La vita da agromeccanico di Damiano Santelli inizia nel 1996. «Prima qui c'era una stalla di vacche da latte. Piccola, ma sufficiente per mio padre. Io, tuttavia, nella stalla non mi ci vedevo proprio, avevo la passione delle macchine. Così dopo la sua morte iniziai la conversione: prima con un Same Titan usato, successivamente con altri trattori. Il lavoro crebbe e arrivarono i primi dipendenti, intanto mio nipote Marco si era fatto grande e aveva iniziato a lavorare con me, mentre mia moglie Elisa gestiva l'ufficio. In breve... eccoci qui». Il qui è, come abbiamo già anticipato, una realtà che dà lavoro a una quindicina di persone – tra cui un'impiegata che affianca la moglie del titolare per le pratiche amministrative – e che vanta un parco macchine composto da 25 trattori, due mietitrebbie, altrettante trince. A servizio, queste ultime, di quattro impianti di biogas, per un totale di 1.200 ettari di superficie da gestire. «Poi ci sono i 250 ettari che abbiamo in gestione diretta e le stalle», ricorda Damiano.
Nel mondo del biogas
Già dalle premesse si capisce che per i Santelli il ciclo del biogas rappresenta una risorsa importante. «In effetti è così. Per seguire questa filiera abbiamo anche rinunciato a gestire il pomodoro, che nella zona, con il consorzio Casalasco, è molto forte. A un certo punto, tuttavia, siamo arrivati a un bivio: fare bene pomodoro e trinciatura non era più possibile e allora, visto che il lavoro con il pomodoro ci imponeva di sottostare ai tempi del Consorzio e la trinciatura ci dava invece piena libertà d'azione, abbiamo scelto quest'ultima. Finora non ce ne siamo pentiti, è una scelta che rifarei».
Soprattutto perché, fa notare Damiano, lavorare per il biogas non comporta soltanto fare trinciatura. «Senz'altro quest'ultima rappresenta una fetta importante dell'attività: non a caso la facciamo con due macchine, una Claas Jaguar 900 e una 970. C'è poi, tuttavia, la gestione del digestato, che è anch'essa piuttosto importante. Abbiamo iniziato qualche anno fa con due botti, poi per una stagione il mercato si è fermato, perché molti si erano dotati di botte propria. Alla fine, però, abbiamo avuto ragione noi: nel giro di un paio di stagioni le nostre botti sono diventate cinque e quest'anno hanno lavorato tutte».
Questo, spiega il contoterzista, grazie anche al fatto che nel Mantovano si sta sviluppando una piccola filiera: «Negli ultimi anni è notevolmente aumentata la superficie a melone e dopo qualche prova i produttori hanno visto che il digestato è un prodotto molto adatto a questa coltivazione. Per cui ora trasportiamo i liquami anche a notevole distanza, ma è un sistema che fa gioco a tutti: chi fa meloni ha un fertilizzante a basso costo, chi produce biogas smaltisce il digestato e in più ottiene qualcosa dagli orticoltori. Noi, infine, lavoriamo e facciamo i trasporti».
Agricoltura in affanno
Il boom di meloni e cocomeri nel Mantovano ha avuto però anche influenze negative. Per esempio, sugli affitti. «Negli ultimi anni sono notevolmente aumentati e chi fa monocoltura su terreni in affitto fa davvero fatica. Noi stessi abbiamo recentemente ridotto la superficie coltivata, proprio perché abbiamo abbandonato alcune aziende divenute troppo care. Il mais ha un costo di produzione, senza calcolare la manodopera e il gasolio, di 500 euro l'ettaro: se ne rende 1.500 e in più bisogna anche pagare l'affitto, si va in perdita». Per questo motivo, continua Santelli, l'agricoltura in zona fa fatica. «Gli imprenditori piangono miseria, a ragione. Si salvano, appunto, quelli che fanno orticole e poi chi ha terreni di proprietà e che, non avendo il costo dell'affitto, riesce ancora a fare reddito».
Per questo motivo i Santelli cercano forme di investimento alternative alla coltivazione in proprio. «Continuiamo naturalmente con l'attività agromeccanica, che ormai è consolidata, ma invece di coltivare terreni affittati stiamo per avviare la costruzione di un impianto di biogas da 300 kW. Utilizzerà esclusivamente liquami, forniti dai nostri clienti, e dovrebbe garantire un discreto reddito annuale. In ogni caso lo facciamo anche per dare un servizio ai clienti: infatti a fianco del digestore faremo un impianto per lo strippaggio dell'ammoniaca, in modo da abbattere fortemente la concentrazione di azoto del digestato e aiutare così quelle stalle che hanno pochi terreni per distribuire i reflui». L'azoto estratto dai liquami, sotto forma ammoniacale, può poi essere venduto come fertilizzante liquido, fanno notare i contoterzisti.
Il segreto del successo
Dare un servizio: è questo il segreto per non avere problemi? «Senza dubbio. In un mercato in cui ci sono aziende disposte a lavorare per pochissimo, l'unico modo per stare in piedi è distinguersi. Prendiamo, senza presunzioni, il nostro caso. Se siamo riusciti a crescere in un territorio già densamente popolato di aziende agromeccaniche e limitrofo a zone fortemente concorrenziali come Brescia e Cremona, è proprio perché abbiamo saputo dare ai clienti qualcosa di diverso. Che si chiama, per esempio, servizio completo: non sono in molti a poter andare in un'azienda con due trince affiancate da 10 dumper e altrettanti trattori, più tre lame per la trincea. Con questo parco macchine in due giorni completiamo il lavoro, senza che il cliente debba impiegare i suoi mezzi o perdere tempo a cercare qualcuno che faccia il servizio coi carri. Questo ha un suo peso: quando si è in grado dare certe garanzie si può anche chiedere qualcosa più degli altri».
Un altro strumento di servizio, oltre al già citato (e imminente) biodigestore è lo stoccaggio dei cereali. «E facciamo anche trasporto ed essiccazione, chiaramente. I clienti in pratica non hanno più problemi: arriviamo, raccogliamo, portiamo via e conserviamo la granella fino al momento di vendere. Anzi no – si corregge Damiano – un problema c'è, ed è il prezzo dei cereali», ma per quello, nemmeno i Santelli possono fare nulla. di Ottavio Repetti
Un'azienda multi-marca
C'è chi si affida a un solo marchio e chi sceglie in base alle necessità e, ovviamente, alle prestazioni e affidabilità dei diversi marchi. Damiano Santelli appartiene a quest'ultima categoria: nei suoi capannoni troviamo infatti principalmente Fendt, ma anche John Deere, un Claas e, ultimo acquisto, due Valtra serie T da 175 cavalli. «Avevamo già avuto un Valtra, un T 191, e siccome ci siamo trovati bene abbiamo provato a prendere due macchine della nuova serie». A far la parte del leone è comunque il verde-rosso di Fendt: sei 720 e tre 716 Vario, un 936 e qualche macchina più piccola. Tre, invece, i John Deere.
Un altro settore su cui Santelli punta è l'irrigazione: sia per i propri terreni, sia a servizio degli agricoltori che non riescono a effettuarla. «L'irrigazione è spesso sottovalutata ma è fondamentale. Se si sbaglia, si compromette il raccolto, per questo occorre dedicarvi attenzione e anche macchine adeguate».
Sulle macchine, Santelli si è impegnato senza risparmi, come sempre: «Abbiamo nove irrigatori a pioggia, tutti di Casella. Sei di questi sono computerizzati, ultimo modello. Gli altri, invece, sono di tipo tradizionale». Grazie all'elettronica e alla tecnologia, ormai anche un'attività un tempo faticosa come il controllo dell'irrigatore è diventata assai più semplice. «Basta dire che da solo riesco a gestire sei rotoloni, spostandoli da un campo all'altro e programmando l'intervento senza difficoltà. Da quando abbiamo preso le macchine di Casella il modo di irrigare è completamente cambiato».