La legge per la formazione del bilancio dello Stato sembra avere trovato il suo nome definitivo, dopo essere stata chiamata “manovra finanziaria” o “legge di stabilità”; evidentemente, in tempi di stagnazione economica, la parola “stabilità” evoca scenari poco ottimistici.
In realtà, è il provvedimento con cui lo Stato programma le entrate e la destinazione delle risorse, che dovrebbero bastare per tutto l’anno successivo, anche se non sempre le cose vanno come sperato e possono essere necessari interventi di aggiustamento in corso d’opera. La più grave tara del nostro Paese sta nella cronica incapacità del sistema di scoprire e perseguire efficacemente chi sottrae al fisco materia imponibile e chi abusa delle risorse disponibili; il fatto che non tutti paghino il dovuto ha portato ad aumentare la pressione fiscale a livelli ormai insostenibili. Si dice che il nostro costo del lavoro sia ai primi posti nel mondo, ma non è molto dissimile da quello di altre potenze economiche occidentali; la vera differenza riguarda quanto resta nelle mani del lavoratore, un elemento responsabile della fuga all’estero delle nostre migliori risorse umane.
Fatto sta che la legge di bilancio, forse perché arriva nel momento in cui gli italiani si scambiano i regali, suscita sempre aspettative favorevoli; e se non vengono soddisfatte, espongono al ridicolo i soliti noti che, abituati a un regime di favore, pestano i piedi perché ne vorrebbero ancora.
Ammortamenti maggiorati, stop al super
Il super ammortamento, nella misura aggiuntiva del 40% (fino al 2017) e del 30% (fino al 2018), seppure con le “code” per i beni strumentali acquistati e su cui era stato pagato l’acconto, non è stato prorogato per il 2019.
In compenso, è stato riproposto per un altro anno il cosiddetto “iper” ammortamento per gli acquisti di beni ad alta tecnologia, con le stesse regole già previste nel 2017, almeno per le piccole imprese, salvo l’incremento della maggiorazione dal 150% al 170%. In pratica, per un’impresa che paga le imposte sui redditi con l’aliquota del 39%, la somma investita è interamente pagata dallo Stato: su 10.000 euro investiti il reddito imponibile si riduce di 27.000 €, a cui corrispondono ben 10.530 euro di minori imposte (nel periodo di ammortamento). Pur comprendendo l’utilità per il Paese di favorire l’integrazione digitale (già conveniente di per sé), l’aiuto sembra davvero eccessivo; forse, con le stesse risorse, sarebbe stato possibile varare un programma di più ampio respiro e non limitare l’aiuto solo al 2019. Per i beni strumentali di maggior valore, la maggiorazione tende a ridursi, passando al 100% per quelli da 2,5 a 10 milioni e al 50% per quelli da 10 a 20 milioni, fino a scomparire per i beni di valore unitario superiore.
Novità per il reddito d’impresa
Le innovazioni normative introdotte dalla legge di bilancio per l’anno 2019 sono innumerevoli e richiedono molto più spazio di quello che ci è concesso in questa carrellata, forzatamente sintetica.
- Estensione dei limiti di fatturato per le imprese individuali che possono adottare il regime forfetario (fino al 2018, da 25.000 a 50.000, a seconda dell’attività esercitata), viene ora unificato per tutti a 65.000 euro.
- Limitazioni all’applicazione del regime forfetario: il titolare non deve essere coinvolto in società con attività riconducibile quella esercitata; incompatibilità con i soggetti con cui sono in corso (o lo sono stati nei 2 anni precedenti) rapporti di lavoro.
- Salvaguardia dei contribuenti usciti dal regime forfetario per superamento dei limiti di fatturato: se questo rimane inferiore a 100.000 euro, a partire dal 2020 possono pagare l’imposta sul reddito (determinato analiticamente) nella misura del 20% (flat tax).
- Esclusioni dalla flat tax: riguarda alcune categorie di contribuenti soggetti a regimi fiscali di favore, o non residenti in Italia o che esercitano attività di compravendita di immobili o di mezzi di trasporto nuovi, e che non risultano coinvolti in imprese con attività che possa essere ricondotta a quella esercitata.
- L’Imu dovuta sugli immobili strumentali può essere dedotta nella misura del 40%: fino al 2018 la deducibilità era limitata al 20%.
- Nuovo regime delle perdite di esercizio: viene esteso a tutte le imprese lo stesso regime già in vigore per le società di capitali.
- Tassazione agevolata per gli utili reinvestiti, riservata però solo alle imprese in contabilità ordinaria; quelle in regime semplificato devono integrare le scritture contabili con la documentazione delle somme destinate a riserva degli utili di esercizio.
- Le ditte individuali possono estromettere dalla sfera imprenditoriale i beni strumentali per natura (non, quindi, le abitazioni) entro il 31 maggio 2019, pagando una imposta sostitutiva del 8% sulla somma risultante dalla differenza fra il valore normale dell’immobile e il costo fiscalmente riconosciuto.
- Proroga per tutto il 2019 del bonus fiscale destinato alla formazione del personale; sono invece state abrogate le agevolazioni IRAP per le imprese operanti nelle regioni del Mezzogiorno, e per quelle che non si avvalgono di lavoratori dipendenti; è stata inoltre confermata l’abrogazione dell’Ace.
Bandi Inail sempre più poveri, ma...
La decisione di ridurre i premi Inail per molte imprese comporterà infatti un drenaggio dai fondi destinati alle ormai celebri “lotterie” con cui l’Inail dovrebbe premiare chi investe sulla sicurezza; tuttavia gli agromeccanici – che pure tentano spesso la sorte con i bandi Isi – potrebbero esserne avvantaggiati. Infatti il tasso massimo di premio, dovuto dalle imprese con attività ritenute, a torto o a ragione, più pericolose, scende dal 130 al 110 per mille: fra queste rientrano le imprese agromeccaniche che, pur vantando un minimo tasso di infortuni, “fanno media” con le aziende agricole, messe assai peggio. Le imprese che operano nelle attività estrattive e nel movimento terra non dovranno più pagare il contributo – alcuni punti percentuali – contro il rischio della silicosi, ormai cancellato da decenni di evoluzione tecnologica.
Nel complesso quindi il quadro appare più favorevole, anche se il taglio ai finanziamenti ridurrà forzatamente la platea delle imprese che potranno accedervi, a meno l’Inail non scelga di ridurre la percentuale di contributo in conto capitale, o di pagarlo in conto interessi come faceva un tempo.
La legge di bilancio è stata pubblicata in Gazzetta il 31 dicembre, quando l’Inail aveva già iniziato a spedire le comunicazioni con il tasso di premio calcolato secondo le vecchie regole: di conseguenza la scadenza per l’autoliquidazione (16 febbraio) ha dovuto essere differita al 16 maggio.
Rifinanziamento della “legge Sabatini Ter”
In tempi di carenza di altre forme di finanziamento, la cosiddetta “Sabatini Ter” ha rappresentato una boccata d’ossigeno per molte imprese, in quanto determina un forte abbattimento degli interessi, dovuti su mutui e leasing, contratti per l’acquisizione di beni strumentali nuovi. Una volta che la domanda sia stata accettata dallo sportello ministeriale, l’importo dell’investimento è garantito dalla Cassa Depositi e Prestiti (e quindi dallo Stato) fino all’80%, e consente quindi di finanziare anche imprese molto esposte. L’intensità del contributo (in conto interessi) arriva a circa il 7,8% della somma finanziata; per i mutui l’aiuto è concesso entro pochi mesi dal completamento dell’investimento, mentre per i leasing il contributo deve essere richiesto (e concesso) annualmente.
A poco meno di tre anni dalla partenza – a inizio 2016 – il ministero dello Sviluppo economico ha dovuto constatare, con decreto del 3 dicembre scorso, il completo esaurimento della dotazione finanziaria, che ammontava a quasi 1274 milioni di euro. Il rifinanziamento resta però una goccia nel mare, che forse non riuscirà a soddisfare le domande rimaste: sommando le risorse degli ultimi 3 provvedimenti si arriva appena a 149 milioni, ai quali potrebbero però aggiungersi ulteriori fondi, rispetto ai 2,5 miliardi inizialmente destinati al Mise.
Apertura sulla vendita diretta di prodotti agricoli
La vendita diretta dei prodotti agricoli non salverà l’agricoltura italiana, ma rappresenta certamente una buona fonte di reddito integrativo per numerosi agricoltori, soprattutto se hanno manodopera disponibile in azienda e hanno una certa differenziazione di prodotti.
La vendita diretta, considerate le abitudini dei consumatori italiani, richiede molto lavoro e una certa specializzazione, se non altro per presentare il prodotto in modo similare a quello che è ormai diventato il modello di riferimento, ossia la grande distribuzione. L’attività può essere redditizia, specialmente se si ricorre al lavoro della famiglia e se si cerca di produrre il più possibile in proprio; quando l’incidenza dei prodotti acquistati aumenta, diminuisce il valore aggiunto prodotto in azienda, e quindi la redditività.
Al fine di favorire questa pratica, in sede di conversione del decreto-legge è stata aggiunta la norma che prevede la possibilità di integrare l’offerta di prodotti agricoli in vendita, ricorrendo all’acquisto di prodotti di natura diversa da quelli realizzati in azienda.
Tale possibilità è vincolata alla natura dei fornitori – che devono essere essi stessi agricoltori – nel limite di fatturato già esistente per la vendita diretta: il valore di vendita dei prodotti propri deve essere prevalente rispetto a quello determinato dai prodotti acquistati.
Bonus fiscale per la raccolta di prodotti spontanei
La norma riguarda coloro che, a titolo non professionale, raccolgono e vendono funghi, tartufi e altri frutti spontanei, e consiste in una imposta fissa di 100 euro all’anno; l’attività è considerata occasionale – e quindi non professionale – se il totale percepito non supera i 7.000 euro annui. Si tratta di un’agevolazione significativa, perché per i tartufai la tassazione sarebbe assai maggiore: con 7.000 euro di corrispettivi, tolto il 22% di detrazione a forfait, i restanti 5.460 euro dovrebbero essere tassati al 23%, per un costo fiscale di 1.256 euro; quindi il risparmio è di ben 1.156 euro. La disposizione è finalizzata alla tracciabilità degli alimenti, oltre che alla tutela della credibilità dei raccoglitori non professionali e dei prodotti spontanei; l’ormai diffusa abitudine a leggere l’etichetta potrebbe indurre il consumatore a pensare che solo i prodotti confezionati siano sani e genuini. L’acquirente – ristoratore, commerciante ecc. – deve ora compilare un documento d’acquisto recante le generalità del raccoglitore, la data le quantità e qualità del prodotto, l’importo pagato e gli estremi del pagamento dell’imposta sostitutiva.