Altro giro, altro regalo. Dicevano così gli imbonitori dei luna park, in attesa di qualche astante da spennare.
In campo agricolo di regali se ne vedono ben pochi ma, per l’ennesima volta, si è in attesa di un nuovo inquilino al Ministero agricolo.
Di un nuovo giro di giostra, per continuare con la metafora lunaparkesca. Poichè, senza entrare nel delirante agone politico degli ultimi mesi, appare francamente difficile pensare a una riproposizione di Mario Catania in Via XX Settembre.
Catania che, dopo 15 mesi al Ministero dell’agricoltura, alimentazione e foreste (si era insediato il 16 novembre 2011) farà il parlamentare per i montiani. Certo potrebbe anche ritornare in campo, ma è ipotesi a bassa percentuale.
Peraltro mentre scriviamo la situazione è più che confusa. Nessun governo pare avere una prospettiva anche solo di breve-medio periodo e l’ipotesi di una nuova tornata elettorale comincia a materializzarsi.
E pensare che dal centrosinistra cominciavano già a uscire i primi potenziali candidati al ministero. Si facevano ricorrenti i nomi di Dario Stefàno, coordinatore degli assessori agricoli regionali e assessore in Puglia, e di Ernesto Carbone, già vice capo gabinetto al Ministero e presidente di Sin, la società di gestione del Sistema informativo agricolo nazionale.
Più fantasiosa, ma di un certo effetto, nel caso di un governo a forte partecipazione dei 5 Stelle, l’ipotesi di un’entrata in campo di Carlo Petrini, padre di Slow Food e sostenitore dell’agricoltura del territorio.
Da decifrare una possibile candidatura proveniente dal centrodestra che, in attesa di un diradamento delle attuali nebbie politiche, con gli uomini della Lega, ha sempre ambito a stare al vertice di via XX Settembre.
Può l’agricoltura attendere le lunghe tempistiche delle schermaglie di palazzo?
Francamente, in questo momento, non credo siano molti i settori che possano vivere di conserva e attendere. La situazione è critica in tutti i comparti e occorre qualcuno che agisca.
Detto che in agricoltura da decennii si è in attesa di una specifica e organica politica di settore, vale la pena ricordare almeno due aspetti, che dovrebbero consigliare una certa urgenza di intervento.
Uno interno e, nell’insieme, paradossalmente positivo. In un quadro di forte crisi economica e di recessione duratura l’agricoltura, pur tra mille difficoltà, è fra i pochi comparti a tenere. Anzi, forse il solo settore in grado di richiamare a sè forza lavoro.
In molti casi imprenditoria giovanile.
Sarà per ‘disperazione’ o per mancanza di alternative, ma questo ritorno alla terra andrebbe sostenuto. E supportato da una politica agricola degna di tal nome.
Il secondo aspetto è esterno e, se possibile, ancora più strategico. Lo abbiamo ricordato più volte.
In questi mesi a Bruxelles e dintorni si gioca la partita sulla Pac futura, quella che porterà l’agricoltura comunitaria fino al 2020. Al di là del ruolo chiave che copre l’ex ministro agricolo Paolo De Castro, ora al vertice dell’agricoltura al Parlamento europeo, scendere in campo senza un governo e un ministro italiano in sella a tutti gli effetti appare azzoppante.
È un po’ come essere muti in un consesso pieno di persone con un altoparlante.
Difficile essere ascoltati.
Editoriale