Piccoli, ma innovatori

Andrea Rossini con il padre Roberto
Da tre generazioni nella meccanica agraria, la famiglia Rossini nel Veronese ha un passato e un presente fatto di nuove soluzioni

Anche una piccola azienda può essere innovatrice. O esserlo stata in passato. La famiglia Rossini di Minerbe (Vr) è, a ben vedere, uno e l’altro. Nel senso che è una realtà a conduzione ancora famigliare, ma ha un passato – e talvolta un presente – fatto di nuove soluzioni, soprattutto in ambito agronomico. Andiamoli allora a conoscere, prima di tutto tornando un po’ indietro nel tempo.

John Deere 5720 pronto per la distribuzione del sale

«Fu mio nonno Primo a cominciare con i lavori in conto terzi, facendo prima aratura con i buoi e successivamente con un Ford a petrolio, che ai tempi sembrava una macchina avanzatissima», esordisce Andrea Rossini, che assieme al padre Roberto manda avanti, oggi, l’attività. «Erano – continua – gli anni Cinquanta, l’epoca del boom della meccanizzazione. Così mio padre continuò a fare questo lavoro e negli anni Ottanta acquistò la prima trinciatrice della zona, una Fox semovente con barra da tre file». Fox River Tractor – facciamo un po’ di storia della meccanizzazione – è una compagnia statunitense fondata nel 1919. Realizzò la prima trincia semovente nel 1960. Dieci anni dopo fu acquistata dal gruppo Koehring, che a sua volta la vendette alla Piper Industries nel 1981. «Ai tempi – prosegue Rossini – qui nel Basso Veronese c’erano molte piccole aziende, quasi tutte con la stalla. La trincia ci permise quindi di fare molto lavoro, acquisendo nuovi clienti».

Bi e trivomere Mi-Pra e De Franceschi per l’aratura, attività sempre meno praticata nel Veronese

Con gli anni e l’aumentare del lavoro, naturalmente, cambiano anche le macchine. «Passammo alla 5460 John Deere, che poi cambiammo con un’altra John Deere. Finché, al posto di due macchine da quattro file, ne acquistammo una più moderna, con barra da otto file. In pratica faceva il doppio del lavoro con metà della manodopera. Gestire due cantieri di trinciatura era e rimane complesso, per un’azienda come la nostra. Occorrono carri, personale, i tempi sono ridottissimi. Da quel momento in poi, abbiamo avuto sempre una sola trincia, ma una l’abbiamo avuta sempre, fino ai tempi odierni».

La trinciatura del mais richiede un’ampia disponibilità di carri per il trasporto del prodotto

Trinciatura moderna

Tempi che vedono, sotto al capannone dei Rossini, una John Deere 9700 i acquistata pochissime stagioni fa e protagonista, in quanto tra le prime ad arrivare sul mercato italiano, di un Provato da voi sul numero 9/2019 del Contoterzista. «La macchina lavora sempre molto bene, ha una produttività eccellente e un’alta qualità di taglio, come testimoniano i nostri clienti. Purtroppo il numero delle stalle si è molto ridotto, negli anni, ma abbiamo comunque alcune grandi aziende. Una, per esempio, ci fa fare 300 ettari di trinciatura ogni anno».

I Rossini sono legati a John Deere, ma ancor più al concessionario Dalla Vecchia, ex rivenditore John Deere, alla cui epoca risalgono ancora molte delle macchine presenti in azienda

Se le stalle da latte si sono ridotte, sono aumentati in proporzione – o anche di più – gli impianti di biogas. «Vero, ma non siamo di quelli che danno la caccia al biogas, anche se un paio di impianti ci avevano contattato per fare un contratto. Preferiamo, al limite, andare ad aiutare i colleghi quando hanno troppo lavoro. L’abbiamo fatto diverse volte, per esempio trinciando, qui nella nostra zona, presso i clienti di qualche contoterzista che stava lavorando nel Ferrarese, dove con il biogas c’è molto da fare. Ma andare nel Ferrarese anche noi… No grazie. Siamo di quelli che, alla sera, preferiscono avere le macchine a casa piuttosto che in mezzo a un campo. Senza contare che trasferte così lunghe hanno costi elevati: gasolio per i trasferimenti, pranzi in trattoria, se del caso anche la pensione per dormire, perché non si torna a casa ogni sera quando si lavora a 150 chilometri di distanza. La nostra area di lavoro ideale è molto più ristretta, va da Nogara a Legnago. Una quindicina di chilometri: poco trasferimento, molta più semplicità nell’organizzare il lavoro».

Seminatrice Maschio Gaspardo a sei file, uno degli ultimi acquisti della famiglia

Anche così, continua Andrea Rossini, star dietro ai clienti non è facile. «Abbiamo poche stalle da latte, ma ne sono rimaste diverse da carne. In più, un biodigestore qui in zona e, quando capita, l’aiuto dato agli altri contoterzisti. In tutto, circa 700 ore di lavoro l’anno. Riusciamo a farle con una sola macchina, anche se non è semplice, ma non si deve mai fermare: non le ore, ma i minuti sono preziosi, anche perché la campagna di raccolta è molto breve».

La trinciacaricatrice John Deere 9700i lavora in media per 700 ore l’anno. È quindi indispensabile che non subisca mai un fermo macchina durante la stagione

«Quando mio fratello e io iniziammo a fare questo lavoro, si trinciava per due mesi. Oggi – interviene Roberto – si fanno a malapena tre settimane. Ormai gli agricoltori non hanno più pazienza e la colpa, se posso dirlo, è del cellulare, che ti rende raggiungibile in qualsiasi luogo. Una volta il cliente passava dall’azienda al mattino, a chiedere quando saremmo andati da lui, o al massimo telefonava in ufficio. Oggi ti chiamano continuamente e pretendono di sapere non soltanto il giorno, ma l’ora in cui andrai a casa loro».

I carri con ralla stanno prendendo il posto dei dumper: sono giudicati più semplici da trainare; inoltre hanno una minor usura degli pneumatici

Agricoltura tradizionale

L’unica soluzione per non perdere i clienti è aumentare la produttività oraria, continua Roberto Rossini. «Per questo motivo le macchine diventano sempre più grandi, prima quattro file, poi otto, poi dodici… Quest’anno, per esempio, abbiamo preso una nuova seminatrice Maschio Gaspardo, in sostituzione di un’altra più piccola. L’abbiamo scelta ancora meccanica, anche se ormai tutti i costruttori propongono l’elettrico. Purtroppo ha ancora costi eccessivi, per noi: praticamente il doppio di una normale. Visto che i clienti non ci chiedono ancora dosaggio variabile e agricoltura di precisione, abbiamo preferito una soluzione tradizionale, per questa volta, sperando che i prezzi delle elettriche scendano».

Ford 3610: una vecchia gloria, ancora funzionante e usato per piccole attività presso la sede aziendale

L’agricoltura a sud di Verona non ha fame di innovazione, stando a quanto dicono i Rossini. «Vi sono molte piccole aziende che coltivano cereali vernini, un po’ di bietola e colza e poi parecchia soia e anche girasole, che quest’anno è aumentato molto, come superficie. C’è stato qualche esperimento con la bietola da seme, che mi pare sia andato bene, ma è un settore che non seguiamo. Il nostro lavoro riguarda principalmente i cereali e la soia, ma senza la raccolta: abbiamo la trinciacaricatrice, non le mietitrebbie. Essendo soltanto noi due più un dipendente fisso, non possiamo fare più di molto, anche con l’aiuto degli stagionali. Facciamo aratura, preparazione del terreno, semina, trattamenti e trinciatura». Le macchine sono di potenza media, grazie a un terreno sciolto e non impegnativo. «Con 170 cavalli facciamo tranquillamente aratura col trivomere e per le zone di suolo più tenace abbiamo un vecchio bivomere, ancora molto efficiente».

La semina occupa un ruolo prioritario tra le attività della ditta
In un territorio con terreno tendenzialmente sciolto, un 170 cavalli può essere la macchina di punta anche per una ditta agromeccanica

Cercando l’innovazione

Trinciatura a parte, è probabilmente la semina a impegnare per più tempo i Rossini. «Abbiamo diverse macchine, ma una in particolare ci sta dando grandi soddisfazioni: è una combinata della Amazone, composta da seminatrice a file Cataya ed erpice rotante. Per i cereali e con i terreni sciolti sostituisce completamente l’aratura, facendo più lavoro e anche di qualità migliore. È una macchina molto valida: un acquisto recente e un po’ azzardato, perché quando la portammo a casa non avevamo nessun cliente che ci chiedeva questo tipo di lavoro. Ma in un paio di stagioni gli ettari si sono moltiplicati, perché gli agricoltori vedono che la qualità del lavoro è uguale se non migliore rispetto all’aratura e i costi sono ovviamente inferiori. Siamo contenti di essere stati i primi a introdurre la combinata qui sul territorio, seguiti, nelle ultime stagioni, da qualche collega. Ancora una volta, come negli anni Ottanta con la trincia, siamo stati noi Rossini a tracciare una direzione».

Piccoli, ma innovatori - Ultima modifica: 2023-01-23T07:07:46+01:00 da K4

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