Sette mietitrebbie, sei trince, una trentina di trattori. Già basta – ma se volete un elenco più dettagliato guardate sotto – a far capire che siamo a casa di un contoterzista di primo livello. In effetti ci troviamo a Morengo, zona Caravaggio, dove ha sede l’Agromeccanica Rocchi Srl, una delle più grandi realtà d’Italia. Ad amministrarla, la famiglia Rocchi, con Rosangela Cecchinato, moglie del fondatore, nel ruolo di direttore generale. Lui, Cesarino Rocchi, è comunque ancora in attività: «Diciamo che arrivato a una certa età ho preferito ritirarmi dal contoterzismo e occuparmi a tempo pieno della nostra azienda agricola. Ho lasciato tutto alla moglie e ai figli. Specialmente alla moglie, visto che i figli sono ancora giovani».
Una donna al timone
Sono tante le ditte agromeccaniche intestate a donne, poche quelle in cui queste ultime hanno effettivamente voce in capitolo. L’Agromeccanica Rocchi stravolge i luoghi comuni, perché qui a dire l’ultima parola, ascoltatissima anche dall’ultimo dei dipendenti – è Rosangela. «Diciamo che io ho il ruolo dell’allenatore e quindi cerco di indirizzare e organizzare la squadra. Tuttavia potrei fare poco senza i miei dipendenti. Che, con il tempo, sono diventati quasi parte della famiglia.
Ci abbiamo messo parecchio a selezionare una bella squadra, ma ormai direi che ci siamo. Quindici dipendenti fissi, oltre a noi della famiglia, e una ventina di stagionali. Tutti con un’età media tra i 20 e i 35 anni. I quarantenni sono pochi, per precisa scelta: i giovani sono più aperti alle novità, più pronti a sperimentare e con meno preconcetti».
Ai dipendenti esterni si aggiungono i figli di Cesarino, Marco e Luca Rocchi, ancora studente, e poi i nipoti Giuseppe, Angelo e Roberto, nella doppia veste di dipendenti e soci. Naturalmente c’è ancora spazio anche per Cesarino, che resta amministratore della società. «Come ho detto – ribadisce Rosangela – siamo una bella squadra. Perché da sola posso fare tutta la programmazione che voglio, ma poi sono i ragazzi che si trovano a contatto con i clienti e quindi sono loro che ci rappresentano. Lo fanno in modo egregio, lavorando con coscienza e scrupolo».
Dire cosa fa l’Agromeccanica Rocchi non è questione da poco. Si fa prima a dire cosa non fa: niente movimento terra, per cominciare, se non con le classiche livelle e scraper. Inoltre, l’attività municipale è abbastanza secondaria, se consideriamo il resto. In ogni caso, sotto i capannoni di Morengo troviamo venti trattori attrezzati con lama da neve, durante i mesi invernali. Per il resto, non c’è attività che i Rocchi non abbiano esplorato. Aratura, preparazione del terreno, trattamenti, distribuzione di reflui. Semina tradizionale o in minima lavorazione e poi raccolta, tanta raccolta. Settemila ettari nel 2017, tra trinciatura e trebbiatura. Una vastità. «La raccolta è in effetti l’attività principale della nostra azienda. È così da sempre, fin da quando mio marito la fondò, nel 1975, acquistando la prima trincia, una trainata». Le semoventi, ricorda lui, arrivarono negli anni Ottanta. Dapprima New Holland, poi Claas, a partire dal 1994.
«Fare raccolta ad alto livello, per noi, significa due cose: qualità e affidabilità. Per quanto riguarda quest’ultima, diciamo che il nostro primo obiettivo è assicurare il servizio al cliente, sempre e comunque. Avendo tante macchine, se se ne rompe una, siamo in grado di rimpiazzarla rapidamente con la prima che si libera. Chi si affida a noi ha la certezza che non soltanto il prodotto sarà raccolto, ma lo sarà nei tempi stabiliti. «In alcune zone, vedi il Cremasco, sono molto attenti alla qualità e per avere un servizio di un certo tipo sono disposti a pagare anche un po’ di più della media. Per quella che è la nostra filosofia di lavoro, ci troviamo molto bene con questa impostazione. Nella zona di Bergamo, al contrario, si bada più al prezzo, anche per questioni di forte concorrenza».
La fiducia dei clienti, continua l’imprenditrice, è evidente anche nella libertà che lasciano ai Rocchi in materia di raccolta. «Per esempio, si affidano al nostro giudizio per il momento migliore in cui trinciare, la lunghezza di taglio e così via. Alcuni ci lasciano del tutto carta bianca, altri ci mettono direttamente in contatto con l’alimentarista, il quale ci spiega che tipo di prodotto vuole fare e lascia a noi l’incombenza di come farlo. Questo – continua Rosangela – è utile per la nostra organizzazione interna e anche gratificante, perché il trinciato è un prodotto che si usa tutti i giorni e per un anno determina la resa di latte. Se si fidano di noi è perché sanno che mettiamo attenzione nelle cose. Del resto, lo dimostriamo nelle situazioni complesse, come quando si deve raccogliere del mais difficile o grandinato. In quel caso stiamo attenti a scegliere il momento migliore per fare il più bel trinciato possibile».
A servizio degli allevatori
Chi fa trinciato, oggi, lavora in parte – e spesso in gran parte – per gli impianti di biogas. Non i Rocchi, però. «Serviamo pochissimi impianti. La gran parte dell’attività, per le nostre sei trince, è a servizio delle stalle. Questo sia per una questione di prezzi, sia per la ricerca della qualità di cui parlavo prima. Chi fa biogas guarda quasi esclusivamente al prezzo, non si interessa di cosa porta a casa. Un atteggiamento che si concilia poco con la linea che abbiamo scelto per la nostra azienda».
La ricerca della qualità, continua Rosangela, si esprime anche nelle macchine, che devono essere sempre all’avanguardia, e nella sperimentazione di nuove strade. «Siamo stati tra i primi a provare lo Shredlage in Italia e fino allo scorso anno avevamo due rompigranella di questo tipo, ma con questa campagna passeremo a quattro. È una tecnica che agli allevatori interessa moltissimo, la stanno chiedendo un po’ tutti, perché vedono che le vacche mangiano di più e la produzione aumenta». Accanto al sistema di taglio lungo con sfilacciamento portato in Europa da Claas, i Rocchi hanno ovviamente il meglio in materia di guida satellitare, mappatura delle rese e controllo della produzione e dell’umidità.
La qualità si manifesta infine anche nella trebbiatura. «Lavoriamo molto con i mulini, soprattutto per il grano. Quando si fanno superfici importanti, la prima richiesta che arriva è quella di un prodotto pulito e soprattutto integro. Ormai più di uno stoccatore chiede che mietitrebbia usi, perché tutti vogliono le assiali. L’attenzione al prodotto finale, un tempo esclusiva degli agricoltori e della trinciatura, si sta rapidamente estendendo alle trebbie.
Noi, per esempio, ne abbiamo due con cingolatura Terra Trac, per ridurre il compattamento laddove facciamo minima lavorazione. Sulle stesse macchine abbiamo anche gli spargipula ad ampio raggio, in modo da evitare accumuli di residui che darebbero problemi con una preparazione sommaria del letto di semina». Le lavorazioni alternative, tuttavia, non sono al primo posto nelle preferenze dei Rocchi. «Facciamo una discreta superficie, ma a nostro avviso non è possibile fare sempre minima lavorazione, soprattutto se si entra in campo con macchine da 200 quintali per la raccolta o la distribuzione dei liquami. La minima lavorazione è una filosofia di lavoro, richiede che in tutte le fasi si presti molta attenzione al compattamento del terreno».
Sinergia con Claas
Sette mietitrebbie e sei trince: è chiaro che il rapporto con Claas è di quelli solidi. E consolidato ancor più lo scorso anno, quando i Rocchi hanno fatto uno di quegli acquisti che fanno clamore: una Jaguar e cinque trattori, di cui tre Axion 830 C-Matic, ovvero con cambio a variazione continua. «Che dire, in Claas abbiamo trovato interlocutori affidabili e con i nostri stessi obiettivi.
Siamo stati anche premiati, nel 2013, come prima azienda partner, un riconoscimento lusinghiero. Inoltre l’estate scorsa siamo stati protagonisti di un video dedicato alla nostra azienda e diffuso in tutta Europa. Una cosa che, ovviamente, ci ha fatto molto piacere».
PARCO MACCHINE STERMINATO
Sette Claas Lexion, di cui due Terratrac. Quattro Jaguar 960, una 970, una 980 con barra a 12 file. È il parco macchine per la raccolta dell’Agromeccanica Rocchi. A esso si aggiungono i due trampoli Grim, le seminatrici per minima lavorazione e sodo, i sette spandiletame, i 15 dumper e i tre carri-botte per liquami, le livelle e le lame da neve, senza contare tutto il resto.
A trainare tutto questo ferro ci sono dodici trattori Claas, cinque dei quali acquistati lo scorso anno, e poi sei Same, cinque Fendt e tre Deutz-Fahr, a completare uno dei parchi-macchine più vasto e aggiornato che abbiamo mai incontrato.