Trasporti agricoli, il nodo dei pesi

Il Codice della strada prevede il caso di eccezionalità solo per la macchina agricola isolata, ma non per la combinazione di due veicoli, come il convoglio formato da trattrice e trainata
Non sembra possibile assoggettare dei veicoli, che secondo la legge non possono essere definiti come eccezionali, agli stessi obblighi di quelli che invece superano i limiti

Il Regolamento europeo n. 167 del 2013 (Mother Regulation) ha aperto la strada all’incremento dei pesi delle macchine agricole trainate, grazie a nuove regole costruttive in materia di impianti frenanti e di dispositivi di traino, che ha permesso di innalzare il peso massimo per asse da 6-7 a 10 tonnellate e quello dell’intero veicolo da 20 a 40 tonnellate.

La norma, obbligatoria solo per i trattori, è invece facoltativa per le macchine trainate: il costruttore del veicolo può decidere se omologarlo secondo il codice della strada, oppure secondo la Mother Regulation, che fissa limiti similari ai veicoli stradali e talvolta addirittura superiori. Per i trattori a ruote, nonché per i rimorchi e le macchine trainate che scaricano tutta la propria massa (agli effetti pratici, equivalente al peso) sulle ruote, i valori massimi sono di 10 t se a un asse, 18 t se a due assi, 24 t se a 3 assi e 32 t se a 4 o più assi. Se invece il veicolo trainato scarica una parte del proprio peso sugli organi di traino, tale quota (nel limite di 4 t) non rientra nel peso del veicolo, ma in quello del trattore: se questo ha una portata insufficiente, bisogna ridurre il carico fino a rientrare nella portata legale.

Questi veicoli trainati hanno anche un’altra particolarità, che è quella di poter raggiungere pesi ancor maggiori: se gli assi sono opportunamente distanziati (almeno 1,8 metri), il peso per asse può raggiungere il massimo di 10 t. Con 2 assi si può arrivare a 20 t, che salgono a 30 t per il 3 assi e a 40 t per il 4 assi; come detto, senza contare le ulteriori 4 t, che entrano nel peso del trattore.

Tali valori portano a pesi complessivi del convoglio ben superiori a quelli massimi fissati dal codice della strada (44 t), in base ai quali sono state progettate le strade e le opere d’arte, come ponti, viadotti e cavalcavia. Per esempio, una macchina trainata a timone rigido a 4 assi può arrivare a 40 t, che sommate alle 18 t del trattore – comprendenti le 4 t gravanti sul gancio – porta a ben 58 t: un valore paragonabile ai mezzi d’opera, soggetti però ad alcune limitazioni.

La Circolare del Mit

Come detto a suo tempo, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti aveva tentato di affrontare il problema, seppure con gli strumenti sbagliati: la circolare emanata il 13 agosto (poi sollecitamente sospesa) chiamava in causa l’art. 10 del Codice, che non si applica alle macchine agricole. La questione è tuttora aperta: l’ufficio tecnico di Cai ha collaborato attivamente con i costruttori alla redazione di un documento (di cui qualcuno si è ingiustamente preso il merito), nel quale si spiegano le difficoltà di applicazione di regole non pensate per le macchine agricole. Non sembra infatti possibile assoggettare dei veicoli, che secondo la legge non possono essere definiti come eccezionali (perché rispettano le norme costruttive europee), agli stessi obblighi di quelli che invece superano i limiti. Inoltre, il Codice della strada prevede il caso di eccezionalità solo per la macchina agricola isolata, ma non per la combinazione di due veicoli, come il convoglio formato da trattrice e trainata.

Per arrivare a definire il convoglio agricolo eccezionale, ci vuole una disposizione con valore di legge, non una circolare ministeriale che può soltanto fornire una interpretazione di una norma già esistente; interpretazione che il giudice, in caso di sinistro, può accettare o rifiutare.

L’esigenza di salvaguardare il patrimonio stradale può prevedere due obblighi: sicuramente, quello di richiesta di autorizzazione all’ente proprietario o gestore della strada, per verificare che sulla rete non vi siano punti o tratte con portata insufficiente; l’altro riguarda l’indennizzo per maggiore usura determinata dal peso eccezionale, un caso previsto dal codice solo per il singolo veicolo.

Limitatamente a questo caso, il regolamento di esecuzione del Codice della strada stabilisce che tale indennizzo è determinato a forfait, applicando la stessa tariffa prevista per i trasporti eccezionali.

I veicoli destinati a tale attività sono progettati e costruiti solo per circolare su strada, con una percorrenza media annua da veicolo industriale; per esempio, su 100.000 km (pochissimi, per un camion) un indennizzo di qualche migliaio di euro incide per pochi centesimi a chilometro.

Le macchine agricole non sono concepite per l’impiego stradale, ma per lavorare sui campi; circolano su strada occasionalmente, nell’esercizio di un’attività stagionale, soggetta a lunghi periodi di sospensione quando i campi sono impraticabili.

Gli eventuali indennizzi da pagare

Dal punto di vista tecnico, le macchine agricole sono dotate di pneumatici maggiorati rispetto al peso che devono sopportare, per non danneggiare il terreno e le colture, gonfiati a bassa pressione (max 3-4 bar); inoltre, non possono superare su strada la velocità di 40 km/h. Gli pneumatici sono progettati per dare la massima aderenza su fondi scivolosi, con un battistrada costruito con mescole molto tenere, la cui durata è assicurata solo dalla notevole altezza dei rilievi; su fondi duri, come la strada, si usurano quindi molto rapidamente. A fronte di tale comportamento, nelle fasi critiche di sterzatura e di frenata, le sollecitazioni tangenziali impresse al manto bituminoso sono molto limitate, in quanto è il battistrada a cedere: per questo, a parità di peso scaricato al suolo, l’usura è assai inferiore a quella di un autocarro. È stato stimato che la percorrenza media annua di una macchina agricola è di poche centinaia di chilometri; per le sole imprese agromeccaniche il fattore di scala aumenta di una decina di volte, ma anche nei casi limite (che come tali sono rarissimi) non si superano i 10.000 km. Considerando la tariffa in vigore, un convoglio agricolo con peso totale di 58 t potrebbe essere costretto a pagare più di 1 €/km, un valore esagerato: sulla distanza di 10 km, costerebbe come il trasporto di un vagone ferroviario da 80 t, che però pesa (tara compresa) più del doppio.

L’eventuale applicazione di tali indennizzi, a quasi tre anni dall’entrata in vigore della Mother Regulation e dalla conseguente commercializzazione dei veicoli più pesanti, crea figli e figliastri: chi ha acquistato in buona fede un veicolo che ora rischia di essere assoggettato a questo nuovo, pesante balzello, e chi ora sarà costretto a scegliere macchine di peso inferiore, senza ulteriori costi.

Comunque vada a finire la vicenda, sarà l’Italia intera a fare una pessima figura, perché qualunque obbligo aggiuntivo andrebbe a limitare la libera circolazione delle merci e dei veicoli, in contrasto con le norme europee sulla concorrenza.  Viene poi spontanea una ulteriore considerazione: il Regolamento comunitario è stato approvato nel 2013, oltre 4 anni prima della sua entrata in vigore (1° gennaio 2018): perché lo Stato – di cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è l’organo tecnico – affronta il problema solo ora? Se il problema non sussiste, e l’attuale iniziativa deriva dalla pressione degli enti proprietari, bene; ma se si tratta di una esigenza reale, sarebbe stato meglio evitare di creare ulteriori e gravi turbative nel mercato, intervenendo prima dell’entrata in vigore della Mother Regulation.

Trasporti agricoli, il nodo dei pesi - Ultima modifica: 2020-10-08T16:15:12+02:00 da Roberta Ponci

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