La quinta migliore stagione dal 2001 a oggi, con una resa media di 137,7 q/ha. Questo l’esito finale della sperimentazione nazionale coordinata dal Crea-CI di Bergamo, i cui risultati, presentati da Gianfranco Mazzinelli in occasione della tradizionale Giornata del mais a Bergamo, hanno come sempre messo in luce gli ibridi che si sono comportati meglio nella campagna scorsa.
Dunque, una buona annata, quella del 2018, caratterizzata da un andamento termico nel complesso favorevole che, fatta eccezione per il mese di marzo e la prima metà di aprile, per tutto il ciclo colturale ha fatto registrare temperature superiori al 2017. In particolare, i mesi di settembre e ottobre sono stati particolarmente miti, tanto che l’autunno 2018 è stato uno dei più caldi degli ultimi 20 anni. Questo trend ha quindi determinato un accumulo di gradi calore pari a 2.670 Gdd, contro i 2.419 del 2017. Per contro, le conseguenze di un marzo-aprile freddo (e piovoso) sono state una semina ritardata di un mese rispetto alla stagione precedente e una fioritura “slittata” ai primi di luglio, dopo di che il ciclo ha subito un’accelerazione grazie appunto alla risalita delle temperature, tanto che il periodo di accumulo alla fine è stato lo stesso del 2017, ovvero 55 giorni. Per quanto riguarda le precipitazioni, sono state sostenute e ben distribuite durante tutta la stagione, per un totale di 973 mm nel periodo marzo-ottobre (166 mm in più dello stesso periodo 2017).
Pioggia e temperature favorevoli
Questa combinazione termico-pluviometrica ha fatto sì che quella del 2018 sia stata una stagione positiva per la coltura del mais dal punto di vista delle rese, perché il caldo è stato comunque accompagnato da precipitazioni (soprattutto in luglio e agosto) e ha evitato l’insorgenza di stress limitanti per la produzione e la sanità della granella. Le stime del bollettino Mars della Commissione europea – ha riferito Mazzinelli – parlano di una resa media per l’Italia di 98,7 q/ha, in aumento del 6,1% sul 2017 (e nella media degli ultimi cinque anni), mentre nel Nord Europa le rese dovrebbero attestarsi sui 74,9 q/ha, in calo del 4,6% sul 2017. La stima Ismea per l’Italia, invece, è ancora più ottimistica (101 q/ha, +2,6% sul 2017), ma prevede un ulteriore calo delle superfici (-4,9% sul 2017, per un totale di poco più di 614mila ettari).
Se guardiamo l’andamento delle rese dal 2001 al 2018 – ha proseguito Mazzinelli – mostrano una forte correlazione positiva con le precipitazioni, mente sono inversamente proporzionali alle temperature, tanto che per ogni grado in più si ha un calo di 2,8 t/ha nelle rese. Una rapida occhiata al trend climatico di questo inverno (2018), piuttosto anomalo perché molto asciutto, con riserve idriche al di sotto della media del periodo 2006-2015, fa temere l’insorgenza di problemi la prossima estate.
Classi 500, 600 e 700
Quest’anno la sperimentazione delle prove agronomiche ha interessato 45 ibridi, in 9 località diverse, con la novità dell’introduzione delle micorrize nei test di valutazione dei fattori agronomici. La media produttiva è stata nettamente superiore a quella del 2017, con 137,7 q/ha contro 128,9 q/ha. In particolare, le province più produttive sono state Castagnole Piemonte (To) e Fontanella (Bg).
Per quanto riguarda le singole Classi Fao, la 500 ha visto ai primi tre posti P1134 di Pioneer (che si conferma negli anni), Kws Proprimero (novità di Kws) e a pari merito P0937 di Pioneer e Kefieros di Kws. Nella Classe Fao 600, invece, ha primeggiato P1672 (novità di Pioneer), davanti a due conferme degli anni precedenti, ovvero P1547 (ancora Pioneer) e Mas 68.K (Mas Seeds). Per la Classe Fao 700, infine, il podio è stato formato da Shaniya e Mas 78.T di Mas Seeds, seguite da DKC6980 di Dekalb.
L’andamento delle rese dal 2000 a oggi (Fig. 1) può essere letto in maniera positiva, a testimonianza di un buon lavoro di miglioramento genetico, con alcuni picchi positivi (2011, 2014 e 2016) e altri negativi (2003, 2012 e 2013). La valutazione dell’incidenza dei fattori agronomici (Fig. 2) ha evidenziato effetti positivi per tutti i fattori presi in considerazione: l’alto investimento ha consentito il 3% in più di resa, i trattamenti il 2% e la concimazione azotata il 28% in più. Anche la micorrizazione ha determinato un aumento di resa, pari al 5%. Guardando, infine, i valori indice (Fig. 3), otto ibridi hanno fatto registrare un indice superiore a 100 negli ultimi 4 anni, e alcuni di loro si sono dimostrati anche molto stabili negli anni, mentre altri sono risultati decisamente altalenanti, e quindi molto sensibili all’effetto ambientale.
Precoci e trinciato
Passando ai precoci (Classe Fao 300 e 400), sono stati 21 gli ibridi in prova in 5 località diverse e per la Classe 300 ai primi 3 posti si sono piazzati P0729 e P0837 di Pioneer, seguiti da Mas 55.N di Mas Seeds, mentre per la Classe 400 in vetta alla classifica si trova P9241 di Pioneer, seguito da DKC4316 di Dekalb e Kenobis di Sis.
Per il trinciato, invece, sono stati testati 23 ibridi, in 3 località diverse, e nella Classe 600 al primo posto si è piazzato P1672 di Pioneer, seguito da DKC6664 di Dekalb e P1535 di Pioneer; nella classe 700, invece, primo gradino del podio per Shaniya di Mas Seeds, davanti a P2088 di Pioneer e LG30.703 di Limagrain.
Per quanto riguarda sostanza secca e UFL, molti ibridi hanno associato alla resa elevata una altrettanto elevata qualità; nel confronto tra UFL e digeribilità della fibra (NDF_D 12 ore), alcuni ibridi si sono segnalati per alta digeribilità e bassa qualità, altri per alta qualità e alta digeribilità e altri ancora per alta qualità, ma bassa digeribilità.
Micotossine
Infine, sono stati presentati anche i risultati relativi al contenuto di micotossine nella granella. 42 i centri di stoccaggio utilizzati nel 2018, con la solita suddivisione in 5 macroaree geografiche (Ovest, Centro, Est, Sud Po e Adriatica), per un totale di 316 campioni analizzati. I risultati delle micotossine – ha riferito Sabrina Locatelli del Crea-CI di Bergamo – sono stati condizionati dalle piogge in luglio e agosto più che dalle alte temperature. Per quanto riguarda la più temuta, l’aflatossina B1, un contenuto superiore ai 20 µg/kg è stato ritrovato solo nel 3% dei campioni, un valore inferiore rispetto ai 6 anni precedenti (solo nel 2014 si era registrato una percentuale pari a 0). Le aree più colpite sono state l’Est e l’Adriatica, probabilmente come conseguenza dell’andamento climatico e di pratiche agronomiche che fondamentalmente non fanno ricorso all’irrigazione. Cattive notizie sono arrivate, invece, dalle fumonisine, con quantitativi superiori a 4.000 µg/kg ritrovati nel 41% dei campioni, valore più alto rispetto agli ultimi 3 anni, ma nella media 2011-2017, a dimostrazione che il Fusarium verticilloides è endemicamente presente nella Pianura Padana. L’area più colpita è stata il Centro (76% dei campioni), mentre il Sud Po è stata la zona meno interessata (11%). Chiudiamo con il contenuto di Don e Zearalenone: per il primo non ci sono stati campioni con contenuto superiore a 8.000 µg/kg (nel 2014 furono il 21%) e solo il 9% ha presentato quantitativi tra 1.750 e 8.000 µg/kg. Ancora meglio è andato lo Zen, dal momento che tutti i campioni sono rimasti sotto i 350 µg/kg, in linea con le ultime campagne.