Le novità del decreto Sostegni bis

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Tutte le nuove misure varate dal Governo con i benefici suddivisi per settore

Mentre prosegue a ritmo serrato la campagna di vaccinazione e l’indice Rt non preoccupa più, si fa l’ennesimo appello di coloro che hanno subito danni, con qualche incongruenza; settore danneggiati nel loro complesso, all’interno dei quali qualcuno ha avuto danni assai più limitati se non nulli.

Tale andamento rientra nella variabilità statistica e se ne videro i primi effetti già lo scorso anno, quando il confronto limitato ad un solo mese fece passare per “danneggiato da Covid” anche chi aveva semplicemente venduto i prodotti agricoli con un mese di ritardo rispetto al 2019.

Con il progredire della pandemia i criteri di valutazione sono stati rivisti, anche perché l’attuale situazione ha raggiunto – purtroppo – una propria storicità: fra le attività a contatto con il pubblico (e in primo luogo la ristorazione) il protrarsi delle chiusure ha gettato molti operatori sul lastrico.

Con il decreto “Sostegni bis”, in vigore dal 25 maggio, sono state varate nuove misure destinate ad affiancare e talvolta a sostituire quelle precedenti; per facilitarne la lettura si ritiene opportuno dividere i benefici per settore, raccomandando di farsi assistere dall’Associazione o dal consulente.

“A” come agricoltura

Rispolverando il titolo della più famosa trasmissione televisiva che si sia mai occupata del settore primario, il più importante provvedimento innalza le percentuali di compensazione Iva per gli allevamenti bovini e suini, quelli che più hanno risentito degli effetti indotti dalla pandemia.

A parte l’onda lunga della diminuzione dei consumi, in questi mesi l’incremento dei prezzi dei cereali e delle farine proteiche (soprattutto di soia) sta mettendo in ginocchio gli allevatori, che vedono calare i ricavi e crescere i costi.

Dopo l’intervento del 2 febbraio scorso, che aveva portato le percentuali al 7,95% per i suini e al 7,65% per i bovini, ora dette percentuali sono state portate al 9,5%: in pratica l’allevatore vende i capi con IVA al 10% e ne versa solo lo 0,5%, a compensazione dei maggiori costi sostenuti.

Il Decreto legge prevede un’indennità, erogabile una volta sola, per gli operai agricoli a tempo determinato (Otd) che nel corso dell’anno 2020 hanno svolto almeno 50 giornate di lavoro.

La norma, fortemente sostenuta dai sindacati dei lavoratori dell’agricoltura, sana le carenze del decreto del 2 febbraio e fissa l’indennità in 800 euro. I lavoratori, alla data di presentazione della domanda, non devono essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (non intermittente) e non devono essere titolari di pensione. I modelli per la richiesta, appena saranno disponibili, devono essere presentati all’Inps entro la fine del mese di giugno.

Aerial view of agricultural fields

Per le aziende dei settori agrituristico e vitivinicolo, compresa la produzione di vino e birra, è stato riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per la quota a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi Inail, dovuti per il mese di febbraio 2021. Il beneficio, al netto di eventuali altre agevolazioni, è riconosciuto nei limiti dei contributi dovuti; lo stesso beneficio è riconosciuto agli iscritti alla contribuzione agricola, come coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, sempre per la quota relativa al mese di febbraio. Poiché tali contributi si versano in rate trimestrali, la relativa quota viene calcolata con riferimento ai 28 giorni del mese di febbraio, in diminuzione rispetto alla quota di contributi Inps dovuti per il 1° trimestre; sono esclusi le quote di competenza Inail, che hanno invece natura assicurativa.

È stata invece cancellata su istanza della Ragioneria generale dello Stato la possibile cedibilità dei crediti d’imposta sugli acquisti di beni strumentali nuovi e di macchine e tecnologie 4.0, promessa in un primo tempo e data per certa fino all’emanazione del decreto-legge. Ufficialmente la proposta è saltata per mancanza di copertura fiscale, ma sembra che i motivi siano legati anche all’entità dei benefici fiscali goduti dalle aziende agricole italiane, maggiore di quella in vigore negli altri stati membri dell’Unione europea.

Crediti e compensazioni

Restando nell’ambito dei crediti d’imposta è stato nuovamente riproposto quello per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione individuale (Dpi), già visto lo scorso anno. Il nuovo credito si origina applicando agli acquisti di beni e servizi effettuati nei mesi di giugno, luglio e agosto la percentuale del 30%; il credito d’imposta così determinato (nel limite massimo di 60.000 euro) potrà essere utilizzato in compensazione nella dichiarazione dei redditi conseguiti nel 2021, da presentare nel 2022. Il decreto ripropone l’Ace, il beneficio fiscale conseguente all’incremento patrimoniale dell’impresa in forma “rafforzata” nel senso che la percentuale passa al 15% della variazione in aumento del capitale proprio avvenuta nel 2021, rispetto al 2020. Tale aliquota è riconosciuta per le variazioni in aumento fino ad un importo massimo di 5 milioni di euro, indipendentemente dall’importo del patrimonio netto risultante in bilancio; l’incentivo può essere goduto anticipatamente, sotto forma di credito di imposta.

Per le imprese in difficoltà finanziarie che nel corso dell’anno 2021 abbiano fatto ricorso alla cessione di crediti, vantati nei confronti di clienti inadempienti, è possibile trasformare in credito d’imposta (da compensare) le imposte anticipate correlate alle perdite fiscali. Per chi ha chiesto la sospensione del pagamento dei carichi affidati all’agenzia della riscossione, questa è prorogata fino al 30 giugno; i versamenti sospesi devono essere effettuati in unica soluzione entro il mese successivo a tale termine.

Contributi a fondo perduto

Il Decreto legge in vigore dal 26 maggio prevede tre diverse ipotesi di contributo a fondo perduto, due dei quali sono fra loro alternativi; come anticipato all’inizio, ora il periodo di riferimento per la valutazione del calo di fatturato è l’anno, e questo dovrebbe limitare i benefici alle sole imprese che sono state realmente danneggiate dall’emergenza da Covid-19. I provvedimenti alternativi sono il contributo automatico, che viene riconosciuto (senza necessità di una nuova richiesta) a chi aveva presentato la domanda per i benefici previsti dal Decreto Sostegni iniziale; l’importo automaticamente riconosciuto è pari al 100% di quello già ottenuto. Il contributo è erogato direttamente sullo stesso conto corrente su cui era stato accreditato quello precedente; se invece il contribuente aveva scelto inizialmente la forma del credito d’imposta, il nuovo sarà riconosciuto nella stessa forma. In alternativa può essere richiesto un nuovo contributo a fondo perduto: questo significa che chi aveva richiesto il sostegno di cui al d.l. 41/2021 e possiede i requisiti per la seconda versione, se gli conviene, può richiedere l’eventuale maggior valore calcolato secondo i nuovi criteri. Le somme già ricevute, o già riconosciute a titolo di credito d’imposta, sono detratte dal contributo totale spettante.

Il nuovo sistema non distingue la natura dei redditi, che possono essere d’impresa, arte o professione, così come essere redditi agrari: ciò che conta è che siano correlati all’esercizio di un’attività lavorativa. Il contribuente deve essere residente o stabilito in Italia e avere una partita Iva attiva alla data di entrata in vigore del Decreto legge, e cioè al 26 maggio; i ricavi o compensi non possono essere superiori a 10 milioni. A differenza del precedente beneficio, che considerava il fatturato medio mensile degli anni solari 2019 e 2020, nella nuova versione il confronto si fa sui 12 mesi compresi fra il 1° aprile e il 31 marzo dell’anno successivo, tenendo conto del periodo più interessato dagli effetti della pandemia. Se il fatturato medio mensile del periodo 01/04/20-31/03/21 fosse inferiore di almeno il 30%, rispetto a quello del periodo 01/04/19-31/03/20, si rientra nella condizione di ammissibilità. In tal caso si applica alla riduzione di fatturato una percentuale, decrescente in relazione al volume dei ricavi compensi dell’anno; la percentuale è differenziata a seconda che il contribuente abbia già goduto del beneficio previsto dal precedente decreto, oppure no.

Nel primo caso le percentuali sono le seguenti:

  • 60% con ricavi o compensi fino a 100.000 euro;
  • 50% con ricavi o compensi da 100.000 a 400.000 euro;
  • 40% con ricavi o compensi da 400.000 euro ad un milione;
  • 30% con ricavi o compensi da 1 a 5 milioni;
  • 20% con ricavi o compensi da 5 a 10 milioni.

Per i contribuenti che non hanno ottenuto il beneficio previsto dal precedente decreto, il contributo si calcola applicando alla riduzione di fatturato le seguenti percentuali:

  • 90% con ricavi o compensi fino a 100.000 euro;
  • 70% con ricavi o compensi da 100.000 a 400.000 euro;
  • 50% con ricavi o compensi da 400.000 euro ad un milione;
  • 40% con ricavi o compensi da 1 a 5 milioni;
  • 30% con ricavi o compensi da 5 a 10 milioni.

In ogni caso il contributo non può superare la somma di 150.000 euro: per esempio un’impresa che ha avuto ricavi per 960.000 euro nel periodo 01/04/19-31/03/20 (media 80.000) e che nei dodici mesi successivi ha fatturato solo 630.000 (media 52.500 euro al mese), non avrà diritto al 50% della quota perduta (165.000) ma solo al massimo di 150.000 euro. Allo stato attuale l’unico adempimento richiesto consiste nella presentazione di un’apposita istanza, nel termine di 60 giorni dall’attivazione della procedura informatica sul portale ministeriale; l’azienda deve essere in regola con gli adempimenti Iva; in alternativa è possibile chiedere di usufruire del contributo sotto forma di credito d’imposta da utilizzare poi in compensazione.

Un terzo tipo di contributo, peraltro compatibile con i due precedenti, viene erogato a chi ha subito un netto peggioramento del risultato di esercizio (reddito o perdita) nel periodo d’imposta 2020, rispetto all’anno 2019, superiore al limite fissato da un apposito decreto di prossima emanazione.

Il decreto ministeriale dovrà fissare anche la percentuale di contributo attribuita, che tuttavia terrà conto di altri contributi già percepiti in relazione all’emergenza Covid. Sono ammessi al beneficio – anche in questo caso limitato a 150.000 euro – solo i contribuenti con fatturato inferiore a 10 milioni e che abbiano la partita IVA attiva alla data del 26 maggio, di entrata in vigore del decreto Sostegni bis. Gli adempimenti documentali consistono nella presentazione dell’apposita domanda e nell’impegno a presentare la dichiarazione dei redditi relativi all’anno 2020 entro la data del 30 settembre 2021, quindi con due mesi di anticipo rispetto all’attuale scadenza del 30 novembre.

Anche su questa misura pesa l’obbligo di autorizzazione da parte della Commissione Europea, che dovrà verificare se si tratta di un ristoro direttamente connesso all’emergenza sanitaria e non di un aiuto di Stato, potenzialmente capace di falsare la libera concorrenza.

Le novità del decreto Sostegni bis - Ultima modifica: 2021-06-14T14:49:57+02:00 da Roberta Ponci

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