Non è soddisfatto Gianni Dalla Bernardina, presidente Cai, la Confederazione agromeccanici e agricoltori italiani. «Viviamo con responsabilità, ma anche con preoccupazione. Ma mi lasci innanzitutto rivolgere un pensiero a tutti i nostri associati o colleghi che hanno avuto lutti a causa del Covid-19. Siamo vicini a loro e alle loro famiglie.
Come sindacato e come imprenditori siamo molto attenti alla salute dei nostri associati, dei dipendenti e dei collaboratori. La salute prima di tutto, per cui raccomandiamo l’uso di mascherine e di sistemi di protezione, di mantenere le distanze interpersonali e di attenersi a tutte le profilassi. Non dimentichiamo però che siamo chiamati a svolgere un ruolo determinante all’interno della filiera produttiva agricola. È in un contesto simile, dove molti preferirebbero non uscire di casa, che noi agromeccanici dimostriamo una grande responsabilità».
Leggo un tono polemico. Sbaglio? «No. Non è il momento delle polemiche o delle contrapposizioni. È il momento della responsabilità, come dicevo. Però se vale per la nostra categoria, dovrebbe valere anche per le istituzioni, non trova?».
Esclusione ingiustificata
A cosa si riferisce? «Mi riferisco purtroppo a una gestione della crisi che non ha dato le risposte che la filiera si attendeva. Sono sicuro che qualcuno all’interno del mio consiglio avrebbe usato parole meno delicate, che avrebbero descritto meglio la situazione che si è venuta a creare, ma è innegabile che come al solito si è voluto distinguere tra figli e figliastri all’interno della categoria, escludendo le imprese agromeccaniche da ogni agevolazione, beneficio, sgravio burocratico. I pochi passi in avanti che sono stati ottenuti anche in termini di semplificazione delle assegnazioni del carburante agricolo hanno come unico merito la voce di Cai. Senza la Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani la maggior parte delle aziende agricole non avrebbero potuto nemmeno svolgere le operazioni di preparazione dei terreni per la semina. Eppure, a sentire la voce delle organizzazioni agricole, non una parola è stata spesa per chi, come noi, svolge servizi terziarizzati in agricoltura. Nessuna di loro. Non è normale, me lo lasci dire. Siamo sulla stessa barca, non siamo entità in contrapposizione, ma oggi vengono al pettine tutti i nodi del mancato riconoscimento dell’imprenditore agromeccanico professionale, con il rischio che si rompa un anello della filiera e metta in ginocchio un settore strategico.
Se si blocca il contoterzismo, si blocca l’agricoltura, non facciamo finta di non saperlo. O crede che vi siano molte mietitrebbie in giro per l’Italia, in mano alle imprese agricole?».
Agromeccanici, 18mila imprese essenziali
Questa volta non sbaglio a leggere una certa stizza. «No, non sbaglia. Questa pandemia ha messo in luce finalmente il ruolo dell’agricoltura e delle filiere agroalimentari, strategiche per la sovranità alimentare del Paese. Si è capito molto tardi e in una situazione emergenziale. Ciò è grave, ma è pur sempre un risultato. Ma non è possibile che molti, a partire dalle istituzioni, non contemplino nella propria visione di agricoltura, le imprese agromeccaniche. Sono 18mila in Italia, operano su oltre il 75% delle superfici agricole in Italia, sono essenziali e insostituibili».
Perdita di milioni di euro al giorno
Tutta la filiera della meccanizzazione agricola sembra essere stata dimenticata, però. «Non credo che debba essere considerata una consolazione. Anzi, è gravissimo. L’industria meccanica, secondo le stime più recenti, sta perdendo circa 900 milioni di euro al giorno di ricavi. Questi significa che le imprese costruttrici di trattori stanno perdendo circa 25 milioni di euro al giorno, per non parlare dei ritardi che si accumuleranno in ricerca e sviluppo, nel rischio di perdita di posti di lavoro, nel calo dell’export, che vedeva l’industria meccanica dei trattori leader a livello internazionale. Allo stesso tempo stanno soffrendo le officine, i dealer, i ricambisti. Senza pezzi di ricambio e senza assistenza come pensa che possa reggere la filiera dell’agrimeccanica? Stiamo entrando nella fase in cui i mezzi agricoli sono sempre più attivi per semine, trattamenti, raccolta. Speriamo che il governo Conte ci ascolti, altrimenti il danno ricadrà su tutto il sistema del Made in Italy agroalimentare, non solamente sui costruttori di mezzi agricoli, sugli agromeccanici o sui rivenditori di macchine. Si rischia il collasso di un sistema che vale oltre 580 miliardi di euro, e prendo a prestito i numeri diffusi dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini».
Immatricolazioni ferme. Perchè?
Questa situazione di emergenza sta mettendo ancora più in luce i nodi scorsoi della burocrazia. Dove bisognerebbe intervenire, secondo lei? «L’elenco potrebbe essere infinito, perché siamo il Paese al mondo con più leggi in assoluto, alcune delle quali in contraddizione o artatamente fumose, in modo da consentire tutto e il suo contrario. Dando per superato il problema dell’assegnazione di carburante agevolato, cosa che peraltro non è affatto scontata, purtroppo, in questi ultimi giorni convulsi ci siamo accorti che gli uffici della Motorizzazione civile non prestavano assistenza per le operazioni di immatricolazione. Anzi, proprio la possibilità di immatricolare le macchine agricole non era stata inserita nel decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri. È stato solamente grazie al nostro intervento che ciò è stato reso possibile, anche se la situazione non si è normalizzata del tutto. Abbiamo infatti ricevuto segnalazioni da alcune province d’Italia che gli uffici sono chiusi. È così che lo Stato ritiene strategica l’agricoltura? È così che si agevola l’innovazione? Si potrebbe continuare».
Basta clic day
Continui pure. «Con gli uffici pubblici semideserti si potrebbe individuare una formula agevolata semplificata al massimo per la concessione dei permessi di circolazione delle macchine agricole. Per quest’anno si potrebbe anche pensare di abolirli, tenuto conto che se le imprese agromeccaniche di solito sono le banche delle imprese agricole, anticipano tutto a tasso zero e vengono pagate se va bene a fine anno o al ricevimento della Pac, potremmo anche risparmiarci qualche spesa, dal momento che la burocrazia costa già moltissimo. In tema di sicurezza sul lavoro, sarebbe il momento di eliminare le formule dei clic day, pratica che l’Inail ha perpetrato per anni, mortificando così la finalità di bandi che dovevano accompagnare l’innovazione per la sicurezza sui luoghi di lavoro, e invece ha fatto tutto fuorché perseguire tale scopo. Su questo punto Cai è stata molto chiara, vedremo come reagirà il governo. Di una cosa siamo certi: qualora si dovesse raggiungere qualche risultato positivo come è avvenuto sull’assegnazione del carburante agricolo o sulla possibilità di immatricolare i mezzi agricoli, siamo certi che ci sarà qualche organizzazione minoritaria di rappresentanza che se ne assumerà il merito. Siamo abituati, ma ci lasci esprimere una volta per tutte l’indignazione che conviene ad ogni società che si definisce civile».
Manodopera senza problemi
Il Covid 19 ha messo in luce le difficoltà di reperimento della manodopera. Avete anche voi i problemi che stanno vivendo le imprese agricole? «Salvo qualche rara eccezione, la specificità del contoterzismo è differente rispetto a chi svolge operazioni di raccolta in campo. Nel nostro caso è richiesta una professionalità superiore e molto spesso abbiamo a che fare con manodopera assunta, anziché stagionali. Quando l’assunzione è temporanea ci rivolgiamo solitamente a operai qualificati, molto spesso radicati sul territorio e non a flussi migratori».
Il mondo agricolo nella sua interezza si sta interrogando sul futuro dell’automatizzazione del lavoro. Qual è la visione di Cai a riguardo? È una questione complessa, che non si risolve in poche righe. È innegabile che le condizioni di difficoltà oggettiva di reperire manodopera spingerà le filiere ad automatizzarsi, ove possibile. Non sono fra quelli che vedono come il diavolo le macchine e i robot che sostituiscono, quando possibile, la forza lavoro dell’uomo. È però necessario spingere allo stesso tempo sulla formazione qualificata del mondo del lavoro, oggi non adeguatamente formato, perché è solo con la cultura che i cambiamenti, anche tecnologici, vengono assorbiti e affrontati senza traumi».
Niente aiuti alle giovani generazioni
Parlando in maniera molto cinica, fra le conseguenze del coronavirus c’è un ricambio generazionale forzato. Siete ancora esclusi da qualsiasi agevolazione riconosciuta invece agli agricoltori? «Sì. Ed è un altro vulnus del settore. Un paradosso, per non dire un’ingiustizia. Le imprese agricole che svolgono servizi in agricoltura come attività connessa possono beneficiare di una serie di misure agevolate e di sgravi fiscali che a chi svolge il contoterzismo in maniera professionale, con macchine e mezzi tecnologicamente innovativi, sono preclusi. Mi auguro che sai arrivi a uniformare, ove possibile, le condizioni di imprenditori agricoli e agromeccanici, anche per allocare positivamente tutte le risorse che la Politica agricola comune mette a disposizione attraverso i Programmi di sviluppo rurale. Anche su tale delicato tema viviamo un controsenso imbarazzante».
Cioè? «Le organizzazioni agricole chiedono più fondi nella Pac futura, ma a livello territoriale non si riescono a mettere in piedi strategie valide per assegnare i fondi oggi disponibili. Il caso della Regione Puglia, poi graziata in extremis, è emblematico. Noi agromeccanici possiamo contare su realtà imprenditoriali desiderose di investire e che non hanno alcun aiuto per farlo. Anche in questo caso un po’ di equità non sarebbe male, una volta terminata questa emergenza».
Dialogo, ma ci si consideri
Per favorire il dialogo sarebbe opportuno convocare un Tavolo agricolo allargato alle imprese agromeccaniche? «Sì, anche se supererei francamente il concetto di Tavolo agricolo allargato. Non c’è da allargare alcunché, c’è solo da avviare un dialogo con i soggetti preposti all’attività agricola. E fra questi ci siamo anche noi. Non è una concessione per grazia ricevuta che attendiamo dalle istituzioni o dal mondo agricolo, è una questione di buon senso. Naturalmente dovremmo affrontare la questione su più tavoli, da quelli provinciali a quelli regionali e governativo su scala nazionale. Favorire il dialogo è vitale, per evitare norme inutili, contraddittorie, aumenti di spesa non più sopportabili».
Lo smart possibile
Come cambierà l’agricoltura dopo il Covid-19? «Mi piace pensare che questo momento drammatico per il Paese serva per rimettere davvero al centro dell’agenda politica italiana e comunitaria l’agroalimentare in ogni sua parte della filiera, riconoscendo il ruolo di ciascuno, lasciando alle spalle posizioni miopi e dettata dall’avidità di alcuni. Non so se, come ha detto il professor Giulio Tremonti, presidente di Aspen Institute Italia e più volte ministro dell’Economia e delle Finanze, è finita la globalizzazione. Credo, però, che l’agricoltura vivrà una nuova fase di slancio in chiave di ricerca e sviluppo, come i grandi investimenti in Ag-Tech da parte di Cina, India, Russia e Stati Uniti stanno dimostrando. Mi auguro che si possa ripensare a un’agricoltura più smart, sostenibile, attenta all’ambiente. Se si andrà in questa direzione, sono sicuro che il ruolo degli agromeccanici sarà ancora più determinante».
Decreto liquidità, agromeccanici da rassicurare
Dulcis in fundo, un giudizio sul decreto liquidità? «Apprezziamo la solerzia del ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, nel confermare che fra i beneficiari delle misure del Decreto liquidità saranno comprese anche le imprese agricole, benché non soggette alla redazione di un bilancio e, dunque, potenzialmente non ammesse – afferma Cai -. Sarebbe opportuno però che il ministro rassicurasse anche le oltre 18mila imprese agromeccaniche, che garantiscono in questa fase emergenziale il corretto svolgimento delle operazioni nei campi, di non essere estromesse dalle misure licenziate ieri dal Consiglio dei ministri».