Le macchine per trattamenti sono attrezzi abbastanza specifici, destinati a fare pochissime o molte ore l’anno, a seconda della zona di lavoro. Per esempio, nel Reggiano fino a qualche anno fa erano impegnate in diverse occasioni, tra la primavera e l’inizio dell’estate. Questo a causa della barbabietola, che richiede tre interventi distinti durante il suo ciclo colturale. Ora che la bieticoltura è praticamente scomparsa, però, il lavoro per le irroratrici si è più che dimezzato.
Così Angelo Zatti, contoterzista nonché presidente della locale sezione di Unima (Apima Reggio Emilia), giustifica il fatto che la sua Mazzotti Ibis 2400 P-Max segni sul cruscotto 1.500 ore nonostante sia già al quarto anno di lavoro. Con una media, dunque, di 400 ore scarse per anno «Esattamente. Queste macchine, purtroppo, non sono più così usate. Dal momento che col mais si fa soltanto un trattamento, lavorano un po’ a primavera, ma già a inizio maggio vanno sotto il capannone, a meno che non ci sia un po’ di post-emergenza su mais».
Mille e cinquecento ore sono comunque sufficienti per una valutazione approfondita dell’irroratrice, che rivediamo due anni dopo il primo esame, quando di ore ne aveva 900. Ai tempi si era comportata piuttosto bene, dimostrando elevata produttività oraria, precisione assoluta nei dosaggi e anche un buon comfort di lavoro, grazie a una cabina piuttosto larga per questo tipo di macchine. «Il motore è molto valido, permette di uscire da situazioni difficili, per esempio con terreni molto pesanti. In 900 ore non ci è mai capitato di essere a corto di cavalli, mentre per quanto riguarda la trasmissione, è importante il sistema Srs, un antislittamento che in caso di difficoltà impedisce all’olio di ritornare nel circuito», aveva detto il proprietario a proposito della Ibis 2400, lodando anche la facilità di manovra grazie all’ampia sterzata e la possibilità di regolare idraulicamente la carreggiata.
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