Dopo una stagione molto buona nel 2019, anche il 2020 si è confermato un anno positivo per la soia. Stando ai dati delle prove di confronto varietale a livello nazionale coordinate dall’Ersa del Friuli Venezia Giulia, infatti, lo scorso anno la resa media è stata di 48,6 q/ha, leggermente superiore a quella del 2019 (47 q/ha). «Come tutte le colture primaverili-estive – spiega Marco Signor dell’Ersa Fvg, coordinatore delle prove – anche la soia ha beneficiato dell’andamento meteo, che dal punto di vista delle precipitazioni è risultato abbastanza costante, fatta eccezione per la prima decade di giugno, molto piovosa, e l’inizio di settembre, siccitoso e con temperature sopra la media. In entrambi i casi, comunque, le piante non ne hanno risentito. Alla fine di settembre sono poi tornate le piogge, anche abbondanti, ma la soia era già al suo stadio finale, anche perché le semine si sono svolte nel periodo classico, intorno alla metà maggio (mentre nel 2019 si era seminato anche a giugno). La raccolta, infine, si è conclusa entro la metà di ottobre, mentre nel 2019 si era arrivati a fine ottobre».
Cimice e ragnetto rosso nessun problema
Le buone notizie sul fronte meteorologico hanno poi trovato conforto anche per quanto riguarda la questione fitofagi, in particolare per la cimice asiatica. «Lo avevamo anticipato lo scorso anno e lo confermiamo quest’anno – continua Signor – abbiamo visto cioè che stanno lavorando i parassitoidi, non tanto quelli che sono stati appositamente lanciati (Trissolcus japonicus, meglio noto come vespa samurai) quanto quelli naturali come il Trissolcus mitsukurii, per cui era possibile vedere a occhio nudo le uova parassitizzate. I classici sintomi delle bordature verdi sono praticamente scomparsi e anche se la cimice asiatica è ancora presente, non fa più danni. Adesso bisogna sperare nel raggiungimento di un certo equilibrio tra le cimici e i loro parassitoidi».
Anche un altro nemico tradizionale, il ragnetto rosso, è stato svantaggiato dal clima fresco di inizio giugno, «periodo in cui di solito approfitta della pianta ancora piccola – spiega Signor – ma le basse temperature ne hanno frenato lo sviluppo e una volta che sono risalite, la pianta era già più robusta, per cui anche da parte del ragnetto rosso non si sono registrati danni».
Cicli tardivi ancora una volta in cima alla classifica
Per quanto riguarda le varietà, anche in questo caso si conferma un dato dello scorso anno, ovvero i cicli tardivi (1 e 1+) sono risultati ancora una volta i migliori, mentre gli 0+ e 1- sono in fondo alla classifica. «I cosiddetti cicli pieni sono i più produttivi – conferma Signor – è un dato di fatto e nella top ten c’è l’imbarazzo della scelta. È chiaro che chi semina in secondo raccolto deve far ricorso a dei cicli precoci, per cui occorre fare molta attenzione all’epoca di maturazione nella scelta della varietà più adatta (vedi tab. 1)».
Le prove nazionali nel 2020 si sono svolte in sette località (tre in Friuli Venezia Giulia, tre in Veneto e una a Voghera), con dati equilibrati e interessanti per caratteristiche di precocità tra i cicli tardivi (vedi Avril e SY Victorius), stabilità (Adonai) e novità (Nirvana). Da segnalare anche la varietà Hiroko, che si conferma ormai il materiale di punta di Sipcam e va a sostituire la storica Dekabig («un segnale che il lavoro di miglioramento genetico sta dando i suoi frutti», rimarca Signor).
Chiudiamo con il contenuto proteico, carattere da tempo ricercato e che ha portato alla collocazione di alcuni materiali sul mercato, ma che fanno fatica a decollare, perché l’incremento del contenuto proteico finisce con ridurre la resa. «La questione proteine a tutt’oggi ha un senso solo se legata a un progetto di filiera – conclude Signor –. E questo ha ancora più significato se si guarda ai prezzi della soia, già soddisfacenti prima di Natale (intorno ai 43 euro/q) e ora (20 gennaio, ndr) stanno schizzando in alto (fino a 50 euro/q alla borsa di Bologna), cosa che potrebbe fare ipotizzare un aumento degli ettari destinati alla soia nel 2021».