Una politica agricola europea e nazionale che premi l’iniziativa imprenditoriale e stimoli una sana concorrenza, riducendo il peso di una burocrazia inaccettabile e garantendo un quadro di stabilità istituzionale: queste la ricetta per la ripresa del settore agricolo indicata da Confai Bergamo nel corso della propria assemblea provinciale, celebrata quest’anno in videoconferenza.
«Voglio rivolgere un plauso particolare alle imprese agromeccaniche e agricole che hanno lavorato senza sosta fin dagli inizi dell’emergenza Covid, dimostrando un grande senso di responsabilità – ha evidenziato in apertura Leonardo Bolis, presidente provinciale e regionale di Confai –. Grazie a questo instancabile apporto, il settore agroalimentare ha potuto superare un’emergenza gravissima sotto il profilo logistico, organizzativo ed economico». Un sentito ringraziamento al mondo rurale bergamasco è stato rivolto anche da Gianni Dalla Bernardina, presidente nazionale della Confederazione Agromeccanici e Agricoltori Italiani, che ha sottolineato come le imprese aderenti a Confai Bergamo si siano trovate a lavorare in un vero e proprio campo minato, dimostrando determinazione, generosità e spirito sacrificio.
Mala burocrazia ancora imperante
A fronte della capacità delle imprese di resistere a molteplici situazioni avverse, Confai Bergamo reclama nondimeno un necessario impegno istituzionale al fine di sostenere gli sforzi profusi costantemente dai differenti attori del settore primario.
«Il biennio 2019-2020 ci ha riservato nuove sgradite sorprese sul versante della mala burocrazia, alla quale purtroppo da tempo il mondo agricolo è irrimediabilmente esposto – lamenta il presidente Bolis –. Ultimo esempio in ordine di tempo, le recenti modifiche normative in materia di depositi per il carburante agricolo, le quali hanno creato tre distinti regimi che vanno in direzione opposta rispetto alla semplificazione di cui avremmo bisogno per incrementare la competitività del settore».
Un altro punto dolente riguarda l’impatto dell’instabilità politica sulle sorti del settore primario. «La durata media dei ministri delle politiche agricole in Italia – ha ricordato Bolis – è pari attualmente a circa 15 mesi per ogni ministro, prendendo in considerazione i dati dell’ultimo decennio. Tutto ciò, purtroppo, si traduce in una gestione politica nella quale qualsiasi forma di pianificazione si trasforma inevitabilmente in una pura manifestazione di desideri per il futuro, con un evidente impoverimento di qualsiasi prospettiva strategica».
Le prospettive della nuova Pac
Una parte dei lavori assembleari è stata dedicata ad un approfondimento sulle prospettive della nuova politica agricola europea (Pac), il cui inizio è stato prorogato al 2022.
«Per quanto riguarda il potenziale impatto della nuova Pac sul settore agromeccanico – osserva Enzo Cattaneo, direttore di Confai Bergamo – il provvedimento di base più importante è probabilmente quello che contiene le regole riguardanti i cosiddetti ‘piani strategici della Pac’. Qualora fosse confermata l’impostazione iniziale, gli Stati membri e le Regioni dovrebbero avere maggiori poteri nello stabilire a favore di chi indirizzare gli interventi per lo sviluppo rurale: ciò potrebbe permettere di aprire anche alle imprese contoterziste l’accesso a quella parte di fondi comunitari vincolati a investimenti in tecnologia e ricerca, che peraltro molte regioni italiane faticano a spendere. Senza contare che anche nella corsa ai finanziamenti UE, come in qualsiasi ambito della vita delle imprese, la concorrenza è sinonimo di efficienza e di ricadute positive per il settore».
Agricoltura montana ed energia verde
Nel corso dell’assise provinciale è stata dedicata una riflessione anche al ruolo fondamentale dell'agricoltura montana. Dalla relazione del presidente è emerso che “in oltre il 25% delle aziende agricole montane bergamasche operano titolari o contitolari con meno di 40 anni, complessivamente responsabili della gestione di circa 9.000 ettari di superficie agricola”. Rimangono tuttavia pesanti incognite – è stato sottolineato - circa la possibilità di rilancio di numerose piccole realtà agricole montane, dove il reddito medio aziendale si attesta al di sotto dei 25.000 euro annui, con difficoltà oggettive in termini di sostenibilità finanziaria degli investimenti.
Durante l’assemblea sono state infine esplorate le opportunità insite nella produzione di energia verde in agricoltura. «Non è affatto fantasioso pensare – ha suggerito Bolis - che nel corso di un decennio il settore agricolo possa modificare sensibilmente la propria missione tradizionale di produzione di beni alimentari, puntando ad essere incluso tra i protagonisti di prim’ordine della transizione verso un’economia verde».
Detto in altri termini, agricoltori e agromeccanici potrebbero fare da apripista verso una vera e propria rivoluzione ecologica, divenendo interpreti a pieno titolo di una missione in grado di coinvolgere istituzioni, imprese e cittadini nel quadro di un’economia collaborativa.
Le imprese di Confai Bergamo alle prese con la sfida dell’agricoltura 4.0
Negli ultimi 3 anni il 68% delle imprese agromeccaniche bergamasche ha investito risorse in attrezzature legate all’agricoltura 4.0 e al cosiddetto precision farming. La percentuale supera il 90% tra le imprese in cui è presente un titolare o un contitolare con meno di 40 anni: è quanto emerge da un’indagine condotta dall’Osservatorio economico di Confai Bergamo su un campione di imprese contoterziste associate.
La definizione di agricoltura 4.0 si origina per analogia con quella di industria 4.0, che a sua volta nasce dalla cosiddetta ‘quarta rivoluzione industriale’, vale a dire l’era della produzione totalmente automatizzata e interconnessa. «Quando parliamo di agricoltura 4.0 – chiarisce Enzo Cattaneo, direttore di Confai Bergamo – ci riferiamo ad un’agricoltura costantemente orientata all’innovazione, promossa da manager rurali e operatori agricoli dotati di una rilevante preparazione tecnologica e gestionale che li rende in grado di generare sempre nuovi margini di valore aggiunto, nell’esercizio di un’attività moderna e sostenibile».
Si tratta della sfida lanciata da un’agricoltura ‘smart’, che impiega software avanzati, mezzi a guida assistita, centraline e altri strumenti di precisione in grado di rendere l’attività produttiva più efficiente, redditizia, sicura per gli operatori e altamente sostenibile dal punto di vista ambientale. «Tra i vantaggi concreti dell’applicazione dell’agricoltura 4.0 – spiega Leonardo Bolis, presidente provinciale e regionale di Confai – vi è quello di poter effettuare una mappatura progressiva dei suoli e dosare di conseguenza l’uso di sementi, reflui zootecnici e fertilizzanti in una misura che corrisponda esattamente, né più né meno, alle reali necessità dei terreni».
Uno dei filoni più promettenti dell’innovazione nel mondo rurale è dato dal fronte della digitalizzazione dei processi produttivi. «Tra i motivi che rendono l’agricoltura digitale un cammino da percorrere senza indugi vi è il fatto che l’informazione sulle materie prime, la loro origine e i loro processi di trasformazione costituisce una variabile cruciale in vista della valorizzazione e della garanzia di sicurezza dei prodotti agricoli e agroalimentari - fa notare Bolis -. Tutto ciò apre prospettive molto interessanti per quanto riguarda la certificazione della provenienza dei prodotti e il rispetto degli indicatori di qualità richiesti dai mercati o fissati dalle normative vigenti».
Si preannuncia dunque un futuro di rapida crescita per l’agricoltura smart? La risposta di Confai è un ‘sí’ condizionato. «Occorre lavorare molto sulla mentalità di una parte del mondo agricolo – osserva Cattaneo -. Spesso i nostri contoterzisti offrono servizi di alta precisione, ma diverse imprese agricole clienti si limitano a richiedere un servizio standard, non cogliendo ancora pienamente i vantaggi di un’agricoltura basata sulla tracciabilità totale dei processi. In ogni caso notiamo anche molti segnali positivi, soprattutto da parte dei giovani».
Resta infine ancora aperta – fanno rilevare i dirigenti dell’associazione – l’annosa questione dell’esclusione delle imprese agromeccaniche italiane dall’accesso ai fondi comunitari per l’innovazione in agricoltura: un paradosso che, secondo Confai Bergamo, attende alla prova dei fatti il governo italiano in vista del prossimo inizio di un nuovo ciclo della politica agricola europea.