La primavera della maiscoltura

Le abbondanti piogge e nevicate di febbraio e marzo hanno ristabilito le riserve idriche. Questo potrebbe favorire la redditività delle aziende irrigue

Il mercato del mais, al pari di quello degli altri cereali, evidenzia una fase di progressiva flessione dei prezzi dalla metà del 2023. Dopo anni di sostanziale stabilità attorno a 180 €/t, a fine 2021 le quotazioni della granella di mais si erano rapidamente impennate, raggiungendo e mantenendo valori attorno a 300-350 €/t per tutto il 2022, ma sono poi diminuite repentinamente fino a scendere poco sotto 200 €/t nel marzo 2024 (dati medi mensili Ismea)

Anche per il mais, il 2023 ha visto una forte ripresa delle importazioni dall’Ucraina (+50% rispetto al 2022), che rappresenta storicamente il primo fornitore italiano, oltre che dalla Russia, sia direttamente, sia indirettamente attraverso triangolazioni. Tuttavia, a differenza dei frumenti, lo scorso anno le importazioni di mais sono diminuite rispetto al 2022, che fu fortemente deficitario in termini di offerta nazionale. In particolare, l’import è passato da poco meno di 7,2 a 6,5 milioni di tonnellate (-10%). Nel caso del mais, dunque, la responsabilità del crollo dei prezzi è da ascrivere anche alle dinamiche produttive internazionali, oltre che a quelle dell’import, pur restando l’Italia un paese fortemente dipendente dal prodotto di origine estera.

In ogni caso, la contrazione dei prezzi alimenta una grave preoccupazione fra gli operatori, considerando che i valori si stanno riavvicinando alle quotazioni storiche precedenti al 2021, ma i costi di produzione permangono su livelli decisamente più elevati rispetto a quel periodo, per effetto della forte crescita registrata dalle materie prime nell’ultimo biennio.

Numeri in rosso

Alla luce delle dinamiche flettenti dei prezzi, pertanto, anche per il mais è utile un confronto aggiornato con i costi di produzione attesi per la campagna di semina 2023/24. I dati sono calcolati con riferimento a mais irriguo coltivato in Pianura Padana, principale area di coltivazione in Italia. Essi rappresentano la proiezione del costo di produzione per il raccolto 2024 in aziende standard e in condizioni di ottimale gestione agronomica.

Tab. 1 Costo medio di produzione del mais in Pianura Padana (2023/24)
Voci di costo €/ha %
Semente 230 6,3
Fertilizzanti 640 17,5
Diserbo 200 5,5
Agrofarmaci 100 2,7
Totale materie prime 1.170 32,0
Lavorazione del terreno 270 7,4
Semina 70 1,9
Fertilizzazione 50 1,4
Diserbo e trattamenti 110 3,0
Sarchiatura 75 2,0
Irrigazione 700 19,1
Trebbiatura con trinciatura 375 10,2
Essicazione 190 5,2
Totale costi lavorazioni 1.840 50,3
Spese generali 150 4,1
Prezzo d'uso capitale fondiario 500 13,7
Costo totale di produzione 3.660 100,0
Fonte: elaborazione dell’autore

Ciò premesso, il costo complessivo della coltura ammonta a circa 3.600 €/ha (tab. 1), di cui l’82%, pari a poco più di 3.000 €/ha, per materiali e costi di coltivazione, il resto imputabile al prezzo d’uso del capitale fondiario e alle spese generali. Relativamente alle spese per le materie prime, sono calcolabili 1.170 €/ha di costo, pari al 32% del totale. La voce di gran lunga preponderante nell’ambito dei materiali sono i fertilizzanti: il mais è una coltura esigente in termini nutrizionali, soprattutto se coltivata con irrigazione e, di conseguenza, tra interventi in presemina e in copertura, l’ammontare di spesa è di 640 €/ha. Nonostante un certo ridimensionamento negli ultimi tempi, i fertilizzanti sono tra i materiali che hanno conosciuto gli incrementi più rilevanti da quando ha preso avvio la fase di espansione generalizzata dei costi delle materie prime agricole e così, rispetto a un paio di anni fa, la spesa complessiva per il mais è quasi raddoppiata.

I costi delle lavorazioni, pari a 1.840 €/ha complessivi, includono le spese di manodopera e meccanizzazione, queste ultime sia fisse (ammortamenti, manutenzione e interessi passivi) che variabili (carburante), relative a ciascuna operazione colturale.

Il principale capitolo di spesa, in questo caso, è rappresentato dall’irrigazione: i diversi interventi irrigui necessari determinano, infatti, un esborso complessivo attorno a 700 €/ha. Seguono, in ordine di rilevanza, gli oneri relativi alla raccolta della granella che, considerando la trebbiatura e i costi di essicazione, arrivano a 565 €/ha. Ulteriori 270 €/ha sono quindi da computare per la preparazione del terreno, mentre le restanti voci di coltivazione, cioè semina, sarchiatura, distribuzione dei fertilizzanti e trattamenti fitosanitari, incidono nel complesso per poco più di 300 €/ha.

Costi e oneri vari

Per quanto concerne le voci non relative alla coltivazione, sono calcolabili circa 650 €/ha di costi ulteriori, di cui 500 €/ha imputabili al prezzo d’uso del capitale fondiario, cioè il costo del terreno, e 150 €/ha tra oneri aziendali generali e spese assicurative per la protezione dagli eventi climatici avversi.

Il costo così calcolato si riferisce a un’azienda gestita interamente con manodopera esterna e con terreno in affitto, mentre nel caso di azienda diretto coltivatrice e con terreno in proprietà il costo pieno all’impresa, cioè il reale costo monetario sostenuto scende di circa 750 €/ha, collocandosi così attorno a 2.900 €/ha.

Sulla base dei costi calcolati è così possibile valutare la redditività della coltura in funzione della resa produttiva e del prezzo alla produzione, individuando in particolare quali siano le combinazioni tra le due componenti che determinano il ricavo aziendale capaci di pareggiare i costi sostenuti (fig. 1).

Come rilevabile, con un prezzo di 200 €/t, pari alla media registrata nel mese di marzo 2024, serve una resa di circa 18 t/ha per pareggiare i costi complessivamente sostenuti da un’impresa in economia e senza terreno in proprietà, mentre per l’impresa diretto-coltivatrice con terreno in proprietà, la resa soglia scende a 14,5 t/ha. In entrambi i casi, i valori sono superiori alla media dell’area, che evidenzia rese medie nel lungo periodo attorno a 10-12 t/ha, con punte leggermente superiori nei terreni più performanti. Nel caso dell’impresa diretto-coltivatrice con terreno in proprietà, se la resa è di 10 t/ha è necessario un prezzo attorno a 290 €/t per coprire i costi sostenuti, mentre con 12 t/ha è sufficiente una quotazione di 240 €/t.

Va anche ricordato che i ricavi sono normalmente integrati dai contributi di base previsti dalla Pac, oltre che da quelli accessori per le imprese che aderiscono ai vari schemi previsti. L’entità della contribuzione è variabile in funzione degli impegni assunti: a titolo di esempio, considerando un aiuto medio di 200 €/ha, i valori soglia, sempre nel caso di impresa diretto-coltivatrice, scendono a 270 e 220 €/t, in funzione di una resa, rispettivamente, di 10 e 12 t/ha.

Coltivare in perdita

Come facilmente rilevabile dalle analisi effettuate, i prezzi registrati a partire dalla fine del 2023 risultano insufficienti a coprire i costi di produzione, anche considerando il caso piuttosto comune di coltivatori diretti con terreno in proprietà che, dunque, internalizzano parte delle spese complessive. Solamente con rese produttive molto elevate si può pensare di raggiungere quantomeno la copertura dei costi, ma senza alcuna marginalità economica. Peraltro, le ultime campagne delineano un tendenziale ribasso delle rese, con il 2022, in particolare, che ha fatto registrare il valore medio più basso dell’ultimo decennio (fonte: Istat).

I forti aumenti registrati dalle materie prime a partire dalla campagna 2021/22 hanno determinato una crescita dei costi di coltivazione attorno a 7-800 €/ha, cioè il 25-30% in più. Se con i prezzi registrati fino circa a un anno fa l’aumento dei costi appariva comunque sostenibile, l’attuale dinamica di ribasso che sta riportando le quotazioni sui livelli storici desta ovviamente grande preoccupazione per la sostenibilità economica della coltura nel futuro.

Il quadro per l’immediato futuro non è chiaro e le previsioni sono contrastanti, sia relativamente ai prezzi della granella, sia delle materie prime di coltivazione. Forti produzioni si registrano nei principali produttori del continente americano, mentre minori volumi dovrebbero giungere dall’Ucraina, per effetto della fine degli accordi di transito. È altamente probabile che il quadro di forte volatilità dei mercati possa scoraggiare ulteriormente la coltivazione del mais, già diminuita di oltre 30.000 ettari negli ultimi dieci anni.


1Consigli agronomici per ottenere il massimo
da un’annata partita con il piede giusto

Il mais è la principale coltura irrigua nazionale e quella che impiega i maggiori volumi d’acqua. Rappresenta quindi una notizia tutt’altro che irrilevante la prospettiva di avere incontrato una primavera piovosa, anticipata da una seconda metà dell’inverno anch’essa piovosa e nevosa sui rilievi. Nell’areale padano, dall’inizio dell’anno alla prima decade di aprile, si sono infatti registrate precipitazioni comprese tra 300 e 400 mm, non lontani dalla somma complessiva delle precipitazioni cumulate in tutto il “terribile” 2022.

Le falde, almeno quelle meno profonde, si trovano quindi quasi completamente ricaricate, così come i grandi bacini lacustri, i quali potranno, inoltre, contare sugli ingenti depositi nevosi, in grado di soddisfare le esigenze irrigue della prima parte dell’estate (periodo sicuramente più critico per lo sviluppo del mais).

Tuttavia, in un sistema complesso com’è quello dei sistemi colturali, ogni condizione metereologica, ancorché nel complesso favorevole, potrebbe presentare numerose ripercussioni. In questo caso il primo risvolto negativo di una primavera caratterizzata da frequenti e importanti eventi piovosi come quella in corso, sta nei ritardi e nei rallentamenti delle operazioni di semina: in pochissimi areali si è proceduto con le semine anticipate a marzo, se non in rari casi di terreni particolarmente sciolti, e nella maggior parte dei casi, soprattutto a nord del Po, le semine si sono concentrate nella seconda decade di aprile. In alcuni areali si dovrà attendere ancora, e la terza decade sarà probabilmente quella che completerà la superficie destinata ai primi raccolti.

I riflessi però non si esauriscono con i ritardi delle semine; la seconda conseguenza è che, in molti casi, l’affinamento del terreno non è stato soddisfacente; spesso si sono lavorati i suoli in condizioni di eccessiva umidità e il compattamento durante le operazioni di semina è stato talvolta elevato. Le temperature mediamente elevate porteranno a una pronta emergenza, ma il rischio di incontrare colture disomogenee e con densità irregolari è concreto. Sono queste le condizioni per le quali i trattamenti ad effetto starter, basati sulla concimazione fosfo-azotata localizzata, così come i trattamenti biostimolanti alla semente, potranno apportare vantaggi significativi, riducendo le irregolarità nei primi e più delicati stadi del ciclo colturale.

Infine, come ulteriore riflesso delle primavere più piovose, si ricorda la maggiore aggressività delle malerbe, poiché il terreno umido, associato alle temperature elevate che stanno caratterizzando queste settimane, facilita una veloce germinazione e una maggiore densità della flora infestante. Va inoltre considerato che, se da un lato il terreno più fresco garantisce una migliore attivazione delle sostanze attive diserbanti ad azione antigerminello, dall’altro, nel caso di ulteriori eventi piovosi su terreni già ricchi di riserve, questi potrebbero rallentare la tempestività dei trattamenti in post-emergenza precoce, in post-emergenza tradizionale e alla sarchiatura. Per quest’ultima, la possibilità di intervenire tempestivamente tra la quarta e la quinta foglia potrebbe essere ancora più opportuna in considerazione della possibile maggiore infestazione. Non ultimo possono giocare un ruolo decisivo l’uscita o i limiti di applicazione di alcune storiche sostanze attive diserbanti. Sul mercato sono già disponibili valide alternative, ma queste spesso richiedono una nuova esperienza per trovare le modalità migliori di applicazione.

Al momento non si è in grado di prevedere l’andamento preciso delle temperature, né durante la seconda parte della primavera, né, tantomeno, nel periodo estivo. Tuttavia, se nel caso delle precipitazioni le serie climatiche non individuano un andamento evolutivo chiaro, nel caso delle temperature il quadro è, all’opposto, ben individuabile e il cambiamento climatico in atto ben riconoscibile. La somma termica, espressione che coglie meglio l’impatto dell’andamento stagionale delle temperature sulla coltura, è in evidente e costante crescita. Anche negli areali più freschi, negli ultimi anni si sono raccolti i cicli più tardivi entro fine settembre con umidità della granella “contenuta”. Questo fatto però non deve condurre a privilegiare cicli troppo lunghi per tre motivi. Il primo è legato a una comunque notevole incertezza dell’andamento termico stagionale, per cui non possiamo escludere un’estate più fresca di quelle recentemente sperimentate. Il secondo è l’ormai consolidata maggiore regolarità produttiva di granella degli ibridi con ciclo compreso tra 125 e 130 giorni. Infine, come terzo motivo, la sanità della granella è più frequentemente critica nei cicli più tardivi, in quanto più soggetti a stress biotici e abiotici.

Soprattutto per le colture destinate all’alimentazione della vacca da latte, le alte temperature frequentemente incontrate nelle ultime campagne favoriscono la presenza di aflatossine, con il rischio elevato di incorrere in concentrazioni alte di aflatossina M1 nel latte. La possibilità di impiegare prodotti di controllo dell’aspergillo con ceppi antagonisti e non tossigeni è quindi sempre da prendere in attenta considerazione. Una nota positiva a riguardo è però da segnalare: la presenza dell’aspergillo e la sintesi di aflatossina nella granella è favorita dallo stress idrico, soprattutto durante la fioritura. La notevole dotazione attuale di riserve idriche nel terreno, soprattutto in quelli più fini e profondi, concorre a ridurre lo stress durante quello stadio cruciale e porre questa muffa in una condizione di nuocere in misura minore.

Per la produzione di granella per la filiera alimentare (mais food), occorre ricordare l’opportunità di attuare il controllo della piralide seguendo le indicazioni sul miglior momento di intervento ormai diffuse e mirate per i diversi areali. Un’infestazione importante di questo insetto comporta il rischio di incorrere in elevate concentrazioni di fumonisine, che rimangono di gran lunga le micotossine più diffuse nelle nostre produzioni e quelle che più possono vincolare l’impiego della granella nel settore alimentare.

In conclusione, se si prospetta coraggiosamente (o forse temerariamente) una campagna maidicola con un decorso primaverile più “normale”, occorre comunque restare attenti per rispondere adeguatamente alle condizioni che si presentano, ricordando che una strategia agronomica flessibile è sempre necessaria e opportuna e che sia la genetica (con la nuova generazione di ibridi), sia le nuove soluzioni fertilizzanti o biostimolanti, che la difesa possono contribuire a sostenere la coltura e dare origine a una migliore redditività.

Amedeo Reyneri e Paolo Colombatto


2Combi mais, tutte le novità dell'undicesima stagione

Mario Vigo, a sinistra, e Alessandro Beduschi

Dopo il decimo anniversario del 2023 che ha segnato anche il centenario dell’Azienda Agricola Folli capitanata da Mario e Andrea Vigo, Combi Mais, l'innovativo protocollo per la coltivazione del mais ideato da Mario Vigo, rinnova l’impegno verso lo sviluppo di una coltivazione del mais produttiva, ma nel contempo sostenibile.

«Vista la delicata attuale situazione generale, ci siamo interrogati profondamente con i partner se era il caso di continuare a ricercare dopo dieci anni di lavoro e di portare avanti il progetto – ha spiegato Mario Vigo durante la presentazione dell'edizione 1.1 di Combi Mais – e all'unanimità abbiamo risposto sì. Siamo nella regione strategica per il mais (su 550.000 ettari di mais nel nostro paese quasi 280.000 vengono coltivati in Lombardia), la possiamo definire il corn belt italiano, e quindi è assolutamente necessario doverci mettere a produrre e produrre bene».

Da imprenditore agricolo Vigo ha citato tre dati emblematici della attuale maiscoltura italiana: dal 2000 al 2023 l'export e l'import di mais hanno avuto un andamento opposto, con il primo che è sceso da quasi 200mila tonnellate a meno di 70mila e il secondo che è salito da circa 0,5 milioni a 6,5 milioni di tonnellate; il prezzo medio italiano da febbraio 2023 a marzo 2024 è sceso da quasi 320 euro/t a meno di 200 euro/t; l'autoapprovvigionamento è passato dall'85% del 2006 al 45% del 2023. «Tutto questo indica chiaramente che è necessario tornare a produrre e in modo sostenibile, produttivo e qualitativo – ha proseguito Vigo –. Per questo lo slogan del Combi Mais di quest'anno è "dare di più con meno" e rimette al centro dell'attenzione della nostra agricoltura l'ambiente». Per raggiungere questo ambizioso obiettivo ci vuole una squadra e Vigo, da appassionato di calcio, questo lo sa bene. «Ogni anno ci aspetta una sorta di campionato, un campionato impegnativo perché abbiamo sempre gli arbitri contro, ovvero i cambiamenti climatici e a volte anche le istituzioni – ha confermato Vigo –. Quindi quest'anno ci presentiamo con una squadra rinnovata, i cui undici elementi sono la società agricola Folli (il portiere che difende il proprio terreno), Netafim (irrigazione a goccia e digital farming), Unimer (nutrizione e fertilizzanti ecologici), Cifo (nutrizione e biolostimolanti), Bayer (protezione, fornitura ibridi Dekalb e mappe di prescrizione), Agriserv (società di contoterzisti per l'uso dei trattori e delle macchine agricole), VH Italia (new entry, compagnia assicurativa specifica nel settore dei rischi agricoli), Ri.Vi. (altra novità, per l'assistenza macchine agricole innovative di ultima generazione), l'Università di Torino nella persona di Amedeo Reyneri (centravanti di sfondamento), Leonardo Bertolani (agronomo dell'azienda Folli, regista) e infine l'agenzia di comunicazione Nic».

Fin dall'inizio del progetto la supervisione di questo protocollo è stata affidata all'Università di Torino. «Combi Mais riprende un po' i concetti dell'agricoltura rigenerativa – ha spiegato Amedeo Reyneri – che si muove su sei pilastri fondamentali: capire il contesto, minimizzare il disturbo del suolo, aumentare la biodiversità, il risparmio idrico, la copertura del suolo e le radici vive tutto l'anno e in ultimo l'impronta carbonica, che sappiamo essere l'elemento mitigante fondamentale per rispondere al cambiamento climatico. Questi sei punti cardine sono stati curati e inglobati nel disciplinare del Combi Mais molto in anticipo rispetto a quella che poi è stata la rivoluzione rigenerativa. In altre parole, abbiamo anticipato i tempi e ci siamo anche adeguati». Reyneri ha fornito i numeri (ricavati dal protocollo Combi Mais) a supporto di questo concetto. «In termini di emissioni di CO2 equivalente e di assorbimento netto di CO2 per tonnellata di granella prodotta il mais è molto più efficiente rispetto ad altre colture come frumento, orzo, girasole e soia – ha proseguito il professore – . Tutto questo ci consente di vedere in futuro un aspetto che dovremo affrontare a breve, ovvero quello dei crediti di carbonio, per cui la maggiore capacità di sequestrare carbonio e di ridurre l’impronta carbonica si tradurrà in vantaggi economici concreti e Combi Mais si è mosso in anticipo anche sotto questo aspetto».

Leonardo Bertolani è tornato sulle novità del 2024. «Per quanto riguarda le lavorazioni agronomiche - ha riferito l'agronomo – ci siamo avvalsi di una trattrice Valtra con erpice per la minima lavorazione del gruppo Ri.Vi., mentre per la nutrizione di fondo introdurremo in due appezzamenti l'inoculo di funghi micorrizici Micro Force e il concime organo-minerale Winner 10-25 di Unimer. La semina, che avverrà dopo il 18 aprile, sarà affidata a una Vaderstad 8 file modello Tempo e il concime in copertura sarà distribuito con una sarchiatrice della Bednar sempre a 8 file. Infine, ricordo la novità della copertura assicurativa con VH Italia contro gli eventi atmosferici sempre più estremi e per la salvaguardia del reddito dei maiscoltori. Dopo i primi tre anni di assestamento, Combi Mais ha garantito produttività (non siamo mai scesi sotto i 150 q/ha di produzione), ha salvaguardato la redditività anche quando i mercati non erano favorevoli e ha fornito un prodotto dalla sanità sempre altissima. Insomma, la sostenibilità è stata conseguita sotto tutti i punti di vista».

In conclusione, l'intervento dell'assessore regionale all'Agricoltura Alessandro Beduschi. «Combi Mais è un esempio di come il settore primario italiano, lombardo in particolare, non sia negazionista, ottuso e reazionario, ma solo ed esclusivamente resiliente e volto verso il miglioramento – ha esordito l'assessore –. Con questa vostra iniziativa avete fatto una sintesi delle buone prassi e della tecnologia moderna che traducete sul campo per colture importanti come quella del mais. In questo progetto vedo una risposta concreta e pragmatica a un ambientalismo sterile e ideologico e a una mancanza di verità scientifica che invece alberga in Commissione europea. È mia intenzione portare all'attenzione del nostro ministro la vostra iniziativa e i risultati ottenuti, affinché la valorizzazione di un certo modo di agire sia portata come esempio per tutto il settore primario, non solo lombardo».

Francesco Bartolozzi

La primavera della maiscoltura - Ultima modifica: 2024-04-29T15:30:39+02:00 da K4

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