Confermando tutte le previsioni, le operazioni di verifica funzionale sulle irroratrici sono ancora assai lontane dall’essere completate, se non per una ristretta cerchia di operatori.
In testa alla classifica, ovviamente, le imprese agromeccaniche, se non altro perché tenute a eseguire il primo controllo entro il 26 novembre 2014; molto più indietro sono le imprese agricole, per una serie di motivi che può essere interessante esaminare. In primo luogo i numeri in gioco: la direttiva è stata recepita con tre anni di ritardo, lasciando poco tempo a disposizione per organizzare la rete dei centri e dei tecnici autorizzati, oltre che per informare una platea di utenti superiore a mezzo milione di persone. Sulla scarsa e intempestiva informazione data agli agricoltori ha inciso pesantemente la discutibile posizione di molti funzionari dei sindacati agricoli, che si sono sbilanciati a promettere una proroga giuridicamente insostenibile, che per l’appunto non ha potuto essere concessa.
Chi ha sostenuto, talvolta con animosità, che questi obblighi “danneggiano gli agricoltori”, farebbe meglio a riflettere: l’Italia è il Paese della qualità alimentare, una qualità che si difende anche con la certificazione del processo produttivo, e non solo con l’origine. Certo, il legame con il territorio è importante, ma siamo stati proprio noi a rovinarci l’immagine per un’eccessiva tolleranza verso la coltivazione di terreni potenzialmente inquinati da attività industriali: un’immagine che dobbiamo restaurare ad ogni costo. Con l’applicazione puntuale del Piano d’azione nazionale sull’uso sostenibile degli agrofarmaci (Pan), possiamo mettere a tacere chi sostiene che in Italia si produce senza la dovuta attenzione alla salute dei consumatori, come invece avviene in altre parti del mondo. Già da anni gli agricoltori italiani sono molto attenti a come producono: devono solo approfittare maggiormente degli strumenti giuridici esistenti, capaci di dare garanzie certe ai consumatori, senza obbligarli a ricorrere a costose procedure di certificazione.
Riandando alla situazione iniziale, dobbiamo dire che le strutture, oggi ci sono in tutto il Paese: anche le Regioni che a fine 2014 erano rimaste un po’ indietro hanno recuperato il tempo perduto. A questo proposito si è ritenuto opportuno pubblicare, nella forma più sintetica possibile, l’elenco aggiornato a fine 2016 dei centri di prova autorizzati, ricavato dai dati raccolti da Enama e dal Disafa dell’Università di Torino (vedi tabella a seguire).
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