Il Contoterzista dell’anno, prestigioso premio che questa rivista, in accordo con il Cai, attribuisce ogni anno alle migliori aziende d’Italia, approda finalmente al Sud, premiando una ditta del Foggiano. E in una categoria di peso, per di più, come quella dell’Agricoltura di precisione, solitamente terra di caccia per le aziende più evolute della Pianura Padana. Il merito di aver strappato l’ambito titolo ai colleghi settentrionali va a Matteo Tamburrelli, agromeccanico di Torremaggiore, comune al confine con il Molise, in piena Capitanata. Presidente dell’Apima locale, Tamburrelli gestisce da anni l’attività di famiglia, ricevuta in affidamento dal padre Sabino, che l’ebbe a sua volta da Matteo, nonno dell’attuale titolare. Anzi, contitolare, dal momento che la sigla che individua l’azienda, Tms, sta per Tamburrelli Matteo e Sabino. «La società fu costituita nel 2008 per portare avanti la tradizione di famiglia», ci spiega il titolare.
Innovare al Sud
Intervistammo Matteo già una volta, nel 2012, e già allora appariva evidente come innovare fosse un obiettivo strategico nella sua attività di agromeccanico. Per primo nell’Alto Foggiano, per esempio, aveva introdotto le guide automatiche ed era stato sempre tra i primi a proporre ai clienti la semina su sodo, in un’epoca – era il 2006 – in cui questa pratica era ancora semi-sconosciuta nel Meridione. Quelle attività, come vedremo a breve, sono state sviluppate e implementate e altre se ne sono aggiunte, a dimostrazione che fare innovazione nel sud dello Stivale è possibile. «Certo che è possibile. Vi sono imprenditori agricoli che hanno la mentalità giusta e in ogni caso anche chi all’inizio è diffidente in un secondo tempo si lascia convincere; è soltanto questione di avere pazienza». Del resto, continua Tamburrelli, il contoterzista è il naturale stimolo all’innovazione in agricoltura, perlomeno per la meccanica. «È il contoterzisa che compra il trattore più moderno, quello rispettoso del suolo, e lo propone ai propri clienti. In questo modo diffonde i benefici di questa macchina a un pubblico più ampio rispetto a un agricoltore che l’acquistasse per la sua azienda».
Logica conseguenza di questa affermazione è che i contoterzisti dovrebbero essere sostenuti dalla mano pubblica, in questa azione. «Abbiamo visto distribuire molte sovvenzioni agli agricoltori, per esempio attraverso i Psr. Non dico che sia sbagliato, ma proporrei piuttosto di lavorare per obiettivi: piuttosto che finanziare l’acquisto della seminatrice da sodo, si dia un contributo per la semina su sodo, lasciando all’agricoltore la scelta tra acquistare un attrezzo oppure usare quei soldi per pagare un contoterzista».
C’è un secondo aspetto, innegabile, che Tamburrelli, anche in qualità di presidente dei contoterzisti foggiani, vuol sottolineare: quello della sostenibilità. «Se aiutiamo dieci aziende agricole ad acquistare un determinato attrezzo, impegniamo una certa quantità di materie prime ed energia. Se noi aiutassimo due contoterzisti ad acquistare lo stesso attrezzo, risparmieremmo l’ottanta per cento delle materie prime e dell’energia, ottenendo più o meno la stessa superficie lavorata, visto che un agromeccanico sfrutta molto di più le proprie macchine rispetto a un agricoltore».
Crescono le coltivazioni alternative
Parliamo di agricoltura nel Foggiano. Un territorio storicamente conosciuto come uno dei granai d’Italia. È ancora così? «Il grano resta il cereale più coltivato in zona. Mi sarei atteso un calo delle superfici, ma l’impennata delle quotazioni lo ha impedito. Tuttavia mi domando: con i costi di produzione che ci sono, fino a che punto conviene seminare grano invece di una coltura che richieda meno spese? Se i prezzi resteranno quelli attuali anche a giugno prossimo, la coltura farà reddito, ma se dovessero scendere sotto i 30 euro, considerando il costo dei concimi più che raddoppiato e le rese della zona, chi lo ha seminato andrà in perdita». Le rese, come testimonia Tamburrelli, non sono in effetti quelle della Pianura Padana: «Siamo attorno ai 40 quintali per ettaro, talvolta 50, in dipendenza della zona e della disponibilità idrica. Ma ci sono anche aree in cui si va poco sopra i 30».
Con queste rese val la pena prendere in considerazione anche coltivazioni alternative. Per esempio i legumi, tornati fortemente di moda negli ultimi anni. «Hanno spese di produzione basse e quotazioni interessanti, oltre a godere di una buona domanda. Fagioli, ceci e soprattutto fave sono prodotti tradizionali del territorio e sono in crescita come superficie totale. Tanto è vero che per raccoglierle ci siamo dotati, otto anni fa, di una mietitrebbia assiale, una Axial Flow di Case Ih, e di una barra flessibile, che ci permette di tagliare e raccogliere in una sola passata, invece di fare taglio, andanatura e successivamente raccolta».
Aziende medie, contoterzisti impegnati
Continuiamo a occuparci dell’agricoltura foggiana con la dimensione media aziendale. «Ce ne sono di tutti i tipi: dalle piccole, con 15 o 20 ettari, alle più grandi, che arrivano anche a 100 o 200 ettari. Ne abbiamo anche qualcuna da 400 ettari – numeri molto elevati per questo territorio – e anch’esse danno lavoro agli agromeccanici. Per esempio delegando a noi le attività di base, come preparazione del terreno e simili, e facendo in proprio quelle più complesse, vedi i trapianti».
In zona, infatti, è ben viva anche l’orticoltura, con buone superfici di pomodoro da industria ma anche cavoli, broccoli e simili. «Per le orticole facciamo soprattutto livellamenti, preparazione del terreno e, da qualche anno, baulature. Ci siamo attrezzati con una interrasassi e una baulatrice che ci permettono di essere presenti anche in questo segmento». Anche i livellamenti sono un servizio introdotto relativamente di recente, grazie all’acquisto di una livella con controllo satellitare. «Si tratta di un attrezzo molto valido – ci spiega Tamburrelli – perché permette di livellare i campi asportando al massimo 20 cm di terreno, mentre con un sistema tradizionale dovremmo scendere di mezzo metro, togliendo così l’intero strato fertile».
I vantaggi del satellite
Questo è soltanto uno dei vantaggi del controllo satellitare, tecnologia che Tamburrelli ha sposato per primo, nella Capitanata settentrionale. «Provai la prima guida satellitare nel 2003. Era un sistema manuale e costava probabilmente più di quanto oggi si spende per un’autoguida. Nel primo giorno di test non mi colpì particolarmente, ma già dal secondo mi resi conto che avrei risparmiato circa il 20% del tempo a parità di ettari lavorati. Così confermai l’acquisto e negli anni successivi ne acquistai altre, nella convinzione che ogni trattore o macchina da raccolta dovesse averne una. Oggi ne abbiamo cinque, di cui quattro asportabili e dunque utilizzabili su più mezzi. Naturalmente tutti i trattori che abbiamo acquistato negli ultimi anni hanno la predisposizione per l’autoguida. Lo stesso vale per due delle tre mietitrebbie, con possibilità di fare anche la raccolta dei dati di produzione».
Parliamo degli agricoltori: vi chiedono questo servizio? «Diciamo che sono curiosi, ritengo anche grazie alle informazioni che ricevono dalle riviste specializzate o dal web. Forse non sono ancora disposti a pagare per la raccolta dati, ma noi la facciamo ugualmente. Per ora ci serve come banca dati storica; tornerà utile quando decideranno di fare la concimazione a dosaggio variabile, che proponiamo già da diverso tempo».
Dunque l’agricoltura di precisione sta prendendo piede anche qui. «Sì, in modo lento ma costante. Qualche cliente si attrezza con trattori 4.0 e poi ci chiede come usarli, per esempio. C’è attenzione sul tema e non nego che abbiamo preso alcuni nuovi clienti grazie alla nostra offerta sul precision farming. Anni fa, quando cominciammo a investire in questo campo, mi chiedevo se non fossero soldi buttati. Con l’esperienza di quasi 20 anni posso dire che no, non furono buttati. Per prima cosa semplificano e accelerano il nostro lavoro – lo spandiconcime Isobus, per esempio, non richiede la taratura, cosa che si fa più volte in un giorno – inoltre ci procurano nuovi lavori».
Innovare è naturale
Per chiudere: cosa significa per lei l’innovazione? «È un fatto naturale per un contoterzista, come ho già detto. Quando si raccoglieva con la falce introducemmo la mietilega: siamo innovatori nel Dna, cerchiamo metodi standardizzati per fare meglio le cose. Il dosaggio variabile, in fondo, lo faceva anche l’agricoltore, rallentando quando concimava una zona del campo dove faceva poca produzione. Noi abbiamo reso più scientifico questo processo. Siamo il braccio destro degli agricoltori e vogliamo esserlo sempre di più anche negli anni a venire».
Il contoterzismo nel Foggiano
In qualità di presidente dell’Apima foggiana Matteo Tamburrelli è la persona più adatta a descriverci la realtà agromeccanica della zona. «Abbiamo aziende medio-grandi, che gestiscono almeno 500 ettari di terreni. Sono, anche, piuttosto evolute: tutte ormai usano la guida satellitare e molte fanno anche la raccolta dei dati di lavorazione e produzione. Spesso anzi collaboriamo per queste nuove tecnologie: è una strada che abbiamo scelto di seguire fin dal primo momento».
I problemi della categoria, nel racconto del suo presidente, sono quelli soliti, a cominciare dalla concorrenza degli agricoltori. «Si è dato modo ad alcuni di essi, anche con finanziamenti pubblici, di attrezzarsi con mezzi sproporzionati rispetto alle loro esigenze. Mezzi che tuttavia devono essere pagati, per cui questi agricoltori sono in un certo senso costretti a lavorare in conto terzi e per farlo accettano prezzi stracciati. Per questo sostengo che le energie pubbliche dovrebbero essere meglio indirizzate, ferma restando l’esigenza di aiutare l’agricoltura, che per anni è stata in profonda crisi. Ora i prezzi si sono ripresi, ma in ogni caso il settore soffre l’import di merci a basso costo. Non sono favorevole alla chiusura dei mercati, ma vorrei che le etichette riportassero chiaramente e senza trucchi la provenienza degli alimenti, dando ai consumatori la possibilità di scegliere tra un prodotto italiano e uno realizzato con materie prime straniere».