«Dove vuole andare la filiera agricola? Di quali tecnologie ha bisogno? Come intende declinare la sostenibilità? Se vogliamo migliorare la competitività delle imprese agricole, migliorare il reddito delle aziende, offrire la tracciabilità e quelle garanzie che il consumatore richiede, è necessario che le imprese agricole e agromeccaniche condividano un percorso e che il contoterzismo, comparto in crescita all’interno del settore primario, trovi quello spazio che merita anche all’interno dell’agenda politica nazionale ed europea».
Con queste parole Gianni Dalla Bernardina, presidente della Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani, sindacato che associa 18mila imprese agromeccaniche, che lavorano più di 6,5 milioni di ettari in Italia e si occupano delle operazioni di raccolta dal campo dell’80% delle colture Made in Italy, ha invitato le istituzioni e i rappresentanti del mondo agricolo presenti alla prima assemblea di Cai – che si è svolta nei giorni scorsi a Villa Maschio, sede di rappresentanza della multinazionale della meccanica agricola Maschio Gaspardo – a condividere un percorso di crescita culturale, prima ancora che economica o ambientale.
Nel rispetto della centralità della produzione primaria, «l’impresa agromeccanica non è esterna al processo produttivo, ma deve esserne considerata come parte integrante – ha proseguito il presidente di Cai -. Vogliamo solo, in questo contesto, pari dignità rispetto all’agricoltore; vogliamo essere considerati, noi stessi, come agricoltori; siamo disposti ad accettare qualche diversità sul piano normativo, ma siamo e vogliamo essere compresi nella nozione di agricoltore». Serve, inoltre, per Dalla Bernardina, «una visione strategica comune per un’agricoltura proiettata al 2050, dove la figura dell’agromeccanico professionale non sia al di fuori dell’agricoltura, ma ne faccia parte anche a livello normativo».
«Lavoreremo per farvi entrare a pieno titolo in agricoltura – ha assicurato Albano Agabiti di Coldiretti - magari con formule di atterraggio diverso, ma crediamo che la strada sia quella. Non si capisce perché ci rientra nella filiera l’agroiundustria e non gli agromeccanici». Temi che, secondo il sindacato degli agromeccanici, in rappresentanza di un settore che sviluppa un giro d’affari pari a 3,7 miliardi di euro, secondo le elaborazioni del Crea-Mipaaf, devono essere affrontati non soltanto in Italia, ma anche a livello comunitario, a partire dalla prossima riforma della Politica agricola comune, il cui dibattito è già iniziato e sul quale il Ceettar (i contoterzisti europei, che hanno tenuto il congresso annuale il giorno prima alla Maschio Gaspardo) elaborerà un documento ufficiale.
Certo il taglio dei fondi comunitari, anche per effetto della Brexit, è quasi scontato. «La proposta avanzata dalla Commissione potrebbe valere, a conti fatti, un taglio del 15% rispetto al budget previsto per il periodo 2014-2020 – ha ipotizzato Angelo Frascarelli, docente di Economia e Politica agraria all’Università di Perugia -. Forse potremmo contenere la riduzione, ma non è una questione di risorse, tenuto conto che alcune regioni italiane hanno difficoltà ad allocarle tutte. Inoltre, la Pac incide per il 28% del reddito nelle aziende agricole italiane, in Francia per il 40%, in Germania per il 42%, in Slovacchia per il 91 per cento. I tagli della Pac impensieriscono più altre agricolture».
Il contoterzismo agricolo sarà comunque un anello fondamentale per l’agricoltura “smart”, che innova e che investe in tecnologia, ottenendo magari contributi pubblici operando in rete all’interno di filiere strutturate. Una posizione condivisa anche dall’assessore all’Agricoltura del Veneto, Giuseppe Pan.
«Parte delle risorse del Psr potrebbe essere adoperata per voi agromeccanici, perché siete quelli che innovano di più dal punto di vista della meccanizzazione e la misura 16, dedicata alla cooperazione e alle filiere, è una via molto intelligente per innovare», ha affermato Pan, che insieme al ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio si adopererà per evitare tagli alla Pac. «Il sistema veneto funziona bene – ha spiegato – e non accetteremo nessuna forma di centralizzazione dei Programmi di sviluppo rurale. Qualora vi fosse una spinta a centralizzare, faremmo le barricate».