Non sono gli otto semoventi, sette Vervaet e un Terragator, tutti con sistema Nir di analisi del titolo di azoto. Non sono nemmeno la trincia, le quattro trebbie, anch’esse con Nir, e gli otto trattori collegati in rete e sempre visibili dal maxischermo piazzato in ufficio. E in fondo non è nemmeno questo maxischermo da 75 pollici a dare il senso di un futuro che qui a Cologne arriva un po’ prima che altrove. Sono, principalmente, le parole di Adriano Chiari mentre spiega come ha organizzato la sua azienda e racconta che con otto trattori, quattro mietitrebbie e una trincia gestisce migliaia di ettari di terreno, laddove altre aziende per la stessa superficie hanno quasi il doppio delle macchine. E naturalmente delle spese.
Un premio meritato
Le spese, per Chiari, sono un elemento centrale dell’attività. Anzi, si può con ragione sostenere che per anni gli ingenti investimenti fatti nella sua azienda hanno girato attorno a questo perno: la riduzione dei costi di produzione. E ancora lo fanno, ovviamente, sebbene oggi siano legati anche alle richieste della clientela. «Visto che in agricoltura non è possibile alzare più di tanto il prezzo delle lavorazioni, ridurre le spese è la chiave per fare utili. Perciò quando cominciammo a investire nelle tecnologie di precisione decidemmo di farlo anche in assenza di una reale domanda da parte del mondo agricolo, integrando questi sistemi nella gestione aziendale per ammortizzarne il costo». Il risultato è tutto in un numero, che Chiari cita non appena richiesto, perché quei conti li ha fatti e rifatti cento volte: «Grazie al controllo satellitare e alla conseguente raccolta dei dati si riducono i costi del 20%, senza difficoltà». Sta basso, ma si capisce che la cifra che ha in mente è anche superiore. Per questo, e per quanto racconteremo nelle prossime pagine, il premio come Contoterzista dell’Anno per l’Innovazione, ricevuto nel febbraio scorso, è senz’altro più che meritato.
Il metodo Chiari
Non è la prima volta che in queste pagine raccontiamo la sua attività, per cui ridurremo all’osso i dati storici per concentrarci sulla contemporaneità. La ditta fu fondata a inizio secolo dal bisnonno di Adriano e poi portata avanti dai due figli e dal nipote, Antonio, padre dell’attuale titolare. Quest’ultimo è entrato nell’azienda alla fine degli studi e lo stesso sta facendo ora suo figlio Andrea, che si prepara a proseguire la dinastia.
Per punti, ecco le tappe dell’evoluzione: nel 1995 iniziano a fare agricoltura conservativa: nel giro di sette anni sotto i capannoni non ci saranno più né un aratro né un erpice rotante. Due anni dopo, nel 1997, i Chiari fanno conoscenza con i sistemi di rilevamento satellitari e decidono di acquistarne alcuni. «I dati sulle lavorazioni erano scaricati su floppy disk; ne avevamo uno per ogni appezzamento. Per quattro anni abbiamo spinto i nostri dipendenti a seguire una complessa procedura di raccolta e immagazzinamento dati senza in realtà sapere che farne di tutti quei floppy. Avevamo i cassetti pieni e nessun software per utilizzarli».
Tra il 2001 e il 2002 arrivano i primi programmi per la gestione delle informazioni, ma i risultati che si ottenevano, ricorda Adriano, ancora non interessavano a nessuno. «Fu allora che dovemmo decidere se continuare a investire o meno. Per ammortizzare il costo decidemmo di usare queste informazioni per migliorare l’efficienza della nostra azienda, ottimizzare l’impiego delle macchine, ridurre i tempi morti e i costi improduttivi». Oltre che, ovviamente, per automatizzare i processi amministrativi, cosa che avverrà progressivamente nel decennio successivo.
Giusto per capirci: da quanti anni non gira un foglio di carta nella vostra azienda? «Sette. Oggi non c’è più una bolla, gli operatori non devono più scrivere nemmeno una riga. Quando fanno una lavorazione il sistema raccoglie tutti i dati e li invia ai computer dell’amministrazione. Da qui finiscono nella contabilità del cliente e successivamente nella fattura. Tutto automatizzato, senza possibilità di errore».
Perché si risparmia
Semplificare il processo di fatturazione fin quasi a farlo scomparire porta evidentemente grossi benefici all’efficienza aziendale, ma la tecnologia satellitare è utile in molti altri modi, che sintetizziamo con l’aiuto di Chiari.
Efficienza operativa. «La guida satellitare evita di lavorare più superficie del necessario. Prendiamo un campo da 10 ettari: se lo lavoro manualmente, con un attrezzo da 5 metri, alla fine avrò coperto circa 13 ettari. La guida satellitare mi fa risparmiare quasi tre ettari di lavoro inutile. Meno tempo, meno gasolio, meno fatica per l’operatore».
Condizioni di lavoro. «Per quanto sia bravo, un operatore dopo qualche ora è meno attento. Poi ci sono le condizioni ambientali come nebbia, buio, scarsità di punti di riferimento. Infine, non dimentichiamo lo stress dovuto ai rischi di sbagliare terreno, sbagliare impiego di mezzi tecnici, alla necessità di tenere traccia del lavoro fatto. Tutto questo con la guida automatica non è più un problema. L’operatore non deve nemmeno passare dalla sede aziendale, se il lavoro è lontano da essa: sale sul trattore e trova tutte le informazioni sul programma della giornata; va sul posto, preme un tasto e inizia a lavorare. Se l’agricoltore ha fatto una mappa di prescrizione, automaticamente ce l’ha nel terminale del trattore».
Logistica ottimizzata. Dal maxischermo già citato, Chiari controlla la posizione di tutti i mezzi in attività e può visualizzare il monitor di ciascun trattore o semovente come se fosse sul posto. «Questo non per sorvegliare i nostri collaboratori, ma per scoprire dove possiamo migliorare nell’impiego delle macchine. Mentre lavorano esse raccolgono informazioni e la conoscenza delle informazioni ci permette di capire come farle lavorare meglio. Per esempio, talvolta una macchina da raccolta resta ferma in mezzo al campo perché non è sufficientemente servita dai carri. Conoscendo le ore di fermo macchina nel corso della stagione si può decidere se valga la pena di acquistare un altro carro e far lavorare la macchina a pieno regime oppure no».
Grazie a questo tipo di gestione i trattori di Chiari hanno una media di 1.500 ore di lavoro l’anno: di molto superiore alla maggior parte delle aziende che visitiamo normalmente. Le macchine da raccolta si fermano invece a 500 ore circa, a causa della brevità del periodo di lavoro. «Dobbiamo cercare di aumentare al massimo le ore di lavoro annue, per ridurre i tempi di ammortamento. Per esempio, abbiamo acquistato dumper scarrabili, costituiti da un pianale su cui si possono applicare diversi cassoni: per trinciato, spandiletame, botte per liquami. In questo modo con uno stesso telaio facciamo circa duemila ore l’anno. Meno ingombro nel capannone, meno gomme impegnate, meno costi di gestione».
Un futuro di specializzazione
Guardiamo avanti nel futuro. L’evoluzione tecnologica continuerà? «Senza dubbio. Gli agricoltori chiedono con sempre più frequenza la raccolta dei dati. L’agricoltura di precisione diventerà un metodo di lavoro che assorbirà progressivamente tutti i modi di lavorare più antiquati».
C’è stata una svolta nel modo di pensare degli agricoltori? E quando? «Negli ultimi cinque anni la loro mentalità è cambiata».
Parliamo di voi, invece: la nostra ultima visita risale a una decina di anni fa. Come siete cambiati da allora? «Abbiamo completato un processo che era già in corso, ma ancora in itinere a causa dell’onerosità degli investimenti. Non si può rinnovare un parco macchine in due o tre anni. Ora siamo arrivati a regime: tutto ciò che non si poteva integrare nella rete di connessione è stato eliminato. Abbiamo anche ridotto il numero di macchine, pur facendo gli stessi ettari. Sfruttiamo meglio quelle che abbiamo e se ce ne serve una in più, la noleggiamo».
Interessante punto di vista: non tutti noleggiano. «Penso sia inutile avere un trattore per fare poche centinaia di ore l’anno. Se nei momenti di punta serve un trattore in più, meglio noleggiarlo e destinare i capitali a poche macchine, ma molto efficienti ed evolute».
Vede un parco macchine a noleggio, nel futuro dei contoterzisti? «No. Le macchine importanti per l’azienda, quelle che la caratterizzano, devono essere di proprietà. Il noleggio risolve necessità momentanee attraverso mezzi non così evoluti».
Parla di caratterizzazione: quali sono le macchine che caratterizzano un agromeccanico? «Dipende da come ha impostato la sua attività. Noi, per esempio, quando abbiamo deciso di crescere ci siamo concentrati su settori non coperti da altri, per non dar fastidio a nessuno. Abbiamo investito sulla distribuzione dei reflui e l’agricoltura conservativa. Credo che ogni azienda in futuro dovrà seguire un percorso simile: orientarsi su poche attività ma con un alto livello di specializzazione».
Finirà dunque l’era del contoterzista che fa tutto, dall’aratura alla raccolta? «A mio parere, sì».
Quindi si prospetta un futuro in cui più contoterzisti lavoreranno per uno stesso cliente. Servirà collaborazione, magari un consorzio. «Il nostro territorio non è abituato ai consorzi. In quanto alla collaborazione, già lo facciamo».
Uomini, tecnologie, robot
Parliamo di macchine agricole: sempre più tecnologiche e, in un prossimo futuro, sempre più autonome. «Vero, ma noi siamo in Italia, non negli Usa. Non credo che arriveremo a lavorazioni completamente automatizzate. Invece gli operatori potrebbero trasformarsi in supervisori: un solo uomo potrebbe controllare due o più macchine. Ma la presenza umana, a mio parere, resterà fondamentale».