Depositi gasolio, arriva la conferma delle Dogane

Le nuove disposizioni non si applicano ai carburanti denaturati e agevolati per uso agricolo, per conto proprio o per conto terzi

Fin dalla presentazione in anteprima del disegno di legge di bilancio per il 2020, a fine 2019, la Confederazione aveva sollevato i primi dubbi sul possibile inasprimento delle norme fiscali in materia di depositi di carburanti, in un momento in cui nessuno sembrava preoccuparsene.

A norma già pubblicata e confermata, Cai aveva verificato che la riduzione della capacità dei depositi e impianti di distribuzione dei carburanti avrebbe riguardato soltanto quelli che contengono prodotti non denaturati, senza quindi alcun impatto sul gasolio agevolato.

Con la circolare n. 47/D del 3 dicembre, l’Agenzia delle Dogane ha definitivamente fugato ogni dubbio, confermando ancora una volta che le nuove disposizioni non si applicano ai carburanti denaturati e agevolati per uso agricolo, per conto proprio o per conto terzi. Per questi impianti restano pertanto in vigore le norme già consolidate: fino a una capacità geometrica complessiva dei serbatoi di 25 metri cubi (corrispondenti a 22.500 litri di effettivo stoccaggio), non è necessaria né la licenza fiscale né la tenuta dei registri di carico e scarico.

L’esonero vale se il singolo contenitore, collegato al gruppo di erogazione, ha una capacità inferiore a 10 mc, limite sempre rispettato poiché i distributori in uso nel settore agricolo hanno serbatoi capaci di contenere al massimo 9.000 litri di gasolio.

Sempre in tema di capacità complessiva, è opportuno ricordare che il testo unico sulle accise (DLT n. 504/1995) si occupa soltanto dei combustibili soggetti a questo tipo di imposta; pertanto, già da diversi anni, la voce “prodotti petroliferi” è stata sostituita con quella di “prodotti energetici”. Si ha motivo di ritenere che nel computo della capacità complessiva – ai fini fiscali – non si debba più tenere conto di quei derivati del petrolio che non rientrano fra i prodotti energetici, come gli oli lubrificanti e idraulici.

In caso di più depositi

Può inoltre accadere che nel medesimo centro aziendale trovino posto più depositi (o impianti di distribuzione) contenenti sia gasolio denaturato sia gasolio “bianco” per rifornire gli autoveicoli o, eventualmente, anche mezzi agricoli una volta esaurita l’assegnazione del prodotto agevolato. Al riguardo si ha motivo di ritenere che non si debbano sommare le rispettive capacità, poiché si tratta di prodotti soggetti a diverso regime fiscale:

  • non soggetto a comunicazione (e quindi neppure ai registri) se denaturato;
  • soggetto a comunicazione alle Dogane e, di conseguenza, a registrazione, se non denaturato.

Il cumulo delle capacità dei diversi contenitori è infatti stato richiamato dalla circolare 47/D solo laddove si tratta dei depositi e degli impianti soggetti a comunicazione. Il testo conferma infatti che non si deve tenere alcun conto dei contenitori di prodotto denaturato per uso agricolo, di cui viene riconosciuta la piena tracciabilità, secondo il D.M. n. 454/2001.

Questi carburanti non possono essere acquistati liberamente, ma solo presso distributori autorizzati, in quantità assegnata dalla Regione a ciascuna azienda e possono essere usati solo per alimentare le macchine (o gli impianti termici) iscritti nel libretto di controllo aziendale. Gli impieghi sono soggetti a una verifica annuale che tiene conto dei consumi e delle rimanenze; inoltre, i carburanti sono “denaturati”, ossia addizionati con uno speciale additivo che li rende subito riconoscibili, anche in miscela (peraltro non consentita) agli analoghi prodotti per autotrazione. Come se non bastasse, le assegnazioni concesse dalle regioni o dagli enti delegati sono soggette a periodica denuncia all’Agenzia delle Dogane; il doppio controllo è giustificato dal notevole valore dello “sconto” fiscale, che vale ben 48 centesimi per litro (78% dell’accisa).


Nuova proroga per le autorizzazioni ai trasporti eccezionali

Una delle difficoltà di fare informazione è legata al tempo che intercorre fra quando si verifica il fatto e quando la notizia, opportunamente scritta ed elaborata, viene effettivamente letta. Per quanto la tecnologia abbia contribuito a ridurre considerevolmente la durata di questi processi, specialmente con la comunicazione digitale, esistono ancora casi in cui l’incalzare degli eventi supera l’umana capacità di reazione.

Uno di questi riguarda, una volta tanto, proprio lo Stato: in questa occasione la prodigiosa rapidità con cui il governo ha emanato decreti, dpcm, ordinanze e norme di vario genere e portata, ha messo in difficoltà le sue stesse diramazioni operative. Con la circolare n. 7431 del 14 ottobre 2020 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva chiarito che la proroga d’ufficio stabilita dall’art. 103 del decreto “Cura Italia” scadeva il 90° giorno successivo al 31 luglio, fissato come termine dello stato di emergenza. La proroga riguardava tutti i permessi e autorizzazioni, compresi quelli rilasciati ai veicoli e ai trasporti eccezionali: il Ministero, interpretando alla lettera il testo della legge, aveva posto come termine ultimo la data dello scorso 29 ottobre.

Nel frattempo, però, la fine dello stato di emergenza era stata nuovamente differita, creando gravi incertezze: benché la maggior parte degli enti gestori o proprietari stesse lavorando, pur fra mille difficoltà, molti operatori, in attesa di nuove proroghe, non avevano rinnovato i permessi. Solo durante il processo di conversione in legge (n. 159 del 27/11/2020) del Dl 125 del 7 ottobre era stato perciò inserito l’art. 3-bis, che chiariva che tutte le proroghe automatiche stabilite dall’art. 103 del “Cura Italia” duravano fino al 90° successivo alla scadenza dello stato di emergenza. Che non ne saremmo usciti così presto si sapeva già, e questi spostamenti in avanti di qualche mese dimostrano che il governo – pur sapendo come vanno in realtà le cose – ha volutamente contribuito ad aumentare lo stato di incertezza, che non aiuta certamente chi deve lavorare.

Chiusa la parentesi polemica, il Ministero ha quindi chiarito che i permessi di circolazione non rinnovati entro il termine del 29 ottobre sono tuttora validi, e lo saranno fino alla scadenza dei 90 giorni dalla fine (auspicabile) dello stato di emergenza sanitaria. La conferma postuma di qualcosa che avrebbe dovuto essere chiarito già da tempo ha creato non poco imbarazzo in coloro che, dal 29 ottobre al 11 dicembre (data della circolare ministeriale n. 9006) si erano già attivati per il rinnovo.

Non è mancato chi, piuttosto che rallegrarsi per il chiarimento, ancorché tardivo, ha gridato al complotto, sostenendo che la proroga dei permessi di circolazione comporta il congelamento dei relativi oneri, in primo luogo quelli per l’usura stradale.

Depositi gasolio, arriva la conferma delle Dogane - Ultima modifica: 2021-01-09T15:54:32+01:00 da Roberta Ponci

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