Il colza è una di quelle colture che, in un certo senso, si possono considerare nuove. Più precisamente: se nuove nel vero senso della parola non lo sono certamente, fino a una ventina di anni fa erano conosciute soltanto da una piccola cerchia di produttori.
Con lo sviluppo degli impieghi energetici, la necessità di arricchire il diesel con una componente rinnovabile e dulcis in fundo quella di sostituire gli oli di palma, questa oleaginosa ha iniziato a diffondersi anche nel nostro Paese. Regalando, talvolta, grandi soddisfazioni a chi l’ha scelta. Un esempio per tutti: lo scorso anno, più o meno in questa stagione, il prodotto era quotato sopra i 700 euro per tonnellata: un valore quasi doppio rispetto alla media storica. Ma il mercato era fortemente condizionato dai primi mesi di guerra in Ucraina, paese che è un forte produttore ed esportatore di colza. Dodici mesi dopo, con le esportazioni ucraine che non si sono interrotte, si è tornati su livelli più normali, come vedremo a breve.
Ora, in queste pagine faremo un veloce riepilogo sia sull’agronomia sia sul post-raccolta grazie a due produttori che da anni impiegano il colza nelle loro rotazioni, dicendosene soddisfatti.
Serve un terreno ben affinato
Il primo è Marco Covini, con azienda in provincia di Pavia, semina colza da meno tempo – ha iniziato nel 2020 – ma è rapidamente passato da 30 a 100 ettari, impegnandosi anche a organizzare i vicini di casa per raggiungere la massa critica necessaria a vendere direttamente agli oleifici. Il secondo è Felice Ferrero, astigiano con 75 ettari di Sau, 25 dei quali dedicati, quest’anno, al colza.
Prima di raccogliere la loro esperienza, però, riassumiamo i termini della coltivazione del colza. Due i momenti delicati: la semina e la raccolta. Per quanto riguarda la prima, che avviene attorno a settembre, occorre un terreno ben affinato, poiché si deve seminare a una profondità che non superi il centimetro e mezzo; in caso contrario, l’emergenza sarà difforme, ritardata e, per molti semi, assente. Per germinare, il colza richiede un certo tasso di umidità, aspetto che ne rende difficile la coltivazione in anni come il 2022-23, caratterizzati da estati fortemente siccitose.
Risolto il problema della semina, la strada è in discesa: il colza necessita soltanto di una passata di disseccante in pre-emergenza, di un trattamento contro il Meligete e di una modesta concimazione, in fioritura. Grazie allo sviluppo vegetativo, di solito si difende bene dalle infestanti.
La trebbiatura
Anche la raccolta, come la semina, è un momento critico per la coltivazione del colza. Nel Nord Italia si effettua nella prima e seconda decade di giugno, e a decretare il momento ideale per la trebbiatura è, come sempre, il tasso di umidità, che non deve essere superiore al 15%. Purtroppo, un prodotto così secco - a fine campagna di raccolta si arriva al 6% di umidità – e con semi del diametro di 0,7 mm, è soggetto a forti perdite in campo, che mediamente gli addetti ai lavori quantificano nell’ordine del 30% o più. Per questo motivo, si cercano soluzioni alternative alla classica raccolta con mietitrebbia e barra a tappeti.
Facciamo ora un rapido accenno alla stagione appena conclusa. «Abbiamo avuto una resa media, ossia attorno ai 30 quintali per ettaro – riferisce Marco Covini –. Non eccezionale, ma nemmeno scarsa. La stagione è stata complicata soprattutto per Meligete e altri parassiti, che ci hanno obbligati a fare tre trattamenti, contro una media di uno. A ogni modo, il prodotto è stato portato a casa. Tuttavia il prezzo è ben lontano da quello dello scorso anno, con 40-42 euro contro i 70 del 2022. Il fatto che tutti ormai facciano contratti di coltivazione, se da una parte garantisce il ritiro, dall’altra stabilizza i prezzi».
Qualche problema varietale e di piogge nel momento sbagliato, invece, per l’agricoltore astigiano Felice Ferrero: «Le nuove varietà mi sembrano abbastanza deludenti, inferiori alle vecchie per ramificazione. Inoltre abbiamo seminato con difficoltà, a settembre, e l’emergenza in asciutta non ha favorito le produzioni. Che infatti, qui da noi, si sono fermate attorno ai 15 quintali per ettaro, con un prezzo di circa 44 euro: non male, ma sicuramente penalizzante rispetto ai 70 del 2022. Ciò nonostante, continuerò a seminare colza, anche perché è una scelta quasi obbligata, se si vuol fare rotazione, per terreni non irrigui come i nostri».
Nei suoi areali, continua Ferrero, «il grano la fa da padrone, ma dopo di esso non restano molte alternative, se si scarta il mais: soia, girasole e poi colza, piselli o foraggere. Noi, infatti, ruotiamo con grano, colza e piselli. Il colza aiuta a pulire il campo dalle graminacee e il pisello dalle crucifere, poi si riparte con il grano».
Altri vantaggi sono legati alla fase post-raccolta. I contratti di coltivazione, per esempio, assicurano il conferimento del prodotto, anche se secondo Covini calmierano eccessivamente il prezzo. Il contributo pubblico – 100 €/ha sottoposto a contratto – è però un importante incentivo verso la stipula di questi accordi, che sono ormai divenuti la norma, a quanto ci dicono. In secondo luogo, il colza libera i terreni a metà giugno, in tempo per una seconda coltivazione.
Non nel caso dei nostri due esperti, che non avendo accesso all’irrigazione non possono rischiare la semina in terreni aridi. Ciò nonostante, per chi ha acqua a disposizione il secondo raccolto, per esempio di soia, è un’opportunità concreta. Anche perché il colza non lascia grandi residui sul terreno e permette quindi una veloce coltivazione con semina in minima o su sodo. Riguardo a ciò, segnaliamo la scelta di Ferrero, che da ormai tre anni usa una seminatrice di precisione anziché la classica seminatrice a file. «Lo faccio per avere maggior precisione nella profondità di semina, che deve essere davvero ridotta. Con la macchina di precisione facciamo interfila di 50 cm, distanza di 2 cm sulla fila e otteniamo un investimento di circa 70 semi per metro quadrato, che garantiscono una buona copertura». Anche Covini, ci segnala lui stesso, dopo colza semina grano su sodo, con un ottimo risultato.
Tagliarlo verde?
Chiudiamo con quella che potrebbe essere un’interessante soluzione per evitare le perdite durante la raccolta, causate, come detto, dal ridotto tasso di umidità. Per questo motivo un contoterzista, il pavese Cristian Grignani, sta pensando a una soluzione alternativa: «Vorremmo tagliare il colza quando ancora è umido, utilizzando una barra montata sul trattore. Andanando il prodotto direttamente al momento del taglio, potremmo poi raccogliere, dopo qualche giorno di appassimento, con una mietitrebbia dotata di pick-up o comunque di un sistema di raccolta in andana. Così potremmo ridurre le perdite in campo di quasi il 90%».