Autocarri aziendali certezze e qualche dubbio

Un rapido sguardo alla normativa su questi mezzi largamente diffusi anche tra gli agromeccanici

Nelle attività agromeccaniche e di servizi in genere è generalizzato l’impiego di autocarri leggeri, quelli che la direttiva 2007/46/CE e di conseguenza il codice della strada classificano in categoria N1 (autocarri per trasporto di cose fino a 3,5 t). Tali veicoli si guidano con la normale patente di categoria B e, pur avendo limiti di portata (di rado si superano i 15-16 quintali), possono trasportare agevolmente il necessario per assistere, riparare e rifornire le macchine in campo o in cantiere.

L’immatricolazione come autocarro assicura al veicolo lo stesso trattamento fiscale degli altri beni strumentali all’esercizio dell’attività:

- il valore di acquisto può essere ammortizzato nel tempo;

- i costi per manutenzioni, riparazioni, carburanti e lubrificanti, assicurazione, revisione, ecc. sono interamente deducibili;

- l’Iva pagata all’acquisto del veicolo è interamente detraibile, così come quella sui costi di impiego, carburanti compresi;

- la tassa di possesso, interamente deducibile, è commisurata alla portata legale e non (come per le autovetture) alla potenza del motore.

Se si guarda all’elenco precedente, si nota che le differenze rispetto alle automobili non si limitano solo alla spesa per il “bollo”: tutti i costi possono essere portati in detrazione, così come l’Iva. Calcolata sulla vita media dei due tipi di veicoli, la somma delle differenze in termini di carico fiscale è rilevante e può fare propendere – ove è possibile scegliere – per il veicolo commerciale.

Fra l’altro, da tempo le tecnologie costruttive sono simili e si traducono in consumi contenuti, prestazioni soddisfacenti e comfort di marcia paragonabile, a parte una maggiore rigidità delle sospensioni, tarate per poter viaggiare a pieno carico.

Pick-up

Per gli autocarri fuori strada, i cosiddetti pick up largamente diffusi nelle aree rurali di tutto il mondo, le differenze rispetto a un’autovettura “4x4” sono davvero minime. In realtà il ridotto carico fiscale previsto per gli autocarri ha una contropartita legata all’impiego, perché il veicolo immatricolato come autocarro può trasportare soltanto cose; il trasporto di persone (ai sensi dell’art. 54 del Codice, comma 1, lettera d) è ammesso solo se queste sono addette:

- al carico e/o allo scarico delle merci;

- al trasporto delle merci (ad esempio, il secondo autista);

- all’uso delle cose trasportate (ad esempio, i dipendenti dell’impresa).

Se in occasione di un controllo – anche su strada – viene accertata la presenza di persone estranee, si realizza l’uso illegittimo del veicolo, previsto dall’art. 82. Se la sanzione pecuniaria è trascurabile (87 euro con pagamento entro 60 giorni, ridotti ad € 60,90 se pagati entro 5 giorni dalla notifica), più grave è il ritiro della carta di circolazione del veicolo da 1 a 6 mesi alla prima infrazione, che diventano da 6 a 12 mesi in caso di recidiva. Quanto detto vale per il carico di altre persone, come potrebbe capitare nel caso in cui gli occupanti del veicolo non avessero attinenza con l’azienda, come potrebbe capitare a chi accompagna un amico, un familiare o porta i figli a scuola.

Bisogna dire che la valutazione dell’infrazione spetta agli organi di vigilanza stradale, che in casi come quello prospettato potrebbero anche lasciar correre, vista la tenuità del fatto. Diverso è invece l’atteggiamento nei confronti di chi mostra di approfittare dell’immatricolazione del veicolo per usarlo in un contesto decisamente estraneo alle finalità aziendali.

Nel passato sono esistite le automobili immatricolate come autocarri a 4 o 5 posti: non veicoli per semplice trasporto del personale dell’azienda, ma utilizzati per un uso essenzialmente privato, con con prestazioni e allestimenti eccessivi rispetto allo stretto necessario. Nonostante le ripetute campagne di repressione condotte dagli organi di vigilanza, il fenomeno si esaurì solo cambiando la legge: sono ammessi ai benefici fiscali per gli autocarri con unico vano di carico solo quelli che hanno un rapporto fra potenza (in kw) e portata (in t) inferiore a 180.

L’impiego per uso privato di un veicolo acquistato a nome dell’impresa costituisce inoltre una grave violazione contabile e fiscale, perché contrasta con il principio di inerenza: il bene non destinato all’attività e quindi i relativi costi non possono andare a ridurre il reddito. Se il controllo stradale rileva un cambio d’uso del veicolo, l’organo accertatore può segnalare il fatto all’agenzia delle entrate, che può disconoscere i costi registrati in contabilità, con recupero dell’Iva, dell’Irap e delle imposte sui redditi.


TRAPPOLA PER IL TRASPORTO PROMISCUO

Sul piano giuridico la situazione si complica per i pick-up, che consentono di trasportare, in vani di carico separati, persone e cose; il codice della strada (art. 54, comma 1, lettera c) ammetteva infatti l’esistenza di autoveicoli per trasporto promiscuo a solo fino al 1998. Con l’entrata in vigore del Dm 04/08/1998, che recepiva la Direttiva 98/14/CE, gli autoveicoli per trasporto promiscuo non possono più essere immatricolati come tali, ma solo come autovetture.

Nel tentativo di stabilire un confine preciso, con la circolare del 9 dicembre dello stesso anno il Ministero dei trasporti ha stabilito che gli autoveicoli con vano di carico separato dalla cabina possano essere immatricolati solo come autocarri. La norma comunitaria consente ai veicoli per trasporto di cose fino a 3,5 t (categoria N1) di portare fino a 6 persone, restando però autocarri: di qui però a dire che tutti i veicoli con cassone e doppia cabina siano automaticamente da considerare autocarri sembra un’esagerazione. Non è casuale che la circolare sia rimasta lettera morta per quasi un decennio, fino al recepimento della Direttiva 2007/46/UE, ad inizio 2008: a questo punto sono venute meno le distinzioni sul trasporto promiscuo e ha fatto testo unicamente l’interpretazione ministeriale.

Secondo il ministero i veicoli idonei a trasportare persone e cose devono essere immatricolati:

- come autovetture, se il vano di carico è unico per le merci e per i passeggeri (carrozzeria familiare o monovolume oppure berlina);

- come autocarri, se il vano di carico è separato dall’abitacolo (cassonato a doppia cabina, furgone o pick-up).

L’imprenditore scrupoloso che voglia impiegare il pick-up per uso “misto”, cioè aziendale e privato, viene quindi a trovarsi in difficoltà:

- se lo acquista come impresa, non può detrarsi i relativi costi, non essendo ammissibile l’uso promiscuo di un autocarro;

- se lo acquista come privato (un autocarro leggero può liberamente essere intestato ad un privato senza partita Iva) non può trasportare cose o persone dell’azienda, configurando in tal caso un trasporto per conto terzi;

- il fatto che il veicolo sia privato o aziendale non influisce sulla trasportabilità di persone o cose che, su un autocarro, devono essere attinenti fra loro.

La soluzione ottimale sarebbe la possibilità di immatricolare il veicolo come autovettura (cosa non sempre facile): del resto anche una berlina ha il vano bagagli separato dall’abitacolo ma non deve per questo essere trattata come un autocarro. Per le auto la disciplina fiscale tiene conto dell’utilizzo misto (privato e aziendale): a parte la tassa di possesso commisurata ai kW, l’uso è sempre considerato promiscuo (privato e professionale), con pesanti limitazioni alla detrazione di Iva e dei costi d’uso. Ma tale soluzione non sarebbe praticabile alla luce della circolare ministeriale, emanata per scopi diversi e già superati dalle regole fiscali, più vicine alle norme comunitarie: la Direttiva, infatti, non vieta al privato di usare un autocarro al posto dell’automobile.

La vicenda sta suscitando un crescente malcontento nell’opinione pubblica, considerata l’ampia diffusione dei pick-up e di altri mezzi similari, dando l’impressione che il ministero dei trasporti intenda limitare la possibilità, per i privati, di trasportare ciò che desiderano. Qualcuno si è spinto a insinuare che tale comportamento voglia in qualche modo favorire il trasporto professionale, creando ulteriori conflitti e divisioni all’interno della società civile, oltre al rischio di aprire contenziosi rispetto alle superiori norme comunitarie.

Autocarri aziendali certezze e qualche dubbio - Ultima modifica: 2023-07-31T10:31:56+02:00 da K4

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