Ogni tanto val la pena tornare in un’azienda già visitata in passato, per vedere come vanno le cose e soprattutto come si sta evolvendo il lavoro del contoterzista con il passare degli anni. Vale ancor più la pena se dalla visita precedente sono passati ormai 15 anni, un arco di tempo in cui in un’azienda può cambiare tutto o quasi.
Torniamo allora a casa di Umberto Berton, piccolo agromeccanico della Città metropolitana di Venezia, con sede a Noale, ai confini con Trevigiano e Padovano. L’ultima volta che passammo da queste parti, nel lontano 2006, Berton lavorava con un solo dipendente, eseguendo ogni tipo di lavoro agricolo, ma vista la forte concorrenza da parte dei cosiddetti irregolari (in primo luogo agricoltori che fanno lavori in conto terzi grazie all’attività connessa svolta in modo non corretto), stava pensando di spostarsi sulla gestione del verde pubblico o anche sul movimento terra. Lo ritroviamo, tuttavia, a fare ancora il contoterzista agricolo; ma i dipendenti sono diventati due; uno dei quali, Luca Antonello, è ormai più un socio che uno stipendiato, essendo in azienda da decenni. In ambito lavorativo, in questi anni sono aumentati fortemente gli ettari lavorati in gestione completa o in affitto. Conseguenza, evidentemente, di una realtà agricola molto particolare, in cui la superficie media aziendale supera di poco i tre ettari, stando a quanto ci dice lo stesso Berton. «Ci sono anche aziende, che qui possiamo chiamare grandi, che hanno 15 o 20 ettari. Sono soprattutto allevamenti, in questo caso. Ma nella media, effettivamente non si va oltre i due o tre ettari di superficie complessiva. Le cause sono molte, tra cui, senza dubbio, la frammentazione dovuta alle progressive successioni ereditarie, per cui alla morte di un proprietario i figli o comunque gli eredi si dividono i terreni, frazionandoli ulteriormente».
Gestione complessiva
Questa situazione ha permesso all’azienda di siglare molti contratti di coltivazione, in cui Berton e i suoi dipendenti hanno massima libertà di scelta in materia di come e quando intervenire. «Il proprietario ci dice soltanto,
«Grazie alle aziende gestite in autonomia il lavoro non manca. Ma in generale questa è una zona in cui tanti fanno lavorare il contoterzista. Con superfici così piccole non avrebbe senso investire su trattore e attrezzi».
Agricoltura tradizionale
Detto della dimensione aziendale, occupiamoci un po’ anche dell’agricoltura in questa fascia del Veneziano. «Diciamo che è abbastanza tradizionale. Le colture principali sono indubbiamente il mais e la soia, più un po’ di grano e i foraggi per chi fa allevamento».
Le rese, continua Berton, sono nella media: attorno ai 100 quintali per ettaro su mais (parlando di granella al 14% di umidità). Buone anche le performance della soia, che in queste zone è molto coltivata. «Per la gioia di chi adesso ha qualche partita da vendere. Non noi, purtroppo: nonostante si abbia l’azienda agricola, non ho mai fatto soia. Un po’ me ne pento, viste le quotazioni (l’intervista è stata realizzata a inizio estate, ndr)».
La presenza di un’azienda agricola a fianco di quella agromeccanica si spiega non soltanto con il fatto che l’imprenditore coltiva molti terreni in affitto, ma anche con la sua storia professionale, che passa appunto dall’agricoltura per approdare al contoterzismo. «Fino agli anni Ottanta effettivamente eravamo agricoltori. Quando il proprietario del terreno che avevamo in affitto ci chiese la restituzione del fondo, cominciai a fare lavori per le aziende vicine, dal momento che la terra rimasta non era molta. Da allora la parte di agromeccanica crebbe progressivamente fino alla dimensione attuale».
Fiat, Same e New Holland
Sotto i capannoni di Umberto Berton troviamo soltanto due colori: il giallo di New Holland per le mietitrebbie e il rosso Same per i trattori. «All’inizio dell’attività avevamo Fiat, ma nel 1990 provai il primo Same e ne rimasi molto soddisfatto. Da allora siamo sempre stati legati a questo marchio, anche grazie all’efficienza della concessionaria. Mason è una ditta seria, che ha buoni meccanici e risponde molto velocemente in caso di problemi». Attualmente le macchine presenti in azienda sono otto, a coprire un ampio ventaglio di modelli e dimensioni. Si va dall’Audax 220 all’Iron 200, oggetto di una prova su questa rivista nel 2007 e arrivato oggi al bel traguardo di 11mila ore. Seguono poi un 155 cavalli, un Explorer 120 che rappresenta l’ultimo acquisto e di cui abbiamo recentemente parlato, e infine una nutrita rappresentanza della gamma Silver: 80, 90 e 110. «Sono macchine valide, anche se ultimamente hanno dato qualche problema, soprattutto al cambio e al condizionatore. Diciamo che le prime acquistate erano migliori, poi c’è stato un certo cedimento. Fortunatamente, l’Explorer sembra aver ritrovato qualità e affidabilità dei vecchi Same. Per cui, avanti così».
Lavorazioni
L’innovazione tarda ad arrivare nel Veneziano, complici terreni che non sempre la favoriscono. «Abbiamo parecchia variabilità in zona. Si va dal limoso-sciolto della parte più vicina a Venezia all’argilloso-tenace del versante trevigiano. Per questo motivo – spiega Umberto Berton – l’aratura è ancora molto praticata, sebbene da parte nostra cerchiamo, progressivamente, di abituare i clienti alle lavorazioni alternative. Come la ripuntatura, per esempio, che dà risultati simili con meno spese, oppure la semina su sodo, preceduta soltanto da una leggera fresatura, per la soia di secondo raccolto».