificazione del terreno, l’eutrofizzazione delle acque. Sebbene sviluppato originariamente per processi industriali, il LCA è sempre più utilizzato anche per la valutazione della sostenibilità delle produzioni agroalimentari. Il grosso pregio di questo approccio di valutazione è quello di considerare una molteplicità di impatti ambientali, evitando quindi che l’ottimizzazione di uno di questi comporti un aumento degli altri impatti.

Nel mais, a seconda dell’impatto ambientale considerato, le differenze tra le agrotecniche variano

Analisi della sostenibilità

Sono stati analizzati due casi relativi alla coltivazione di cereali. Il primo fa riferimento alla coltivazione di mais da granella (classe Fao 700) secondo la tecnica colturale tradizionalmente applicata in areali irrigui della pianura Padana su suoli di medio impasto, mentre il secondo riguarda la coltivazione di riso in Lomellina secondo la tecnica colturale tipica dell’areale. In entrambi i casi sono state considerate diverse modalità di lavorazione del terreno e di semina. Nel dettaglio, in tab. 1 sono riportate le principali informazioni a riguardo; fatta eccezione per lavorazione del terreno e semina, la tecnica colturale era la stessa. Le informazioni necessarie per la valutazione sono state ricavate da analisi della letteratura e/o da ricerche precedentemente condotte. Per il mais, sono state utilizzate e rielaborate informazioni raccolte presso l’azienda sperimentale della Facoltà di Scienze Agrarie e Alimentari dell’Università degli Studi di Milano, mentre per quanto concerne il riso si è fatto riferimento ai risultati del progetto Ristec finanziato da Regione Lombardia e sviluppato dalle Università di Milano e Torino e dall’Ente Nazionale Risi.

Per il mais, poiché le prove prevedevano solo la coltivazione secondo la tecnica convenzionale, non sono disponibili le rese per la minima lavorazione e la semina su sodo e, piuttosto che ricorrere a valori bibliografici, si è scelto di esprimere i risultati per unità di superficie (1 ettaro), evidenziando però la riduzione della resa che annullerebbe i vantaggi derivanti dall’adozione delle tecniche alternative. Per il riso, invece, essendo stati pubblicati anche i valori riguardo alle rese, è stato possibile calcolare sia l’impatto per ettaro di superficie sia quello per unità di prodotto ovvero per unità di risone all’umidità commerciale. Nel dettaglio, le prove di campo previste dal progetto per la varietà Sole CL hanno evidenziato una resa pari a 9,57, 9,40 e 8,18 t/ha rispettivamente per la lavorazione convenzionale, per la minima lavorazione e per la semina su sodo.

In fig. 1 e tab. 2 sono riportati i risultati per il mais. La coltivazione che prevede la lavorazione convenzionale del terreno è stata presa come riferimento e posta uguale al 100%, mentre l’impatto delle altre due agrotecniche è stato proporzionalmente scalato. È possibile osservare che, esprimendo i risultati per unità di superficie, per tutti gli impatti ambientali valutati la lavorazione convenzionale è quella che presenta l’impatto ambientale più alto, mentre la semina su sodo quello più basso. La riduzione dell’impatto è legata alla riduzione dei consumi di gasolio conseguiti grazie alla sostituzione dell’aratura convenzionale con la minima lavorazione e la semina su sodo. A seconda dell’impatto ambientale considerato, le differenze tra le agrotecniche variano. Per impatti come l’eutrofizzazione e l’acidificazione i risultati sono simili, per cui basterebbe una riduzione della resa di pochi punti percentuali per rendere le tecniche alternative più impattanti di quella convenzionale. Viceversa, la formazione di smog e l'assottigliamento dello strato di ozono nella minima lavorazione e nella semina su sodo restano meno impattanti anche nel caso di riduzioni della resa del 6-10%; oltre questa soglia di calo produttivo la soluzione più sostenibile torna a essere la lavorazione convenzionale.

Venendo al riso, la fig. 2 mostra il confronto tra le tre diverse soluzioni di coltivazione, considerando però le diverse rese in risone. Appare evidente come la riduzione della resa registrata nel caso della semina su sodo comporti un peggioramento dell’impatto ambientale per cinque dei sei effetti ambientali valutati. Eccetto che per la formazione di smog, per tutti gli altri effetti valutati la riduzione delle rese non solo annulla i benefici ambientali derivanti dalla riduzione delle operazioni di lavorazione del terreno e semina, ma comporta un incremento dell’impatto per unità di prodotto. La formazione di smog, effetto ambientale per il quale impattano molto le emissioni di gas di scarico legate alla combustione del gasolio, è il solo fattore ambientale per cui, nonostante la riduzione della resa, la semina su sodo presenta il minore impatto.

Il confronto tra lavorazione convenzionale e minima evidenzia come, date le rese produttive simili, gli impatti ambientali siano sostanzialmente uguali, anche se la minima lavorazione consente di ridurre l’impatto per unità di risone prodotta per quanto riguarda la formazione di smog e l’assottigliamento dello strato di ozono.

Conclusioni: ruolo agromeccanici determinante

Le tecniche alternative di lavorazione del terreno e semina presentano indubbi vantaggi e, in prospettiva, anche interessanti opportunità per il settore agricolo e, in particolare, per il contoterzismo. Soprattutto per la semina su sodo, la necessità di operatrici specifiche e l’esigenza di operare con tempismo rende il ruolo degli operatori agromeccanici sempre più importante. Da un punto di vista ambientale i risultati però non devono essere dati per scontati, perché anche modesti cali della resa possono vanificarne i benefici e comportare un aumento dell’impatto ambientale per unità di prodotto.

Tecniche conservative occhio alla sostenibilità - Ultima modifica: 2021-06-14T12:35:31+02:00 da Roberta Ponci

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