Grazie a una tempestiva proroga, sollecitata dal minacciato sciopero dei distributori stradali, l’obbligo della fattura elettronica per gli acquisti di carburanti è stato rinviato al prossimo anno.
Dal 2019 tutte le imprese potranno emettere fattura solo in modalità elettronica; restano esclusi solo i soggetti che godono di regimi fiscali particolari, come i contribuenti forfettari o le aziende agricole esonerate dalla tenuta delle scritture contabili. Riguardo agli acquisti di carburante, però, la proroga non riguarda proprio tutti, perché sia il governo sia l’Agenzia delle Entrate hanno pasticciato un po’: il primo con il decreto-legge n. 78 del 28 giugno, e la seconda con la circolare 13/E del 2 luglio. In pratica, restano esclusi dall’obbligo di fattura elettronica tutti gli acquisti di carburanti destinati ad alimentare veicoli e macchine semoventi, comprese quelle agricole. I carburanti acquistati per alimentare mezzi di trasporto che non circolano su strada, motori fissi o impianti termici sono invece obbligati alla fattura elettronica già da questo mese.
Il lettore avrà capito che si tratta dell’ennesima complicazione: perché non far partire l’operazione dal 2019, per tutte le imprese indistintamente? I distributori commerciali “all’ingrosso”, come quelli che vendono i carburanti agricoli, si troveranno a dover adottare 2 regimi diversi e a sopportare l’ennesima ingiustizia da parte di un governo nato proprio per combattere le disuguaglianze.
La proroga riguarda la sola emissione della fattura: affinché l’acquisto sia detraibile fiscalmente i relativi pagamenti dovranno essere fatti con strumenti tracciabili, come assegno, bonifico bancario, carte di credito o bancomat (non in contanti).
Dal 1° gennaio 2019, come detto, l’obbligo di emettere le fatture in formato elettronico riguarderà tutte le imprese e i professionisti soggetti a IVA; il documento elettronico è già obbligatorio da qualche anno per le prestazioni svolte in favore della pubblica amministrazione (Stato, Regioni, province, comuni, istituzioni pubbliche ecc.).
Ampiamente diffusa in altri Paesi europei
La fatturazione elettronica è già ampiamente diffusa in altri Paesi europei, perché consente allo Stato di verificare direttamente la sincerità fiscale dei contribuenti, perché non è possibile non dichiarare i corrispettivi derivanti da fatture emesse (per farsi pagare) e poi ignorate in sede di dichiarazione dei redditi.
In realtà, per arginare questo fenomeno, da qualche anno è operativo il cosiddetto “spesometro”, che obbliga tutte le imprese a spedire al fisco in modalità telematica gli estremi delle fatture emesse e ricevute, al fine di consentire i controlli incrociati.
In pratica, tutti coloro che hanno dichiarato di avere ricevuto una fattura da una certa ditta, aiutano il fisco a ricostruirne il fatturato complessivo e da verificare se è stato regolarmente dichiarato; lo stesso vale per le spese, ed è quindi possibile controllare se è stato sincero. È un metodo efficace solo se il sistema informatico del fisco funziona bene, collegando tutti i dati, di tutti i contribuenti; ma se siamo arrivati alla fattura elettronica è altamente probabile che qualcosa (lo spesometro o la macchina fiscale) non abbia funzionato a dovere.
Stendendo un velo pietoso su strumenti inefficaci, ma costati miliardi ai contribuenti, se fosse vera la seconda ipotesi gli evasori potranno dormire sonni tranquilli anche con la fattura elettronica. Questa è vista come uno strumento risolutivo, ma potrebbe rivelarsi illusorio, perché se due evasori si mettono d’accordo per non pagare le tasse, la transazione avviene sulla parola e in contanti.
Come accade per tutti gli illeciti, a pagare sono sempre gli onesti: la prima volta per i tanti vincoli a cui sono soggetti, e la seconda perché le imposte evase comportano un corrispondente aumento del carico fiscale.
Insieme alle altre Confederazioni, Cai si è attivata perché il nuovo sistema venga introdotto con gradualità, partendo dalle transazioni più rilevanti, similmente a quanto fu fatto a suo tempo per lo spesometro; non bisogna però illudersi perché la legge è già in vigore e non potrà essere stravolta.