Contoterzisti da quarant’anni, contoterzisti in un mondo che cambia in fretta e manda in pensione quelle attività che fino a pochi anni fa davano da mangiare. Due su tutte, la trebbiatura e il movimento terra, perlomeno per la parte industrial-edilizia. E alle imprese, ovviamente, tocca adeguarsi, orientandosi sui settori che ancora “tirano” e cercandone, quando possibile, di nuovi.
Fra tre province
Siamo a Fiesse, comune che fa capo a Brescia, ma in realtà è sul confine di tre province lombarde: oltre a quella di appartenenza, infatti, abbiamo Mantova appena a est e Cremona pochi chilometri a sud. «È vero: il nostro ambito di lavoro spazia su tre province diverse, pur essendo circoscritto a una quindicina di chilometri dalla nostra sede», conferma Carlo Baioni, che assieme ai nipoti Matteo e Fabrizio manda avanti l’azienda di famiglia, la Cfm Agriterzi.
Azienda che per il mondo del contoterzismo è relativamente recente, ma dopotutto si avvicina a grandi passi a quarant’anni. «In effetti – interviene Carlo – la fondammo nel 1978, i miei due fratelli e io. Loro al momento sono in pensione e sono così subentrati i loro figli». Le origini sono quelle di tante imprese del settore: prettamente agricole. «Siamo coltivatori da generazioni e prima di cominciare a fare lavori per gli altri, mandavamo avanti i nostri terreni e avevamo una stalla da latte. A un certo punto acquistammo una mietitrebbia, poi una rotopressa, poi i trattori per l’aratura… e fu così che finimmo col vendere le vacche per dedicarci a tempo pieno alla meccanica agricola». Da allora il contoterzismo ha preso piede, fino a diventare prioritario, portando alla divisione delle aziende. «La parte agricola è rimasta a uno dei miei fratelli, mentre Matteo, Fabrizio e io abbiamo gestito la parte agromeccanica». Tre titolari, nessun dipendente: una ditta di taglio prettamente familiare. «A volte ci vorrebbero anche, ma finché siamo tra noi, siamo sicuri di riuscire a tirarci fuori qualcosa. Con i dipendenti, tutto si complica». O meglio, precisa Baioni, si complica ancora di più. «Perché già adesso, con la burocrazia non si capisce più niente. Tanto è vero che dopo essercela cavata da soli per anni, con l’aiuto soltanto della commercialista, qualche tempo fa ci siamo aggregati all’Apima di Brescia, la sola che riuscisse a venire a capo della massa di pratiche che si devono sbrigare per poter lavorare».
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Il territorio in cui operano è sì lombardo, ma non ortodosso. Non è, insomma, una monocoltura di mais. «Il mais è prioritario, ma ci sono alternative, dalla soia al grano, dalle patate all’insalata, per terminare con il pomodoro da industria, che negli ultimi quattro o cinque anni è cresciuto di superficie». Emigrando dalle vicine – e vocate – province di Parma e Piacenza. «Da quelle parti hanno terreni ormai esausti, non riescono più a produrre. Qui invece abbiamo campi ancora “vergini”, per cui si fanno buone rese». «A ogni modo – interviene Matteo – anche l’insalata si sta ritagliando una fetta di spazio e per fortuna riusciamo a lavorare anche in questo settore, con aratura, preparazione del terreno, livellamenti».
Ultima coltura in ordine di tempo – ma bisognerebbe parlare di un ritorno, piuttosto, è la barbabietola: «Da quest’anno gli agricoltori sono tornati a seminarla, dopo anni di totale abbandono. La riapertura dello zuccherificio di San Quirico sta ricreando una piccola filiera».

di ricavare qualcosa dalla raccolta di mais e cereali vari.
Tutto questo toglie spazio alla coltura principe della pianura Padana. «Ma non sono solo le coltivazioni alternative a portarsi via mais: la maggior responsabilità è dei biodigestori». Di modo che, tra biogas, orticole e nuove-vecchie coltivazioni, la trebbiatura è in caduta libera. «Noi la facciamo ancora, soprattutto perché abbiamo tre macchine già ampiamente ammortizzate, ma le superfici stanno scendendo. Passeranno ancora anni prima anche soltanto di pensare a cambiarla, la mietitrebbia».
Crisi dell’edilizia
Un altro settore un tempo florido, ma ora piuttosto in sofferenza è quello del movimento terra. «Abbiamo due escavatori, che usavamo sia per i clienti agricoli sia per sbancamenti e altri interventi in ambito edilizio o industriale», dice Matteo. Un settore, quest’ultimo, che, al momento, anche nel Bresciano è quasi fermo. «Ci restano i clienti agricoli e per fortuna con quelli lavoriamo abbastanza», fa eco Fabrizio. Per il resto, i Baioni eseguono diversi lavori in ambito agricolo: oltre alla classica aratura, fanno preparazione del terreno, semina, trattamenti. «Stiamo inoltre aprendo un nuovo ramo con la distribuzione dei liquami. Abbiamo comperato un carro-botte che ci servirà per avviare il servizio. La risposta dei clienti è buona, credo che potrà diventare un’attività interessante», ci spiega Carlo. I clienti, aggiunge, sono in larghissima parte allevatori – le stalle non mancano, tra Cremona, Mantova e Brescia – ma anche i biodigestori possono diventare clienti interessanti. «In ogni caso – concludono i tre contoterzisti – il lavoro non manca, quindi non ci possiamo lamentare. Se mai – è il pensiero di Carlo – c’è qualche difficoltà di concorrenza al ribasso, ma immagino che sia un problema comune un po’ in tutti i territori». Comune lo è di certo, come pure è comune la difficoltà nel recuperare i crediti, in qualche caso. Aspetti a cui un contoterzista moderno deve abituarsi, se vuol continuare a lavorare.