Impianti di biogas anche in Centro Italia si può

Roberto Rossi (terzo da sinistra) con alla sua destra il genero Luca Starna. Ai lati, personale della Pm&B, concessionaria John Deere per Viterbo e provincia
Roberto Rossi nel Viterbese ha decisamente puntato su questo settore. E per il futuro strizza l’occhio anche al biometano

Il boom del biogas, spinto da sostanziosi (e non sempre accorti) finanziamenti pubblici, fu una boccata d’ossigeno per molti contoterzisti, a cominciare da quelli della Pianura Padana, territorio dove prima e con più forza si diffusero gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. In quegli anni, come ricorderanno i lettori, le immatricolazioni di trinciacaricatrici balzarono alle stelle, spesso a scapito delle mietitrebbie.

La distribuzione del digestato occupa uno spazio importante nei lavori dell’azienda e sovente ostacola la semina del secondo raccolto

Oggi la situazione si è stabilizzata: molti contoterzisti continuano a lavorare parzialmente per il biogas, facendo raccolta degli insilati o qualche volta gestendo l’intero ciclo colturale; sul versante opposto, qualcuno ha abbandonato questo ramo di attività, scoraggiato dalla concorrenza al ribasso che spesso vi si praticata, nonché dal forte potere contrattuale dei gestori, che avendo centinaia di ettari da far lavorare possono imporre ai terzisti prezzi e condizioni. Ci sono però anche alcuni agromeccanici che sul biogas hanno puntato forte, facendone la fonte principale dei propri introiti.

Il 9520 RX è utilizzato con un pentavomere semi-portato, un quadrivomere trainato per arature fino a 60 cm di profondità e poi con preparatori combinati dall’altissima produttività oraria

Da Roma ad Arezzo

In questo numero andiamo a conoscere una di queste imprese. Il titolare è Roberto Rossi, una cinquantina d’anni, di cui quasi 40 spesi tra campi e trattori. La sua ditta, di cui ci occuperemo a breve, è particolare sotto diversi profili. Il primo è quello territoriale: si penserebbe che un contoterzista specializzato sul biogas abbia la sua sede naturale in Pianura Padana. Al contrario, Rossi vive a Vetralla, una decina di chilometri a sud di Viterbo. Un laziale a tutti gli effetti, dunque. Che tuttavia, lavorativamente parlando, è un vero “nomade”, visto che con i suoi mezzi spazia da Roma alla provincia di Arezzo. In altre parole, 70 km a sud e quasi 150 a nord della propria sede naturale. «Per lavorare facciamo tanta strada, è vero. Quando iniziammo si restava nel Viterbese, ma pian piano siamo cresciuti e attualmente quel territorio ci sta un po’ stretto, soprattutto per il tipo di attività che pratichiamo. Per questo motivo ci siamo spinti a sud e a nord, arrivando appunto fino a Roma da una parte e fino alla zona di Montepulciano dall’altra», spiega.

Anche la trinciacaricatrice è John Deere, mentre per le mietitrebbie Rossi si rivolge a Claas

Lavori in sub-affitto

Altre caratteristiche che distinguono quella di Rossi da una normale impresa di contoterzismo sono il sistema e l’ambito di lavoro. Dopo aver operato per diversi anni come in modo tradizionale, ovvero facendosi chiamare per arature, semine e trebbiatura di cereali e altre colture annuali, Rossi ha decisamente puntato sul biogas: «Quando arrivò questo nuovo settore in agricoltura pensammo di impegnarci in esso. Lo facemmo lavorando in un impianto progettato dalla Seko (per la precisione Seko Agripower, un ramo della Seko spa, ndr), nel Viterbese. È grazie al team di Ricerca e sviluppo Seko se ho imparato i fondamenti di questa attività. Successivamente, cercammo altri impianti con cui collaborare e la ricerca ci ha portato appunto in giro per il Centro Italia. Oggi serviamo più di un digestore e guardiamo con attenzione alle nuove frontiere, a cominciare dal bio-metano. È nostra intenzione, infatti, continuare a operare in questo comparto, se possibile con un impegno anche maggiore dell’attuale».

Dopo aver avuto Case IH per anni, ora Roberto Rossi sta acquistando sistematicamente trattori John Deere

Vediamo ora la modalità di lavoro: come abbiamo scritto, ci sono agromeccanici che aspettano la chiamata e altri che prendono in gestione l’intera lavorazione di una determinata superficie. Rossi va oltre: sub-affitta i terreni prendendosi in carico tutti i rischi della coltivazione e fornisce successivamente il prodotto all’impianto. «In questo modo rischiamo di più, me ne rendo conto, ma siamo anche più liberi di mettere in pratica le nostre soluzioni. Possiamo sperimentare nuove varietà, decidere le epoche di semina e lavorazione, vedere come i terreni rispondono a determinati stimoli. Lo facciamo senza dover rendere conto a nessuno, se non per l’obbligo di fornire gli insilati al proprietario dei terreni e del digestore. Da una parte siamo più autonomi; dall’altra, se sbaglio non me la posso prendere con nessuno se non con me stesso». E sbagliare, aggiunge Rossi, è molto semplice. «A differenza dell’agricoltura tradizionale, il biogas non perdona ed evidenzia subito ogni errore. Quando si coltiva per il mercato, infatti, fino alla vendita del prodotto non si sa se si è fatto un buon lavoro o meno. Con il biogas questa verifica è molto più immediata e per questo è vietato fare passi falsi. I margini di guadagno sono ridotti: perché resti qualche soldo è necessario che tutto vada per il meglio. Servono programmazione, tempestività di intervento, contenimento dei costi di produzione. Se si fa tutto per bene, a fine stagione resta in mano qualcosa».

La minima lavorazione, sebbene non maggioritaria, è comunque presente tra le attività aziendali

Ognuno fa il suo

In anni e anni di lavoro si impara molto su un’attività. Per esempio, Rossi ha selezionato attentamente i cereali da utilizzare: «Visto il clima del Centro Italia diamo la prevalenza ai cereali vernini: il mais ha ottime rese ma è difficile da fare nelle nostre zone. Per il primo raccolto usiamo solitamente dei miscugli composti da grano, orzo, farro e qualche altra essenza. Un tempo era compreso il triticale, che ora abbiamo abbandonato. Dal momento che il biodigestore ha sempre fame di insilati, cerchiamo inoltre di raddoppiare i raccolti, laddove possibile. Purtroppo, tra i tempi di distribuzione del digestato e le scarse piogge estive, non sempre è possibile farlo. Quando ci riusciamo, solitamente scegliamo il sorgo: più resistente e a ciclo più breve del mais, sebbene meno produttivo».

Anche un’attività semplice come la semina è realizzata con macchine dalla grande capacità oraria

Il mais, invece, Rossi lo lascia coltivare ai proprietari dei terreni. «Stringiamo accordi di coltivazione con piccoli agricoltori locali, riservandoci la raccolta. Sono convinto che determinati lavori debbano essere fatti da chi ha un effettivo interessa alla loro buona riuscita. Tra un dipendente svogliato e il padrone del terreno che conosce benissimo i suoi campi e vuol fare tanta resa, certamente scelto il secondo. Con questo, vorrei tanto avere più dipendenti, ma trovare ragazzi che abbiano voglia di imparare e seguirci nei nostri viaggi è molto difficile, per cui ci teniamo quelli che ci sono attualmente». Che sono, per la precisione, cinque persone, tra cui figura anche Luca Starna, genero del titolare. Durante il periodo dei raccolti, però, il personale raddoppia. «Non siamo molti, ma come ho spiegato facciamo fare una parte di lavoro ad altri, che siano i proprietari dei terreni o anche contoterzisti, con cui collaboriamo regolarmente. Inoltre, abbiamo macchine che ci permettono di fare tanti ettari con poco personale».

Ben quattro modelli della gamma 8R trovano posto sotto i capannoni di Rossi

La scelta pro John Deere

«Fino a pochi anni fa le nostre macchine erano tutte Case Ih, un marchio che mi piaceva e che mi dava continuità con il gruppo Fiat, con cui lavoravamo in passato. Da qualche anno, tuttavia, ci affidiamo a John Deere. Iniziammo con un trattore; successivamente, vista l’affidabilità e le buone prestazioni, ne prendemmo altri. Nei prossimi anni, se tutto procede come ora, potremmo anche diventare mono-colori». Attualmente in azienda troviamo una decina di mezzi del Cervo: una trincia e poi vari trattori, tutti di potenza medio-alta. Si va dai 6195R agli 8R (quattro in tutto) per arrivare fino al 9520 Rx che rappresenta senza dubbio il capofila del parco macchine. «Il concetto di articolato con i cingoli ce l’avevo in testa dai tempi di Case, infatti avevo considerato l’acquisto di un Quadtrac. Le cose andarono diversamente, ma alla fine sono riuscito ad averne uno». Il giudizio sulla macchina, per inciso, è totalmente positivo: «Fa cose che un gommato non può fare, soprattutto quando il terreno è pesante. È un mezzo con un traino eccezionale e una stabilità senza precedenti, che copre tranquillamente il lavoro di due macchine, riducendo così il problema della scarsa manodopera».

9RX, decisamente il trattore di punta per l’azienda. Svolge regolarmente il lavoro di due trattori gommati, dice il proprietario

Non soltanto biogas

Sebbene Roberto Rossi voglia impegnarsi con sempre più forza nella gestione degli impianti di biogas, la sua attività oggi riguarda anche l’agricoltura tradizionale. In questo caso, ci spiega, lavora ancora spesso per chiamata, anche se crescono costantemente i terreni affidati alla sua ditta per l’intero ciclo di lavorazione. «In questo caso facciamo tutto noi, ma sono i proprietari a dirci quando intervenire. I raccolti, naturalmente, restano a loro, come nel contoterzismo classico».

Infine, Rossi e i suoi dipendenti eseguono lavori di movimento terra, con scraper, escavatori e altre macchine specializzate. «In genere – conclude l’agromeccanico laziale – anche per questa attività preferiamo restare in ambito agricolo, dove comunque c’è parecchio da fare, anche nel ramo del movimento terra. Tuttavia, capita di fare qualche appalto per la pubblica amministrazione o l’industria».

Impianti di biogas anche in Centro Italia si può - Ultima modifica: 2021-06-14T15:14:31+02:00 da Roberta Ponci

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