Ridurre la compattazione e l'erosione del suolo attraverso strategie di agricoltura conservativa e allo stesso tempo aumentare la produttività, la digitalizzazione e la tracciabilità dei processi e dei prodotti attraverso i principi dell'agricoltura di precisione. È questa la strategia vincente delineata in occasione di un webinar organizzato da Dlg Italia ed Edagricole.
L'agricoltura rigenerativa
«L’agricoltura rigenerativa – ha esordito Michele Pisante dell’Università di Teramo – come definita in occasione dell’ottavo convegno mondiale sull’agricoltura conservativa di Berna a giugno 2021, è un’evoluzione in chiave digitale di tutti i processi di riduzione dell’impatto delle lavorazioni, ma soprattutto dell’amplificazione degli avvicendamenti colturali e della copertura permanente del suolo, perché oltre a migliorare lo stato di salute del suolo, punta a una sostenibilità della produzione, in particolare per le colture estensive.
L'agricoltura nel tempo ha visto sempre più un’interazione con l'ambiente e più recentemente con il clima, perciò le è stato chiesto un impegno per aumentare la produzione unitaria, ma nel contempo proteggere l'ambiente. Erosione e compattamento del suolo sono i due fattori di degradazione del terreno che si accompagnano oggi al declino del contenuto di sostanza organica nei suoli, e quindi è importante aumentare la capacità di cattura della CO2 dall’atmosfera in modo tale da migliorare anche il contenuto di C organico nei suoli per aumentare la produttività riducendo anche gli input chimici.
Rispetto alla conservativa la rigenerativa è la garanzia di avere apparati radicali efficienti tutto l’anno e questa copertura permanente del suolo in parte viene svolta dalla coltura principale, in parte deve essere svolta anche dalle colture di copertura per arrivare a ridurre i transiti sul terreno e a catturare carbonio atmosferico durante tutto l’anno».
I tre pilastri dell'agricoltura conservativa, cioè semina diretta o minima lavorazione del suolo, copertura permanente del suolo e diversificazione colturale, fino a oggi erano degli impegni che nelle misure dei vari Psr si limitavano all'esecuzione di almeno due di questi principi simultaneamente. «Se questi principi attraverso le tecnologie di precisione e digitali riusciamo anche a elaborarli e quindi a contabilizzarli – ha continuato Pisante – è evidente che passiamo da un’agricoltura conservativa a un’agricoltura rigenerativa. E questo obiettivo potrebbe chiaramente trovare spazio nella programmazione, nel secondo pilastro della Pac, ad opera delle regioni. L'Italia avrà un piano unico nazionale dove la copertura permanente del suolo, la minima lavorazione del suolo o semina diretta e la diversificazione colturale a diverso grado di intensità potranno essere riconosciute non come mancato reddito, ma come impegno agroclimatico-ambientale. All'aumentare dell'impegno, aumenterà anche il riconoscimento a favore degli imprenditori che optano volontariamente verso questi schemi, soprattutto se a fianco della conservativa applicheranno anche tecnologie di precision farming».
«Quello dei dati è l’aspetto più importante su cui si può costruire la Pac post 2027 – ha concluso Pisante – e che chiaramente solo queste tecnologie possono garantire, anche in termini di monitoraggio e valutazione delle prestazioni per gli indicatori di contesto (che devono essere definiti sulla base dei livelli attuali per determinare gli effetti futuri, ad esempio il compattamento del suolo, il contenuto di carbonio organico nel suolo, i fenomeni di erosione), per gli indicatori di output (quindi per valutare la realizzazione degli interventi sostenuti), per gli indicatori di risultato (per definire e quantificare dei target intermedi attraverso il monitoraggio periodico) e per gli indicatori di impatto (per consentire di interpretare e valutare il campionamento ottenuto in questo contesto)».
Presentazione:
"Da Conservativa a Rigenerativa attraverso l’Agricoltura di Precisione"
Michele Pisante, Università di Teramo
Erosione e compattamento
Erosione e compattamento del terreno possono essere considerati dei figli del ridotto contenuto di sostanza organica che stiamo verificando nei nostri suoli. «Mediamente nei terreni europei si stima che la quantità di suolo che viene persa ogni anno si aggira attorno alle due tonnellate – ha riferito Luigi Sartori dell’Università di Padova – però in Italia la situazione è abbastanza diversa. Il nostro paese è infatti caratterizzato da un’erosione molto superiore, che supera le 5 e spesso anche le 10 tonnellate per ettaro, pari a meno di 1 mm di suolo che viene portato via ogni anno e che per riformarsi necessita di decenni.
Per quanto riguarda il compattamento, porta a una riduzione delle produzioni che è stata stimata attorno al 10% per quanto riguarda i cereali e a oltre il 20% per le colture primaverili, ma di solito non viene percepita perché siamo abituati ad abbondare nelle concimazioni.
Le lavorazioni conservative e le relative macchine si declinano in vari modi e tutto questo è già abbastanza assodato. La lavorazione verticale o vertical tillage potrebbe essere considerata una new entry, perché è una lavorazione ultrasuperficiale che ha la tendenza a far sì che il movimento del terreno smosso sia più coerente possibile alla direzione di avanzamento. Questo ricorrendo ad attrezzature a dischi che lavorano con angolo di incidenza vicino allo zero e a velocità elevata (> 15 km/h)».
Considerando i pilastri della Pac, dobbiamo tenere presente la meccanizzazione che serve per la gestione dei residui e delle cover crop. «Per quanto riguarda i residui – ha spiegato Sartori – oltre al trinciastocchi, che è l’attrezzatura classica, si usano erpici strigliatori, rulli trinciatori oppure attrezzature dedicate alla lavorazione delle stoppie. Per quanto riguarda, invece, la semina delle cover crop, non devono essere considerate colture a perdere, ma devono essere curate per ottenere la maggiore quantità di biomassa possibile».
Il compattamento complica la vita a questi sistemi di lavorazione superficiale e molto spesso è la causa dell’insuccesso di queste tecnologie. «Il compattamento – ha continuato Sartori – si può manifestare in superficie o appena sotto la superficie sotto forma di ormaie oppure, ed è quello più pericoloso, in profondità, che si manifesta con la suola di lavorazione e negli strati profondi. Senza andare contro i principi dell’agricoltura conservativa, il compattamento superficiale può essere contenuto con le lavorazioni superficiali, ma è importante mettere in atto tutte le forme di prevenzione, come la riduzione della pressione che si scarica sul terreno, quindi ottimali sono gli pneumatici a larga sezione, la gemellatura, come pure le tecniche di telegonfiaggio (per ridurre la pressione degli pneumatici durante il lavoro in campo e aumentarla in fase di trasporto) e infine la cingolatura.
Per il compattamento profondo, invece, l’unica soluzione è la decompattazione, un’operazione non semplice, da effettuare con attrezzature particolari, i decompattatori. Partendo dal presupposto che lo strato compattato non è sempre costante e che esiste una variabilità anche per quanto riguarda gli strati compattati del terreno, ecco che possiamo anche ammettere tecnologie di agricoltura di precisione che eseguono in modo variabile questo tipo di lavorazioni. Altri metodi, inoltre, prevedono l’adozione del controllo del traffico, cercando di concentrare tutti i passaggi in corsie di traffico permanenti che saranno solo queste interessate dal transito dei mezzi».
Infine, da evidenziare l’uso di sistemi di supporto alle decisioni per prevenire fenomeni di compattamento profondo. «Ci sono modelli che, sulla base delle caratteristiche delle macchine, ma anche del tipo di terreno e sua umidità, sono in grado di dare indicazioni all’utilizzatore su quali potrebbero essere i danni da compattamento e scegliere il momento ottimale per l’intervento. In conclusione, le tecnologie non mancano, ma l’agricoltura rigenerativa è più difficile da gestire della convenzionale per diversi motivi e per superarli occorre considerare attentamente un’attività di formazione e informazione rivolta agli imprenditori agricoli e ai contoterzisti, che includa anche i sistemi di supporto alle decisioni e le tecnologie di agricoltura di precisione».
I contesti aziendali
Per gli agricoltori in questi trent'anni di utilizzo più o meno parziale delle tecniche di agricoltura conservativa l’appeal verso questa metodica è quello di essere particolarmente consona a un modello di sostenibilità di tipo ambientale, economica e agronomica. «Quello che diventa il compito di noi imprenditori agricoli – ha riferito Eros Gualandi, presidente della cooperativa Il Raccolto – che siamo quotidianamente sulle capezzagne e sui campi, è declinarne l'applicabilità nei singoli contesti aziendali. Perché nella realtà c’è una notevole variabilità per ciò che riguarda le condizioni pedologiche, ambientali e produttive, con ricadute anche per quanto riguarda contesti aziendali, imprenditoriali e organizzativi. Tutti questi fattori, presi nell’insieme, rendono i tassi di applicabilità delle tecniche di agricoltura conservativa da un utilizzo totale a un utilizzo molto limitato».
Alcune regioni hanno anche significativamente incentivato queste azioni, determinando indennizzi a ettaro per quelle aziende agricole che si impegnavano a utilizzare certe tecnologie, «ma in alcune situazioni – ha fatto presente Gualandi – nonostante la buona volontà degli agricoltori, ottenere benefici dalla piena applicabilità è praticamente impossibile. Nella nostra zona si evidenziano spesso terreni fortemente argillosi, poco autostrutturanti, dove il passaggio di mezzi pesanti in condizioni di suolo bagnato genera seri problemi di compattamento».
Quella della semina su sodo è stata la tecnica più facilmente introdotta per la maggiore produttività che determina, per l’investimento limitato rispetto al cantiere, la riduzione dei consumi di carburante a ettaro e l'eliminazione dell’aratura. «A questo proposito – ha continuato Gualandi – in 30 anni di utilizzo, rispetto ad esempio alle tecniche colturali tradizionali sui cereali, la semina su sodo ha consentito fino a 200 € di risparmio senza individuare grandi differenze di produzione, ovviamente se il substrato di coltivazione è un terreno che presenta le caratteristiche idonee».
I margini economici rappresentano per un'impresa agricola il primo elemento di continuità. «Io dico sempre – ha sottolineato Gualandi – che i profitti anche in un'azienda agricola stanno come la salute alle persone: le persone che non hanno salute, come le aziende agricole che non riescono ad avere nel tempo profitti, sono destinate purtroppo a scomparire. Gli elementi di miglioramento del reddito sono quindi particolarmente importanti e ben supportati dalle tecniche di agricoltura di precisione e agricoltura conservativa. Molte delle scelte che in questi ultimi 15 anni sono state fatte nel territorio di nostra competenza (modificazioni fondiarie strutturali, apporto di drenaggio ecc.) dipendono proprio dai risultati continuativi che l'applicazione di queste tecniche hanno dimostrato.
Se mettiamo tra le priorità la necessità di ripristino o almeno mantenimento della sostanza organica sia nelle aree zootecniche sia in quelle non zootecniche, a cui hanno parzialmente sopperito ad esempio nei processi di produzione agroenergetica gli impianti di biogas e la distribuzione del digestato, alcune volte si registra una piena rispondenza dell’utilizzo delle tecniche di agricoltura conservativa, ma altre volte si verifica la necessità di ricorrere anche a lavorazioni con inversione degli strati e quindi non conformi alla filosofia dell'agricoltura conservativa.
È evidente che integrare in maniera totale l’agricoltura conservativa in un'azienda agricola passa necessariamente da un rafforzamento del combinato tra agricoltura di precisione e molte delle tecniche dell'agricoltura conservativa, perché lo rendono più rispondente agli obiettivi richiesti di sostenibilità. Se applichiamo un po’ di lungimiranza nella stesura delle nuove norme che ci accompagneranno nei prossimi anni – ha concluso Gualandi – molte delle tecniche di agricoltura conservativa potranno dare significativi contributi a integrazione di attività anche in aziende dove non si potrà applicarla pienamente».
Presentazione:
"Agricoltura conservativa -Opportunità e criticità applicative"
Eros Gualandi Presidente Soc. Coop. Agr. Il Raccolto
La piattaforma DLG Connect
«Promuovere l'innovazione nell'agricoltura trasferendo conoscenze dal mondo accademico a quello pratico è la nostra missione – ha concluso Raffaele Talarico, direttore di DLG Italia – quindi cerchiamo veramente di essere un ponte. Ovviamente tanti conoscono le nostre fiere, però facciamo molto altro, come i test e le certificazioni sulle macchine agricole e sui generi alimentari, e trasferiamo conoscenze e competenze. A questo proposito organizziamo circa 200 eventi l'anno su una piattaforma digitale (DLG Connect) all’interno di Agritechnica. Quello che vogliamo fare nel 2022/2023, con il supporto di partner come Edagricole, è accompagnare espositori, visitatori e i nostri partner verso Agritechnica 2023. Abbiamo due linee di seminari: uno su temi agronomici di interesse tecnico-scientifico da portare poi nella pratica agricola, con anche il contributo universitario e degli ordini professionali; l'altro su temi della componentistica, che hanno un interesse tecnico-scientifico, ma anche industriale, coinvolgendo diversi attori della filiera.
Su questa piattaforma, quindi, cerchiamo di unire i convegni di formazione del nostro centro prove alimentare, il nostro mondo tecnico-scientifico, il centro prova delle tecnologie e le nostre fiere. Del resto, attraverso questa piattaforma riusciamo ad attirare un grande numero di persone, con circa 6,2 milioni di visite al sito, mentre con la fiera fisica ci “fermiamo” a 450.000 visitatori. Ma la presenza fisica non sarà mai sostituita da una piattaforma digitale, per cui cerchiamo di essere pazienti e arrivare ad Agritechnica 2023, in programmazione dal 12 al 18 novembre».
Presentazione:
"Restiamo connessi –verso AGRITECHNICA 2023"
Raffaele Talarico, direttore DLG Italia
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