Come soleva dire un famoso giornalista di qualche anno fa, la domanda sorge quasi spontanea: se il costo del gasolio fosse rimasto fermo ai valori del periodo precedente alla pandemia, i prezzi delle lavorazioni agromeccaniche sarebbero rimasti invariati? Non è facile rispondere, ma al di là dei suggerimenti periodicamente aggiornati dalle Associazioni, l’esame delle fatture emesse dalle imprese agromeccaniche ha mostrato una ripresa solo dalla fine dello scorso anno. Non che nel frattempo non siano cambiate le condizioni economiche, ma dal 2018 a buona parte del 2021 il costo del gasolio ha consentito di recuperare parte degli aumenti che hanno interessato altre voci, dai listini delle macchine alle parti di ricambio, dalla manodopera alle spese generali.
Solo allora ci si è accorti che il costo dell’energia non accennava a stabilizzarsi, dopo la risalita rispetto ai valori del 2020, quando il gasolio era sceso sotto la soglia storica dei 50 centesimi.
Certo, non è facile aumentare i prezzi ai clienti, alla cui salute economica il contoterzista è legato a doppio filo, né si possono ignorare le difficoltà del settore, quando 9 contoterzisti su 10 conducono aziende agricole, in proprio o con varie forme di compartecipazione. Resta il fatto che se un trattore consuma 50 litri all’ora, e un litro di gasolio costa 70 centesimi in più, rispetto allo scorso anno, il costo orario aumenta di 35 euro secchi, senza considerare gli aumenti delle altre componenti del costo di esercizio. Il ricarico rispetto ai prezzi dello scorso anno varia in relazione al consumo unitario: le lavorazioni più “energivore” sono quelle che richiedono i maggiori adeguamenti, mentre i lavori leggeri – come la distribuzione di fertilizzanti e agrofarmaci – comportano aumenti meno accentuati.
Tutti gli aumenti in percentuale
La tab. 1 evidenzia gli aumenti in percentuale per le lavorazioni che coinvolgono i trattori, a partire dall’aggiornamento del prezzo “equo” applicato nel 2021, dal quale si è poi calcolata la percentuale di aumento, e non il contrario. Questo per chiarire che se i prezzi 2021 fossero stati inferiori al valore riportato, l’aumento in euro sarebbe ancora maggiore: se la ripuntatura su terreno sodo (valutata a 140 €/ha) fosse stata pagata solo 100 euro, i 28 euro dovuti al gasolio portano a un aumento percentuale del 28%, e non del 20%. Nella trattativa con il cliente è preferibile ragionare in termini di incremento del costo a ettaro, dovuto all’incremento del costo energetico, piuttosto che in semplice percentuale, che ci può aiutare unicamente a livello di analisi, a campagna finita. Come è avvenuto per i fertilizzanti, i cui costi di produzione sono fortemente dipendenti da quelli dell’energia, anche le parti di ricambio e le stesse materie prime hanno subito aumenti a due cifre che hanno spinto i listini verso l’alto.
https://contoterzista.edagricole.it/wp-content/uploads/sites/14/2022/07/trattore-del-futuro_tab1.pdf
Se fino a qualche anno fa – prima della pandemia – gli aggiornamenti erano di minima entità (da 1 a 2% in ragione d’anno) con lunghi periodi di prezzi costanti, già da quest’anno si sono visti ritocchi più significativi e c’è da attendersi che questa tendenza durerà ancora a lungo, anche per effetto delle difficoltà dei trasporti. Ricordiamoci che gran parte dei semilavorati e dei componenti proviene dall’Estremo oriente e importare questi è divenuto più difficile, tanto che prima della crisi russo-ucraina erano stati aperti corridoi terrestri che si avvalevano della ferrovia per superare le difficoltà del trasporto via mare. Per spiegarci meglio, oggi trasportare in Europa un container costa 12-15 mila euro, circa 50 centesimi per kg trasportato, oltre 5 volte di più di quanto costava alla fine dello scorso decennio., costo a cui va aggiunto quello della distribuzione finale.
L’energia impiegata nel processo produttivo
Il ragionamento ci serve per capire che è del tutto inutile prendersela con la catena di fornitura, che fa anch’essa il possibile: se i costi dei trasporti sono quintuplicati e se questi sono una delle voci più importanti del costo dei ricambi, non devono meravigliare certi prezzi. Più correttamente si potrebbe quindi aumentare il prezzo dei servizi svolti nel 2021 di una quota fra il 7-9%, per tenere conto degli aumenti subiti dalle macchine e dalle parti di ricambio, aggiungendo poi a tale valore l’incremento (in euro per ettaro) indicato nell’ultima colonna della tab. 1. Con tali adeguamenti si può ritenere di avere mantenuto in equilibrio i costi di esercizio, in un periodo in cui la dinamica dei prezzi di tutto ciò che si impiega in azienda tende al rialzo.
In generale si può affermare che il costo di un qualsiasi prodotto industriale, dal monopattino al trattore, è legato in modo diretto o indiretto all’energia impiegata nel processo produttivo.
È il principio, per esempio, che sta alla base delle obiezioni sul presunto impatto ambientale dei trattori ad alimentazione alternativa: se la versione a batterie costa il doppio di quella Diesel, significa che, ancora prima di entrare in servizio, è costata molto di più in termini energetici. Questo non significa rifiutare il progresso: ma prima di stabilire che fra 13 anni si produrranno solo veicoli elettrici, bisognerà trovare il modo di fornire a tutti i cittadini europei l’energia per ricaricare le batterie, senza discriminare chi non avrà denaro sufficiente a cambiare l’auto (o il trattore). In effetti, l’idea di stoccare l’energia prodotta dai pannelli solari “agricoli” nelle batterie dei trattori piuttosto che in costosi e inutili impianti fissi è tecnicamente corretta. Semmai può nascere qualche dubbio sulla sostenibilità economica, perché neppure quest’anno – con gli aumenti che ci sono stati sui costi di produzione – i cereali supereranno la media di 40 centesimi al chilo.
Elettrico sì, ma…
Come sarà il trattore del futuro? Diventa difficile pensare di passare subito all’elettrico con trattori che, per scaricare a terra la valanga di kW disponibile già a bassi regimi, devono portare con sé tonnellate di acciai speciali che, in configurazione elettrica, saranno in parte inutili. Può essere che una quota considerevole della massa sarà occupata dalle batterie, magari in forma di pacchi unificati e facilmente sostituibili, se non addirittura intercambiabili fra i vari mezzi. Con una serie di pacchi di batterie è possibile conservare l’energia prodotta nei momenti opportuni (solare, sul tetto del capannone, o mini-eolica) e utilizzarla al bisogno.
Viene però da chiedersi quale ruolo attribuire alle lavorazioni e ai relativi fabbisogni energetici: è probabile che qualche operazione colturale verrà abbandonata in favore di altre soluzioni a minore dispendio di energia, ovvero realizzabili con macchine autonome operanti 7/24. Uno scenario fantascientifico? Non precisamente, nel senso che per molti anni ancora le macchine di tipo convenzionale continueranno ad affiancarsi a quelle – peraltro – ancora da inventare. Se infatti il trattore elettrico è già una realtà, seppure estremamente circoscritta, la meccanizzazione idonea a sfruttare nel modo migliore la diversa erogazione della potenza è ancora in una fase poco più che sperimentale.
Nonostante il legislatore – nelle recenti modifiche al codice della strada – abbia dato la possibilità di classificare i trattori come mezzi “d’epoca” al compimento dei 40 anni, nelle nostre campagne ci sono ancora mezzi assai più datati, utilizzati e mantenuti in piena efficienza. La scadenza del 2035 votata dal parlamento europeo, che vieta di produrre autoveicoli con motore termico, sembra già un po’ troppo ottimistica, considerata l’età media del parco circolante italiano (e non solo: anche Spagna, Grecia ed Est Europa sono messi come noi). Figuriamoci poi sui trattori, per i quali le norme antinquinamento sono partite con oltre 10 anni di ritardo (2003) rispetto ai veicoli stradali: da allora è ipotizzabile che ce ne siano circa 600.000, su un parco nazionale di 1 milione e mezzo di macchine realmente utilizzate.
Quanti trattori servono realmente?
Per sostituire in regime di libero mercato i trattori di cui ha bisogno la nostra agricoltura ci vorranno ancora molti anni, e questo ci porta a una considerazione che nessuno risulta avere mai fatto: di quanti trattori abbiamo realmente bisogno? I risultati dell’ultimo censimento ci mostrano che l’agricoltura italiana si esercita su una superficie complessiva di 12,5 milioni di ettari, di cui 10 milioni legittimamente condotti in base ai titoli Pac. Quindi, con 25 ettari per macchina, potrebbero bastare solo 500.000 trattori, sicuramente molti di meno di quelli che oggi risultano in carico ad agricoltori e agromeccanici.
Tale numero può sorprendere, ma è in linea con il gasolio agricolo consumato in un anno in Italia: su un totale di circa 2 miliardi di litri assegnati dal Ministero delle Finanze, non più di 1,5 miliardi sono destinati ad azionare motori, mentre il resto viene impiegato riscaldare serre e tunnel. Per calcolare il consumo medio per ettaro dobbiamo prendere quelli validati dalla Pac, dato che il prodotto agevolato può essere impiegato solo su terreni legittimamente condotti: bene, dividendo 1.500 milioni di litri per 10 milioni di ettari otteniamo un valore di 150 litri per ettaro. Ammettiamo pure che un 20% di gasolio sia destinato a macchine non classificate come trattori (mietitrebbie, trince, irroratrici, motopompe, piccole macchine ecc.): 120 litri per 25 ettari portano a un consumo annuo di 3.000 litri per trattore, corrispondenti ad appena 250 ore di lavoro. Pare infatti che la potenza media dei trattori oggi venduti sia a ridosso dei 100 cavalli e, considerata l’efficienza dei moderni motori a gestione elettronica, è plausibile un consumo medio di 12 litri/ora.
Proseguendo il ragionamento, i 500.000 trattori “indispensabili” sono destinati a lavorare da 250 a 300 ore all’anno (considerando anche i lavori leggeri), a fronte di una durata massima che non sarà mai inferiore a 10-12.000 ore, corrispondenti ad almeno 40 anni di onesto lavoro. Se ripartiamo dall’inizio, però, il fatto che il parco macchine nazionale è tre volte maggiore di quello “indispensabile” ci spinge a pensare che la sua completa sostituzione sia una pericolosa illusione perché destinata a ricadere sulle spalle degli agricoltori e degli agromeccanici italiani. La “media del pollo” che abbiamo calcolato non tiene conto del fatto che oltre due terzi della Sau nazionale viene lavorata dalle imprese agromeccaniche, per le quali 250 ore di impiego sono meno della metà del minimo sostenibile. Se poi saliamo la scala delle potenze, i grandi trattori da 300-400 cavalli devono essere impiegati almeno 1.000-1.500 ore all’anno se vogliono essere ammortizzati in tempi ragionevoli.
Per semplificare un calcolo che ricorda molto da vicino il paradosso matematico di Achille e della tartaruga, limitiamoci a considerare che la superficie agricola nazionale sia lavorata per metà dagli agricoltori e per l’altra metà dai contoterzisti. I 75.000 trattori attualmente gestiti dal contoterzismo, su una superficie totale di 6 milioni di ettari, hanno a disposizione circa 80 ettari a testa, corrispondenti a circa 9.600 litri di gasolio: alla media di 12 litri/ora, la prospettiva di lavoro è di circa 800 ore. Sui restanti 6,5 milioni di ettari, gli altri 425.000 trattori hanno a disposizione poco più di 15 ettari, che corrispondono a 1.900 litri di gasolio: applicando lo stesso parametro di consumo, le ore annue di impiego della macchina si riducono a circa 160. In realtà, poiché anche la potenza dei trattori segue la media aritmetica, dovremmo considerare un valore differenziato fra contoterzisti e agricoltori, più elevato per i primi e inferiore per i secondi. Le statistiche disponibili non lo dicono, ma è ipotizzabile che la potenza media sia sui 130 cavalli per il terzista e sugli 80-90 per l’agricoltore: è una stima plausibile, che tiene conto della ripartizione del mercato (il 30% viene acquistato dagli agromeccanici e il 70% dagli agricoltori).
Integrazione con le tecniche agronomiche e le attrezzature
In ogni caso, con gli attuali volumi di vendite, ci vorranno più di 25 anni per arrivare alla completa sostituzione del parco macchine strettamente necessario, un dato che peraltro concorda con il valore del Pil agricolo: con 15 ettari il fatturato non consente certo di sostituire il trattore. Le considerazioni fatte riguardano trattrici di tipo convenzionale, con costi di acquisto dell’ordine di 700-800 euro per ogni cavallo di potenza; i valori riscontrabili sul mercato delle trattrici elettriche non sono troppo distanti, per la sola potenza, ma si allontanano se si cerca la stessa autonomia. É probabile, come detto in precedenza, che questo problema possa essere risolto sul piano tecnico (con i pacchi batterie intercambiabili), ma le differenze sul piano economico restano assai gravi.
Di sicuro dovremo affrontare una sfida a 360°, in cui il trattore – inteso sempre più come centrale mobile di potenza – dovrà essere integrato con le tecniche agronomiche e, in relazione a queste, con le attrezzature necessarie. Spariranno le situazioni assurde degli agricoltori che acquistano il trattore ad alta tecnologia per abbinarlo ad attrezzature d’epoca: a che serve insistere su lavorazioni al terreno da 200 litri/ha, dopo avere acquistato un trattore a controllo integrato motore-trasmissione? Magari si sarà riusciti a risparmiare 30 litri per effetto della maggiore efficienza meccanica, ma non è tollerabile spendere 300 €/ha di solo gasolio dopo averne investiti altri 100.000 per un trattore che verrà impiegato come 50 anni fa, e magari con gli stessi macchinari.
Il trattore è un formidabile veicolo di tecnologia e di innovazione ma, oltre a trainare l’attrezzatura, deve trainare lo sviluppo dell’azienda: le macchine dotate di sistemi di georeferenziazione devono essere collegate alle attrezzature non solo in senso fisico, ma anche in senso logico. Solo così potremo sfruttare appieno gli strumenti tecnici di cui è dotata la trattrice, strumenti che sono stati pagati anche se non presenti, perché la macchina è stata concepita in funzione di essi.