Da trattorista a imprenditore

Cristian Franchi
Cristian Franchi dal 2014 si è messo in proprio e ora gestisce un’impresa agromeccanica con due dipendenti fissi

È sempre con piacere che raccontiamo nuove avventure nel mondo dell’agromeccanica. Quella che vi presentiamo oggi non è un’azienda proprio neonata, ma per i canoni del contoterzismo, dove si parla di generazioni di imprenditori più che di imprenditori, è come se lo fosse. Nacque infatti nove anni fa dall’intraprendenza e dalla voglia di fare di Cristian Franchi, che dopo decenni alla guida di trattori altrui, decise di fare il grande passo nel mondo del lavoro autonomo. Oggi ha al suo fianco due dipendenti fissi, con cui gestisce un parco macchine fatto da tre mietitrebbie e una dozzina di trattori. Tutti Landini, di cui Franchi si dichiara appassionato (ma senza per questo rinunciare allo spirito critico).

Landini Power Farm, macchina con qualche anno di vita ma ancora pienamente efficiente

Le origini

Innanzitutto, la collocazione. Siamo a Giacciano, una dozzina di chilometri a ovest di Rovigo. Qui vive e lavora Cristian. Come vedremo, occupandosi principalmente di cereali e soia, ma con qualche incursione nella bieticoltura. «Iniziai ad andare sui trattori quando avevo 14 anni. Lavorai prima a casa mia, poi da un terzista della zona, poi da altri agromeccanici. Ho girato diverse aziende finché, nel 2014, mi misi in proprio, rilevando l’attività del mio ultimo datore di lavoro, che si stava ritirando in pensione. Da allora ho continuato e ampliato il suo lavoro». Così Franchi racconta l’avvio dell’attività, che in nove anni si è sviluppata fino a coinvolgere, nel pieno della stagione, nove persone: i tre che stabilmente vi lavorano e sei stagionali. «Il vero problema dei dipendenti è la difficoltà nel trovarli. Qui siamo veramente messi male: non si trova personale, in nessun modo. Questa attività, per esempio, potrebbe crescere in diversi settori, ma devo tirare il freno perché mi manca la gente da mandare sui trattori. Poche settimane fa un trattorista si è licenziato e ora stiamo cercando un sostituto, finora senza risultati».

La carenza, continua Franchi, riguarda sia personale generico sia – e ovviamente ancor più – quello già adeguatamente formato e specializzato. «Un caso da manuale è quello dei trattamenti. Ho una vecchia Barigelli e in più una trainata Caffini da tremila litri, appena acquistata. I trattamenti sono una parte importante della nostra attività. Con il lavoro che abbiamo, ci sarebbe stato tutto lo spazio per una seconda semovente, ma ho rinunciato in quanto non avevo nessuno da metterci sopra. Per fare trattamenti con un semovente occorre un po’ di conoscenza del mezzo e in più tutti quelli a cui l’ho proposto si sono ritirati pur di non aver a che fare con i prodotti chimici, che considerano dannosi. Senza pensare che all’interno di una cabina come quella del semovente si è protetti da qualsiasi cosa. Così continuo a lavorarci io, facendo quel che posso col vecchio Barigelli».

Lavorazioni e aziende

Franchi è un contoterzista vecchia maniera, che trae la larga parte del bilancio dai lavori agricoli presso terzi. «Abbiamo anche un’ottantina di ettari in affitto, ma il grosso del lavoro lo facciamo a casa dei clienti. I quali sono piccoli agricoltori che lavorano la propria terra, per la maggior parte. Non c’è, come in altre province, il fenomeno dei giovani che hanno ereditato l’azienda, ma fanno tutt’altro e quindi la danno in gestione ai terzisti. In zona un’azienda da 150 ettari è già rara, a 300 non ci arriva praticamente nessuno. Anche i terreni sono medio-piccoli: dai 3 ai 5 ettari, trovare un appezzamento che arrivi a 10 è difficile».

Sono condizioni che non facilitano il lavoro di un contoterzista, il quale è solito puntare su macchine grandi, per massimizzare la produzione oraria e ridurre così i costi. «Purtroppo è vero, macchine troppo grandi rischiano di essere sprecate. Lo vediamo bene con la raccolta. Facciamo circa 2.100 ettari all’anno di trebbiatura tra mais, grano, soia, medica da seme e un po’ di girasole. Lavoriamo con tre New Holland: una vecchia TX 65, una CX 760 e una CR 790, che è l’ultima acquistata. Dovrebbe essere anche la macchina più produttiva e sulla carta è così; ma nella realtà, vista la dimensione dei campi, non riusciamo a sfruttarla. L’assiale ha bisogno di terreni lunghi, per caricarsi bene di prodotto e rendere al massimo. Se si continua a fare manovre a fine campo, come avviene sui piccoli campi, tanto vale lavorare con la TX. Che fa sicuramente meno lavoro in un’ora, ma a fine giornata mi costa quasi la metà in gasolio».

Sempre e soltanto Landini

Si sarà capito che per la raccolta Franchi si affida a New Holland. Per i trattori, invece, sceglie con convinzione Landini. «Sono nato Landinista e morirò Landinista», ci dice senza mezzi termini. La sua, precisa subito, non è però una scelta a scatola chiusa: «Nei miei anni come dipendente ho lavorato praticamente con tutti i marchi di trattori, a eccezione di Fendt. E conoscendoli tutti, penso che Landini non abbia nulla da invidiare agli altri. Anzi: se nel bilancio dei pro e contro inseriamo anche il prezzo d’acquisto, guadagna molte posizioni rispetto alla concorrenza». Il ragionamento del contoterzista rodigino è quantomai pragmatico e, in larga parte, condivisibile: «Oggi i trattori hanno molti componenti in comune, anche importanti. Motore e trasmissione per esempio. Ed è vero che alcuni marchi sono più avanzati in determinati aspetti, ma anche Landini arriva agli stessi risultati. Forse ci arriva un po’ dopo, ma ci arriva. E l’affidabilità, se andiamo a vedere, non è inferiore alla media, perché da sempre i trattori si rompono. Landini ha avuto i suoi periodi difficili – penso per esempio ai Delta Shift – ma oggi sforna macchine molto più affidabili. Inoltre, più che il numero di rotture conta il tempo di riparazione e in questo senso la concessionaria Palazzani e Zubani è una garanzia».

Chi fa il lavoro

La parte più condivisibile del pensiero di Franchi è comunque quella finale: «Il trattore è un fornitore di potenza e movimento, punto. A fare il lavoro è l’attrezzo. Il trattore sbagliato può avere problemi di affidabilità o di cavalli, ma l’attrezzo sbagliato produce un campo lavorato male. Per questo motivo sono particolarmente attento nella scelta delle attrezzature. I miei marchi sono Amazone, Monosem, Maschio Gaspardo, anche se costano più della media. Ciò non significa che per il trattore vado al risparmio: come ho detto, a me Landini piace e lo trovo valido. Ma accetto di avere anche un trattore un po’ in là con gli anni purché abbinato a un attrezzo aggiornato e performante».

Il suo ricovero attrezzi è la dimostrazione concreta di questa filosofia di pensiero: accanto agli ultimi acquisti – due Serie 7, un 180 e un 210 cv – troviamo infatti anche dei Power Farm, un 1300 MK2, un R6000, un 50 Blizzard e persino un R3500, ormai pienamente catalogabile tra le macchine d’epoca. «Lo teniamo per affetto e per le feste dei trattori antichi che si svolgono qui nei dintorni. Ma gli altri sono ancora in grado di fare il loro lavoro. Anzi, con determinati attrezzi danno la birra a quelli nuovi».

Da trattorista a imprenditore - Ultima modifica: 2023-03-22T08:57:06+01:00 da K4

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