per vedere il mondo, bisogna rinunciare alla velocità e tornare alle incertezze del viaggio su strada, con il corollario di code, curve e interruzioni. Tuttavia attraversare la Germania da sud a nord, e poi da est a ovest, lascia ancora un’impressione profonda e significativa di come viene gestito il territorio, con le sue risorse e le sue opportunità.
DEPURATORE FA RIMA CON DIGESTORE
Il confronto con l’Italia mostra per esempio che la digestione anaerobica viene vista come lo strumento migliore per la depurazione e il riutilizzo energetico dei liquami urbani, tanto che è davvero difficile trovare un depuratore privo del suo bravo digestore.
Non è un caso che il Paese vanti la più alta concentrazione in Europa di centri di produzione di biogas, anche se negli ultimi anni l’Italia ha recuperato parecchio terreno.
Ma due anni fa l’occhio non era ancora tanto abituato alle ormai familiari “cupole” dei digestori e così, complice la diversità del paesaggio rurale, sembrava davvero di essere in un altro mondo: immaginarsi pertanto lo stupore, dopo aver percorso qualche centinaio di chilometri, di trovare un’inusuale concentrazione di “Panda” e “Multipla”, che sembravano provenire dallo stesso luogo.
E il luogo, guarda caso, era l’immancabile digestore da biogas – per quanto di dimensioni cospicue – annesso ad un impianto per la distribuzione di metano per autotrazione, che spiegava la singolare abbondanza di auto italiane, fra le prime sul mercato a essere alimentate a gas naturale.
Il breve lasso di tempo trascorso da allora ha portato, specie nel Nord Italia, a una vera e propria proliferazione di impianti per la produzione di biogas, sui quali merita spendere qualche parola.
Il sistema di incentivazione degli impianti per la produzione di energie rinnovabili premia solo la produzione di energia elettrica, dimenticandosi completamente di come questa produzione si realizza nella pratica, portando a risultati qualitativamente inferiori a quelli che si sarebbero potuti ottenere.
RECUPERO E PRODUZIONE PRIMARIA
Per esempio, non si fa alcuna distinzione fra recupero e produzione primaria: sarebbe stato logico che, specie nelle regioni caratterizzate da una forte presenza zootecnica, si privilegiasse il recupero degli effluenti nella digestione anaerobica. Benché l’azoto passi quasi indenne attraverso il processo di degradazione microbica, che riguarda soprattutto i carboidrati e i loro metaboliti, non si deve dimenticare che fra i gas responsabili dell’effetto serra il metano occupa uno dei primi posti.
Le vasche di depurazione aerobica e di decantazione dei reflui zootecnici sono uno dei principali mezzi di dispersione in atmosfera di gas ben più dannosi dell’anidride carbonica, oltre che sicuri strumenti per gettare al vento – è proprio il caso di dirlo – una ricchezza preziosa.
Recenti studi mostrano che il massimo rendimento economico si realizza alimentando il digestore con una miscela in cui i reflui zootecnici (che hanno un costo di produzione nullo) rappresentano la parte maggioritaria; la riduzione dei costi della materia prima garantisce, inoltre, il produttore nel deprecabile caso in cui, per cause di forza maggiore o legate alla difficile situazione della finanza pubblica, dovesse ridursi la tariffa incentivante.
LA VERA COGENERAZIONE
Nello stesso modo, non è stato definito un obiettivo preciso in senso energetico, limitandosi alla sola produzione elettrica e dimenticando che il massiccio ricorso alle importazioni di combustibili di origine fossile è in larga parte dovuto al riscaldamento. Sarebbe stato opportuno, a questo proposito, privilegiare gli impianti che fanno vera cogenerazione, ossia che riescono a vendere (o comunque a rendere effettivamente disponibile per il teleriscaldamento) il calore in eccesso prodotto dai motogeneratori, che è sempre almeno pari all’energia elettrica immessa in rete.
RENDIMENTI ENERGETICI A CONFRONTO
Il rendimento energetico del processo di trasformazione in energia elettrica è valutabile intorno al 30%, con i migliori motogeneratori disponibili; un altro 20-30% di energia viene consumata in azienda e nel processo produttivo (per esempio per la regolazione termica dei digestori), rendendo così disponibile almeno un altro 30% per alimentare una piccola rete di teleriscaldamento.
Piccola, ma non più di tanto: un gruppo di generazione da 1 MW elettrico ne produce altrettanto in termini di calore consentendo di riscaldare una piccola palazzina, o diverse case unifamiliari, anche a considerevoli distanze; ovviamente in questi casi il grosso dei costi di impianto è dovuto alle tubazioni e al loro interramento.
Il ragionamento condotto in termini energetici ci mostra perché nei Paesi dove il biogas è una realtà consolidata si preferisca l’immissione in rete: una centrale a cogenerazione alimentata a metano – come quella recentemente installata al servizio della città di Imola – ha un rendimento in energia elettrica prossimo al 50%, al quale si somma il recupero quasi totale del calore in eccesso, che alimenta una vasta rete di teleriscaldamento. Nei turbogas di dimensioni maggiori, nei quali si dà la caccia anche all’ultimo kW/h senza preoccuparsi del riscaldamento, il rendimento in energia elettrica può sfiorare addirittura il 60%.
È chiaro che il biogas, prima di potere essere immesso nella rete di distribuzione, dev’essere convenientemente depurato dai numerosi composti inerti o dannosi che contiene: anidride carbonica, in primo luogo, ma anche idrogeno solforato (fortemente corrosivo) ed altri composti organici ed inorganici.
METANO QUASI PUROCON L’UPGRADING
Questo processo, che prende il nome di “upgrading”, si realizza facendo passare il biogas attraverso opportuni reattori cilindrici, con l’aiuto di acqua e sostanze altamente porose, che rendono l’impianto simile a una minuscola raffineria.
Al termine del processo si ottiene metano quasi puro, talvolta migliore dello stesso gas naturale che, almeno in certi giacimenti (come quelli del Mare del Nord), non brilla davvero per qualità.