Il provvedimento attuativo del decreto sviluppo annunciato per il 28 febbraio non è ancora pronto.
L’annunciata revisione
delle macchine
agricole
può attendere. Con buona pace
di quei circa 1,5 milioni di
vecchi trattori in circolazione,
e dei loro conducenti, che
in compenso continueranno
ad avere problemi di sicurezza,
con maggiori costi e impatto
sull’ambiente. Il decreto
attuativo del decreto sviluppo
varato dal governo il 18
ottobre 2012, con il quale è
stata istituita la revisione obbligatoria
di trattori e altre
macchine agricole – a partire
dal primo gennaio 2014 – era
atteso per il 28 febbraio. Ma
per effetto delle elezioni politiche
e la conseguente attesa di
un nuovo esecutivo, l’uscita
del provvedimento è slittata.
La nuova legge prevede
che le procedure di revisione
riguardino le macchine provviste
di targa – quindi trattrici,
mietitrebbiatrici, trattrici
con pianale di carico e rimorchi
– immatricolate sia prima,
sia dopo il 2009. Ma tutte
le indicazioni operative,
quelle relative alle modalità
di svolgimento delle operazioni
di revisione, dai parametri
da verificare ai costi della revisione,
dai tempi di adeguamento
alle strutture abilitate,
devono essere definite, appunto,
da uno o più decreti attuativi
dei ministeri dei Trasporti
e delle Politiche agricole.
Il testo che ha convertito
in legge il decreto sviluppo –
legge n. 221 del 17 dicembre
2012 – prevede già che sia
data precedenza nelle operazioni
di revisione alle macchine
immatricolate prima del
primo gennaio 2009. E comunque
sarà un decreto attuativo
a indicare gli scaglioni
di macchine da sottoporre a
revisione.
Le procedure saranno in
ogni caso molto impegnative,
perché riguarderanno un parco
macchine enorme. Considerando
che in Italia FederUnacoma
stima un parco trattrici
non inferiore a 1,9 milioni
di unità, e considerando che
negli ultimi anni l’immissione
di trattrici nuove è stata
piuttosto limitata, il numero
di quelle con oltre dieci anni
si dovrebbe aggirare intorno
a quota 1,5 milioni.
Il principio sul quale si basa
la revisione è quello di
garantire che le macchine
mantengano nel tempo i requisiti
di sicurezza e di efficienza
che avevano al momento
della loro omologazione.
Considerando che molte
delle macchine ancora in uso
presso le aziende agricole risalgono
a 20, 30 o anche 40
anni fa, e non possiedono
dunque alcuni requisiti richiesti
dalle normative più recenti,
è facile immaginare che un
numero consistente di mezzi
possa non passare la revisione.
E questo, se combinato
con strumenti di incentivazione,
potrebbe rappresentare
uno stimolo verso il rinnovo
del parco e quindi un elemento
vitalizzante per il mercato.
«Il concetto di fondo –
commenta Aproniano Tassinari,
presidente dell’Unima
(Unione nazionale dei contoterzisti)
– è che in questa fase
di grandi difficoltà penalizzare
certe macchine significherebbe
acuire la sofferenza di
molti agricoltori. Tante macchine
datate non sono necessariamente
pericolose. Certo,
oltre al problema della sicurezza
bisogna tenere conto degli
aspetti economici e ambientali.
Però non dobbiamo
avere fretta: di revisione obbligatoria
si parlava già nel
lontano 1957, quando fu approvato
il Codice della strada,
ora dobbiamo valutare
molto attentamente come procedere.
Ed è quello che stiamo
facendo all’interno dell’Enama».
Di diverso tenore il parere
della Confai. La Confederazione
agromeccanici – riferisce
il presidente, Leonardo
Bolis – «non condivide l’impostazione
della revisione
perché si tratta di un provvedimento
mirato a far cassa,
ma che sul piano della sicurezza,
così come annunciato,
è inefficace». Secondo l’associazione,
la revisione delle
macchine agricole potrebbe
infatti avere un senso solo
per i mezzi che sono in circolazione
da oltre dieci anni.
Mentre «coinvolgere indiscriminatamente
tutto il parco
macchine equivale a una tassa
mascherata che andrà a gravare
soprattutto sulle imprese
agromeccaniche e che non
avrà alcun effetto concreto
sulla sicurezza in fase di circolazione
».
delle macchine
agricole
può attendere. Con buona pace
di quei circa 1,5 milioni di
vecchi trattori in circolazione,
e dei loro conducenti, che
in compenso continueranno
ad avere problemi di sicurezza,
con maggiori costi e impatto
sull’ambiente. Il decreto
attuativo del decreto sviluppo
varato dal governo il 18
ottobre 2012, con il quale è
stata istituita la revisione obbligatoria
di trattori e altre
macchine agricole – a partire
dal primo gennaio 2014 – era
atteso per il 28 febbraio. Ma
per effetto delle elezioni politiche
e la conseguente attesa di
un nuovo esecutivo, l’uscita
del provvedimento è slittata.
La nuova legge prevede
che le procedure di revisione
riguardino le macchine provviste
di targa – quindi trattrici,
mietitrebbiatrici, trattrici
con pianale di carico e rimorchi
– immatricolate sia prima,
sia dopo il 2009. Ma tutte
le indicazioni operative,
quelle relative alle modalità
di svolgimento delle operazioni
di revisione, dai parametri
da verificare ai costi della revisione,
dai tempi di adeguamento
alle strutture abilitate,
devono essere definite, appunto,
da uno o più decreti attuativi
dei ministeri dei Trasporti
e delle Politiche agricole.
Il testo che ha convertito
in legge il decreto sviluppo –
legge n. 221 del 17 dicembre
2012 – prevede già che sia
data precedenza nelle operazioni
di revisione alle macchine
immatricolate prima del
primo gennaio 2009. E comunque
sarà un decreto attuativo
a indicare gli scaglioni
di macchine da sottoporre a
revisione.
Le procedure saranno in
ogni caso molto impegnative,
perché riguarderanno un parco
macchine enorme. Considerando
che in Italia FederUnacoma
stima un parco trattrici
non inferiore a 1,9 milioni
di unità, e considerando che
negli ultimi anni l’immissione
di trattrici nuove è stata
piuttosto limitata, il numero
di quelle con oltre dieci anni
si dovrebbe aggirare intorno
a quota 1,5 milioni.
Il principio sul quale si basa
la revisione è quello di
garantire che le macchine
mantengano nel tempo i requisiti
di sicurezza e di efficienza
che avevano al momento
della loro omologazione.
Considerando che molte
delle macchine ancora in uso
presso le aziende agricole risalgono
a 20, 30 o anche 40
anni fa, e non possiedono
dunque alcuni requisiti richiesti
dalle normative più recenti,
è facile immaginare che un
numero consistente di mezzi
possa non passare la revisione.
E questo, se combinato
con strumenti di incentivazione,
potrebbe rappresentare
uno stimolo verso il rinnovo
del parco e quindi un elemento
vitalizzante per il mercato.
«Il concetto di fondo –
commenta Aproniano Tassinari,
presidente dell’Unima
(Unione nazionale dei contoterzisti)
– è che in questa fase
di grandi difficoltà penalizzare
certe macchine significherebbe
acuire la sofferenza di
molti agricoltori. Tante macchine
datate non sono necessariamente
pericolose. Certo,
oltre al problema della sicurezza
bisogna tenere conto degli
aspetti economici e ambientali.
Però non dobbiamo
avere fretta: di revisione obbligatoria
si parlava già nel
lontano 1957, quando fu approvato
il Codice della strada,
ora dobbiamo valutare
molto attentamente come procedere.
Ed è quello che stiamo
facendo all’interno dell’Enama».
Di diverso tenore il parere
della Confai. La Confederazione
agromeccanici – riferisce
il presidente, Leonardo
Bolis – «non condivide l’impostazione
della revisione
perché si tratta di un provvedimento
mirato a far cassa,
ma che sul piano della sicurezza,
così come annunciato,
è inefficace». Secondo l’associazione,
la revisione delle
macchine agricole potrebbe
infatti avere un senso solo
per i mezzi che sono in circolazione
da oltre dieci anni.
Mentre «coinvolgere indiscriminatamente
tutto il parco
macchine equivale a una tassa
mascherata che andrà a gravare
soprattutto sulle imprese
agromeccaniche e che non
avrà alcun effetto concreto
sulla sicurezza in fase di circolazione
».