Dopo tre anni di negoziati, con momenti di scontro anche molto aspro, le istituzioni europee hanno raggiunto un accordo complessivo sulla riforma della Pac. La nuova programmazione entrerà in vigore il primo gennaio 2023 e sarà valida per 5 anni. L’importo stanziato è di 386,7 miliardi di euro a prezzi correnti, compresi anche i due anni di transizione 2021 e 2022 (il 31,95% del budget totale dell’Unione per il periodo 2021-2027). Il budget è suddiviso in 291 miliardi di euro per il primo pilastro (pagamenti diretti+misure di mercato) e 95,6 miliardi per il secondo pilastro (sviluppo rurale), a prezzi correnti. L’agricoltura italiana riceverà da Bruxelles 34 miliardi di euro (che diventano 50 considerando anche il cofinanziamento nazionale dei fondi per lo sviluppo rurale). Il 15% in meno in termini reali rispetto alla passata programmazione (6,2 miliardi), secondo le stime di Confagricoltura, a fronte di un taglio medio Ue del 10%. Ora la bozza dovrà essere sottoposta, in autunno, al voto della Commissione Agricoltura e della plenaria del Parlamento europeo. Inoltre, entro l’anno l’Italia dovrà preparare il Piano strategico nazionale per l’attuazione della riforma, che dovrà includere anche i Psr finora di esclusiva competenza delle Regioni.
Le principali novità
La principale novità della riforma è la programmazione nazionale, con piani per ogni Paese su come spendere le risorse per gli aiuti agli agricoltori e lo sviluppo rurale secondo gli obiettivi comuni Ue su economia, ambiente e società.
I piani includeranno dei meccanismi per rendere più equa la distribuzione dei sussidi e misure per l’agricoltura sostenibile con flessibilità molto ampia. Aspetto inedito è l’introduzione del principio di condizionalità sociale, facoltativa dal 2023 e obbligatoria dal 2025, che vincola l’erogazione degli aiuti al rispetto della legislazione europea sul lavoro. Le aziende non in regola saranno sanzionate e dovranno restituire i fondi ricevuti.
Sugli eco-schemi si è giocata la partita più difficile al tavolo dei negoziati, quella che aveva portato alla fumata nera di fine maggio e al rinvio del trilogo a fine giugno. Europarlamento, Consiglio Ue e Commissione hanno raggiunto un compromesso sulla destinazione - con flessibilità - a pratiche agronomiche rispettose dell’ambiente del 25% delle dotazioni nazionali per i pagamenti diretti 2023-27, quasi 49 miliardi in 5 anni. L’Europarlamento chiedeva il 30%, gli Stati il 20%. Nei primi due anni di applicazione del nuovo sistema la percentuale potrà scendere di cinque punti percentuali, ma sono stati fissati rigidi criteri per l’utilizzo a livello nazionale delle somme non richieste dagli agricoltori.
Il 15% degli aiuti potrà essere destinato al sostegno di singole produzioni con pagamenti accoppiati. Inoltre, gli Stati membri dovranno varare un pagamento redistributivo in favore delle aziende più piccole di almeno il 10% della dotazione complessiva per gli aiuti diretti salvo deroghe specifiche. Il livello di convergenza interna dei pagamenti diretti sarà almeno l’85% del livello medio dei pagamenti diretti entro il 2026. Per gli aiuti accoppiati è stato mantenuto lo stesso livello del 13%+2% dei pagamenti diretti.
Capitolo polizze assicurative: gli strumenti di gestione del rischio potranno utilizzare fino al 3% dei pagamenti diretti e dei fondi dello sviluppo rurale. La riforma prevede anche l’obbligo di definire la figura di agricoltore attivo.
Poteva andare peggio
Per il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli quello raggiunto a Bruxelles è stato «un importante punto di incontro. I motivi di soddisfazione dell’architettura generale del pacchetto di compromesso sulla Pac sono superiori ai punti su cui si potevano trovare soluzioni migliori – ha sottolineato – soprattutto sul piano della semplificazione e della competitività dell’intero settore agricolo. Il prossimo passo sarà costruire i piani strategici nazionali che dovranno essere incentrati sulla semplicità: non incrementare la burocrazia sarà il valore aggiunto per l’Italia».
«Si chiude una trattativa serrata che abbiamo condotto sul dossier forse più delicato e che sancisce la nascita di un terzo pilastro della Pac, perché accanto alla dimensione economica e ambientale la nuova Politica agricola prevederà anche quella della condizionalità sociale, con il rafforzamento dei diritti dei lavoratori». Questo il commento sull’accordo dell’eurodeputato Paolo De Castro.
«Fin dall’inizio del dibattito sulla nuova riforma, ho sostenuto l’importanza di una distribuzione più equa dei fondi agricoli – ha scritto in una nota l’eurodeputato altoatesino Herbert Dorfmann – e le aziende più grandi riceveranno il 10% di fondi in meno, che sarà distribuito a quelle più piccole. La riforma fa più attenzione all’ambiente – prosegue il documento – e per la prima volta, ha una dimensione sociale».