Diserbo soia, ad alto rischio la strategia solo post

Le differenti specie di Amaranthus sono diventate il problema principale in tutte le aree vocate alla coltivazione della soia
I trattamenti post-emergenza devono completare quelli fatti in pre per contrastare le crescenti segnalazioni di amarantacee parzialmente sensibili o addirittura resistenti

La gestione complessiva dei più diversificati inerbimenti della soia tradizionalmente è stata demandata ad esclusivi interventi di post-emergenza in grado, nelle generalità delle situazioni, di risolvere pressoché tutte le problematiche. Questa tendenza è rimasta inalterata fino a pochi anni fa, con tuttavia un repentino cambio di strategia in seguito alla diffusione delle altamente invasive e concorrenziali popolazioni di Amaranthus non più sensibili anche ai più efficaci e collaudati erbicidi di post-emergenza, quali imazamox e tifensulfuron-metile, entrambi caratterizzati dallo stesso meccanismo d’azione (ALS o acetolattato sintetasi).

Per limitare le infestazioni di Amaranthus resistente sono indispensabili interventi molto anticipati

Al momento attuale adottare una strategia di controllo delle infestanti con unici trattamenti di post-emergenza è diventato un comportamento molto rischioso, in quanto in tutti negli areali più vocati alla coltivazione della soia, quali Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Lombardia ed Emilia-Romagna, sempre più numerose risultano le segnalazioni di amarantacee diventate parzialmente sensibili o addirittura resistenti. Per questo motivo gli interventi con la coltura già emersa devono obbligatoriamente assumere il ruolo di integrazione o completamento dell’azione di precedenti trattamenti preventivi con erbicidi ad azione residuale, con ovviamente una oculata definizione delle linee più efficaci contro queste pericolosissime infestanti. Al momento attuale è bene ricordare che l’efficacia su amarantacee più completa è esercitata dai numerosi formulati a base di metribuzin e con azione collaterale fornita anche da s-metolaclor. L’attività degli interventi di pre-emergenza tuttavia è fortemente condizionata dalle condizioni pluviometriche nei giorni immediatamente successivi all’applicazione, con la necessità di sufficiente piovosità per esplicare i risultati più completi. Nella maggior parte delle situazioni, però, è alquanto difficile giungere alle operazioni di trebbiatura senza più la necessità di ulteriori interventi di post-emergenza allo scopo di per eliminare sia specie graminacee sia malerbe a foglia larga.

Le problematiche di infestazione

Negli areali più vocati di coltivazione della soia le semine sono effettuate mediamente in epoca medio-tardiva, partendo prevalentemente nell’ultima metà del mese di aprile per concludersi alla fine della prima decade di maggio, considerando inoltre le ulteriori superfici destinate ai secondi raccolti dopo la trebbiatura dei cereali a paglia o di altre colture a ciclo precoce. Considerando le variabili epoche di semina, diversificate saranno anche le infestazioni su cui focalizzare l’attenzione. Nelle semine più anticipate si potrebbero riscontrare le specie poligonacee ad emergenza più tardiva, quali Polygonum persicaria e lapathifolium e a volte le ultime germinazioni delle specie crucifere (Sinapis, Rapistrum). In ogni modo, le maggiori problematiche sono generalmente determinate dalle infestanti termofile, quali amarantacee, solanacee, chenopodiacee, Portulaca e da pressoché tutte le infestanti ruderali e di sostituzione, tra cui Abutilon theophrasti, Bidens spp., Acalypha, Xanthium spp., Galinsoga, Ammi majus ecc. Tra le generalizzate infestazioni di specie graminacee saranno da considerare sia quelle a ciclo annuale (Echinochloa crus-galli, Setaria spp., Digitaria sanguinalis) sia quelle perennanti (Sorghum halepense da rizoma). Alquanto difficoltoso, con risultati quasi sempre parziali e temporanei, risulta il controllo delle malerbe a ciclo perenne, quali Convolvulus arvensis, Calystegia sepium, Cirsium arvense ed anche Cyperus spp., mentre non ci sono soluzioni in caso di presenza di Equisetum.

Amarantacee infestanti target

Se fino a pochi anni fa l’infestante “spauracchio” della soia era il Chenopodium album, di difficile controllo anche con le più consolidate ed energiche linee di intervento di post-emergenza, attualmente l’attenzione si deve obbligatoriamente concentrare sulle differenti specie di Amaranthus di difficile controllo. Oltre alle due specie che già infestavano la soia, quali il più conosciuto Amaranthus retroflexus e anche Amaranthus hybridus, forti preoccupazioni stanno determinando le popolazioni di Amaranthus tuberculatus o rudis, con inoltre le prime segnalazioni in Veneto anche di piante di Amaranthus palmeri.

Imazamox, tifensulfuron-metile e bentazone sono ancora indispensabili per il controllo delle infestazioni di Chenopodium e Polygonum persicaria e lapathifolium (nella foto)

È bene ricordare che le piante di Amaranthus tuberculatus e Amaranthus palmeri sono caratterizzate da un portamento nettamente differente a quelle del comune Amaranthus retroflexus, presentando variabilissime colorazioni e forme delle infiorescenze anche nello stesso appezzamento e raggiungendo dimensione eccezionali, con altezza a volte vicina ai 3 metri. La veloce diffusione di queste malerbe è stata ed è determinata tuttora da svariati motivi, iniziando dalla eccezionale produzione di semi da parte di ogni singola pianta lasciata sviluppare, dal loro trasporto attraverso le acque di irrigazione ed anche dallo spostamento delle mietitrebbie, di difficile se non impossibile pulizia a seguito delle piccolissime dimensioni deli organo riproduttivi. La gestione delle popolazioni delle differenti specie di Amaranthus resistenti diventa alquanto complicata e da gestire con grande attenzione valutando con grande puntualità la migliore epoca di trattamento. I prodotti da utilizzare possono variare anche in relazione alla specie effettivamente presente, sempre però con l’obbligo di applicazioni precocissime. Relativamente inferiori sono le problematiche che si incontrano con infestazioni di Amaranthus retroflexus, sensibile sia a bifenox che a bentazone.

Meno semplice, invece, risulta il controllo di Amaranthus tuberculatus, maggiormente sensibile a bifenox. Nelle situazioni di presenza conclamata di popolazioni di amarantacee resistenti, se si opta per sole applicazioni di post-emergenza, come ad esempio nei terreni con alto contenuto di sostanza organica, diventano necessari almeno due interventi diserbanti, il primo dei quali indirizzato obbligatoriamente al controllo delle plantule di amarantacee e con necessità di un probabile secondo intervento per completare l’efficacia sulle infestanti a emergenze successive. In questa seconda epoca, quando vi sia la necessità di eliminare anche le infestanti graminacee, in linea teorica possono essere utilizzati contemporaneamente anche preparati ad azione specifica, con il consiglio tuttavia di utilizzare dosaggi sostenuti e con la probabilità di assistere ad un incremento delle manifestazioni fitotossiche. Per massimizzare l’efficacia e rispettare al massimo la coltura sarebbe più opportuno procedere ad ulteriore intervento specifico, seguito da una sarchiatura o fresatura degli spezi interfilari. Nelle aziende in cui la situazione si sta facendo preoccupante può risultare conveniente procedere anche a una monda manuale delle piante di Amaranthus eventualmente sopravvissute, allo scopo di limitare al minimo il potenziale di disseminazione.

La maggior parte delle linee di intervento in post-emergenza della soia determinano più o meno evidenti manifestazioni fitotossiche

Cinque principi attivi per le dicotiledoni

Ribadendo ancora una volta che per evitare indesiderabili soprese la strategia di gestione delle infestanti della soia deve essere considerata come un’integrazione fra interventi di pre-emergenza e post-emergenza, con la coltura già emersa nella lotta contro le infestanti a foglia larga sono regolarmente autorizzati cinque principi attivi. Imazamox, appartenente alla famiglia delle triazolo pirimidine, dalla prossima campagna sarà disponibile, oltre che nella conosciuta formulazione contenente 40 g/l di principio attivo (Tuareg, Pulsar 40 SL), anche negli innovativi preparati contenenti 25 g/l (Tuareg New) e 80 g/l (Davai). Entrambi i nuovi formulati non presentano più il periodo di carenza fra il trattamento e la raccolta, ma solo l’indicazione dello stadio ottimale di sviluppo della coltura e delle infestanti. Imazamox molto raramente viene utilizzato da solo, ma generalmente in miscela con la solfonilurea tifensulfuron-metile (Harmony 50 SX), sfruttando l’azione sinergica che si esplica tra le due molecole, potendo esercitare un ampio spettro d’azione nei confronti di amarantacee, purché non resistenti, poligonacee, solanacee, crucifere, composite e ombrellifere, nonché importanti specie ruderali di sostituzione, tra cui Abutilon, Ammi majus ed altre ancora.

Nonostante le limitazioni dei dosaggi, è stato rivalutato l’impiego del bentazone (Basagran SG, Blast SG.), frequentemente addizionato alla miscela di imazamox + tifensulfuron-metile sia nei casi di presumibili presenze di popolazioni di Amaranthus retroflexus resistenti agli erbicidi ALS, sia per rafforzare l’attività su alcune infestanti molto sensibili al prodotto di contatto, quali Polygonum persicaria e lapathifolium, Chenopodium, Portulaca, Abutilon e con a volte un buon controllo anche delle sempre più diffuse presenze di Cyperus. Bentazone è disponibile anche in miscela già formulata con imazamox (Corum) che, in caso di inerbimenti complessi ed in stadi di sviluppo relativamente avanzati, può essere rafforzato con dosi ridotte di tifensulfuron-metile. In caso di terreni fortemente infestati da Abutilon theophrasti, specie malvacea caratterizzata da emergenze generalmente scalari, si può sfruttare la persistenza d’azione del clomazone (Sirtaki), regolarmente autorizzato in post-emergenza della soia, evitando l’impiego quando lo stesso principio attivo è stato già utilizzato in pre-emergenza. Ultimo arrivato, dopo un paio di anni di usi temporanei, è il bifenox (Valley), specifico per il controllo delle popolazioni di amarantacee resistenti al meccanismo d‘azione ALS, ma con ottima efficacia anche nei confronti di altre importanti infestanti dicotiledoni, quali ad esempio Abutilon theophrasti e Portulaca oleracea. Nonostante l’elevata attività su tutte le specie amarantacee, bifenox esplica risultati ottimali solo con trattamenti molto anticipati, evitando il più possibile che le malerbe superino lo stadio di 2 foglie vere.

Relativamente agevolo risulta il controllo delle infestanti graminacee, con l’avvertenza di utilizzare le dosi maggiori di etichetta in caso di presenza di Sorghum halepense da rizoma

Graminicidi meglio da soli

Per chi opta per l’eliminazione delle infestanti graminacee con esclusivi interventi di post-emergenza, ricordando anche in questo caso che sono in pericoloso aumento i casi di parziale efficacia anche dei più utilizzati preparati ad azione specifica, la disponibilità di formulati regolarmente autorizzati è relativamente ampia, ma purtroppo con il coinvolgimento di un unico meccanismo d’azione. I cosiddetti graminicidi “fop” (propaquizafop quizalofop-etile isomero D+, quizalofop-p-etile e fluazifop-p-butile) generalmente risultano efficaci su Echinochloa crus-galli, Setaria spp. ed anche Sorghum halepense da seme e da rizoma, mentre i “dim” (ciclossidim e cletodim), oltre a esercitare un ottimo controllo delle specie prima elencate, garantiscono i risultati più completi nei confronti di Digitaria sanguinalis.

Per quanto concerne l’epoca più indicata per l’esecuzione degli interventi specifici, oltre a considerare i variabili intervalli di sicurezza, i migliori risultati si ottengono svincolandoli dai trattamenti contro le specie a foglia larga, allo scopo sia di limitare i possibili incrementi dei sintomi di fitotossicità sia per evitare indesiderabili decrementi di efficacia, soprattutto quando i formulati specifici sono utilizzati alle dosi minime indicate nelle differenti etichette.

La maggior parte delle specie dicotiledoni perennanti non sono gestibili in post-emergenza della soia, come ad esempio Cirsium arvense

Selettività non sempre perfetta

La maggior parte delle linee di intervento in post-emergenza della soia determinano la comparsa di più o meno evidenti e persistenti manifestazioni fitotossiche, anche in considerazione dei presumibili elevati livelli termici diurni tipici dell’epoca di esecuzione delle applicazioni. Tutti i sintomi fitotossici, quali ritardi di sviluppo, clorosi e ustioni fogliari, solitamente vengono riassorbiti nel giro di un paio di settimane, con maggiore rapidità in caso di favorevole piovosità dopo i trattamenti, e possono risultare più accentuati con ulteriore addizione di preparati ad azione specifica contro le infestanti graminacee. A questo proposito occorre una maggiore livello di sopportazione di questi effetti visivi, che raramente determinano perdite produttive, ricordando anche le evidentissime ustioni fogliari a cui si era abituati determinate nei primi anni di coltivazione della soia con l’impiego degli aggressivi formulati a base di acifluorfen e fomesafen attivati con olio minerale e solfato ammonico.

Diserbo soia, ad alto rischio la strategia solo post - Ultima modifica: 2020-05-10T07:07:45+02:00 da Roberta Ponci

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