Seminatrici, quando la produttività è un fattore limitante

La semina presenta una grave criticità legata alle finestre temporali, consigliando di optare per macchine sempre più grandi e produttive (foto Kverneland)
A volte scegliendo modelli troppo performanti si rischia di scendere sotto la soglia di redditività

Per quanto sia ancora diffusa la considerazione che i beni strumentali, dal terreno alle macchine, non siano soggetti a un deperimento tale da determinarne la sostituzione – il terreno è per natura non ammortizzabile – per le macchine il discorso è un po’ diverso. L’imprenditore più attento sa bene che prima o poi le macchine raggiungono un tale livello di usura da renderne più conveniente la sostituzione: oltre al costo, lo stillicidio di guasti e fermi macchina si riflette sulla produttività e sulla tempestività.

Per chi lavora per conto terzi, le conseguenze sono ancora più serie, perché ne va della credibilità di fronte al cliente: dover dire di no per colpa di un guasto crea forti tensioni nel rapporto con il cliente che non sempre è possibile recuperare, specialmente se esistono alternative. Non a caso quando si imposta il parco macchine si cerca sempre di prevedere una sostituzione, magari solo sul piano funzionale, per tenere conto di possibili emergenze. Resta il fatto che tutte le macchine, a partire da quelle tenute di riserva, soffrono di un problema comune: i costi si possono ammortizzare nel tempo solo se vengono ripartiti su tempi di lavoro più lunghi o su un ventaglio più ampio di possibilità di lavoro.

Lo squilibrio fra durata tecnica e durata economica espone al rischio di non completare neppure l’ammortamento quando la macchina diventa antiquata o non idonea a un nuovo ordinamento dell’azienda (foto Damax)

Ettari lavorati o base oraria?

Per l’azienda agricola è più conveniente prendere in considerazione gli ettari lavorati, così da ripartire il costo annuale sull’ettaro o, sommandoli, sulla superficie investita a una certa coltura: solo così si potrà calcolare il costo di produzione e verificare se la coltura è redditizia. In proposito è bene aprire una parentesi sull’intervallo temporale su cui fare i conti: la variabilità del clima e dei mercati consiglia di prendere in esame più anni, da 3 a 5 per le erbacee e l’intero ciclo per vite e fruttiferi, in modo da assorbire eventuali annate anomale.

Per un agromeccanico, che deve farsi pagare per il servizio svolto, la formula più precisa è quella su base oraria, perché considera l’unità minima di lavoro che deve essere retribuita: i dipendenti si pagano a ore, le macchine si usurano a ore, i consumi si calcolano a ore. Una volta definito il costo orario (eventualmente minimo e massimo), è possibile moltiplicarlo per la resa in ettari e calcolare il costo a superficie, che può variare in relazione a molteplici fattori. Il contaettari di una seminatrice da sodo può mostrare valori di 4-5 ha/h in lavoro, ma se andiamo a considerare i tempi morti per tarature, carico seme, svolta, superamento di ostacoli e passate in testata, la media oraria può dimezzarsi e il costo per ettaro variare in proporzione inversa.

La semina presenta inoltre un’altra grave criticità legata alle finestre temporali, che si collocano nei mesi – primavera e autunno – in cui si registrano i periodi piovosi più lunghi e intensi, consigliando di optare per macchine sempre più grandi e produttive.

L’effetto prodotto dalla sostituzione di una macchina a produttività relativamente bassa con una capace di lavorare una superficie doppia o quasi, pone il problema dell’insufficiente livello di utilizzo nell’anno (foto Maag

Progressivo allargamento dell’ampiezza di lavoro

I fattori elencati portano verso un progressivo allargamento dell’ampiezza di lavoro, che vede regredire le seminatrici a corpo rigido (le più semplici ed economiche) rispetto a quelle a corpi articolati, assai più complesse e costose. La sostituzione di una seminatrice da sodo da 3 metri con una da 6 metri non richiede soltanto una trattrice più potente, ma riduce il tempo di impiego annuo: il costo orario, più elevato per il maggior costo del cantiere, subirà un ulteriore incremento per effetto delle minori ore lavorate. Se non si ampliano le possibilità di lavoro, si rischia di scendere sotto la soglia di redditività, perché l’aumentata produttività compensa sì il maggior costo orario, ma le ore su cui ripartire i costi fissi (ammortamento e interessi) si dimezzano.

Altre precauzioni riguardano la sostituzione del cantiere convenzionale (lavorazione principale, affinamento e semina) con quello di tipo combinato, in cui con un’unica passata si prepara e si spiana il terreno e lo si semina. La “combinata” fa risparmiare l’agricoltore perché sostituisce tre distinte lavorazioni, impiega un solo trattore invece di due (uno per il lavoro pesante e uno, più leggero, per erpicatura e semina); l’agromeccanico deve acquistare il nuovo cantiere, ma spesso senza potersi disfare di quelli vecchi. Per entrambi i tempi di esecuzione si accorciano, passando dal sodo al seminato in unica passata e riducendo il rischio climatico, anche se la velocità di esecuzione della sola semina – a parità di larghezza di lavoro – è decisamente inferiore.

Il maggiore vantaggio della semina combinata risiede nell’uniformità nella preparazione del letto di semina, che migliora l’emergenza; quando i semi germinano in contemporanea si ha uno sviluppo più equilibrato, oltre al maggior effetto competitivo nei confronti delle infestanti. Se le emergenze irregolari sono diffuse si possono favorire infestazioni di malerbe molto intense – come è accaduto proprio quest’anno in varie regioni del Nord – che in qualche caso hanno impedito la raccolta su vaste aree dei campi. Il diserbo meccanico si fonda sulla diversa resistenza delle piante – coltivate e spontanee – al contatto degli organi lavoranti: le fallanze possono favorire lo sviluppo della vegetazione spontanea, rendendola meno sensibile al passaggio della sarchiatrice. In tal caso anche il diserbo chimico può avere un’efficacia limitata dalla maggior resistenza delle infestanti, più sviluppate, al principio attivo, mentre la pianta coltivata emersa in ritardo, o in competizione per acqua e nutrienti può subire effetti di fitotossicità.

Una seminatrice capace di lavorare 2 ettari in un’ora, se impiegata in un contesto aziendale che dispone di una media di 50 ettari di seminativi, viene impiegata per sole 25 ore all’anno (foto Matermacc)

Livello di utilizzo nell’anno

Un ulteriore effetto negativo delle irregolarità nella semina, e quindi nell’emergenza, è quello della maggiore erodibilità del terreno nelle porzioni del campo rimaste scoperte, sulle quali gli eventi climatici intensi possono determinare forti erosioni e dilavamenti. Comune alle scelte esaminate è l’effetto prodotto dalla sostituzione di una macchina a produttività relativamente bassa con una capace di lavorare una superficie doppia o quasi, che pone il grave problema dell’insufficiente livello di utilizzo nell’anno. Il fenomeno è più evidente nelle piccole imprese o presso gli agricoltori, che hanno di solito una superficie agricola limitata, non espandibile e con le macchine che operano a velocità relativamente elevata e con buone rese orarie.

Una seminatrice capace di lavorare 2 ettari in un’ora, se impiegata in un contesto aziendale che dispone di una media di 50 ettari di seminativi – quindi un’azienda agricola di tutto rispetto – viene impiegata per sole 25 ore all’anno. Anche ammesso che abbia un costo annuo di soli 2.000 euro (con tempi di ammortamento di almeno 15-16 anni), siamo ai limiti della convenienza per la gestione in proprio: la macchina costa ben 40 euro all’ettaro (trattore e manodopera esclusi), che diventano 80 euro all’ora. Una seminatrice a cassa fissa di buona costruzione può durare diverse migliaia di ore e con un impiego tanto esiguo potrebbe restare in azienda per un tempo indefinito: 3.000 ore divise per 25 portano a una durata tecnica di 120 anni.

Il maggiore vantaggio della semina combinata risiede nell’uniformità nella preparazione del letto di semina (foto Maschio Gaspardo)

Rischio obsolescenza

Ma non è pensabile impiegare una macchina per tanto tempo, senza che intervengano innovazioni tecniche tali da renderla completamente superata (obsoleta) dopo qualche decina d’anni: forse una trentina in media, guardando all’indietro, ma molti di meno se guardiamo in avanti. Il rischio dell’obsolescenza si concretizzerà, nel futuro, in tempi molto più brevi: senza arrivare ai robot possiamo osservare che un normale computer – nato “moderno” e potente – dopo una decina di anni diventa obsoleto perché troppo lento e con sistema operativo non più supportato.

Oltre all’obsolescenza, lo squilibrio fra durata tecnica e durata economica, o comunque funzionale, espone al rischio di non completare neppure l’ammortamento quando la macchina diventa antiquata o non idonea a un nuovo ordinamento dell’azienda, imprevedibile alla data dell’acquisto. A questo punto la macchina di proprietà diventa un vincolo, un ostacolo al rinnovamento: quante aziende agricole tardano a recepire le nuove tecnologie perché sono ancora impegnate a finire di pagare le macchine già acquistate?

Il ritardo nell’applicazione delle tecniche conservative è spesso dovuto a questo: benché le attrezzature per minime lavorazioni possano essere compatibili con trattrici di media potenza, finora impiegate per i lavori pesanti, la sostituzione può costare tanto da non essere appetibile. Se poi cambia l’indirizzo colturale per motivi esterni – come avvenne una ventina di anni fa con la dismissione della bieticoltura – può capitare che un certo numero di macchine divenga di colpo obsoleto e abbia un valore di realizzo che non consente di acquistare nuove macchine. Il rischio dell’obsolescenza precoce non è solo uno spauracchio per limitare la volontà, tuttora diffusa nelle nostre campagne, di meccanizzarsi in proprio ed evitare di rivolgersi al contoterzista, ma un fattore che deve essere attentamente valutato quando si programma un nuovo acquisto. Accorgersene in ritardo può essere molto pericoloso per la stabilità dell’azienda.

 

Seminatrici, quando la produttività è un fattore limitante - Ultima modifica: 2025-10-22T09:03:27+02:00 da Roberta Ponci

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome