Notti di trattative a Bruxelles per definire il bilancio dell’Unione europea per i prossimi sette anni, per il periodo 2014-2020. E notti di negoziati fra i principali Paesi del Vecchio Continente per far tornare conti che non tornano e per definire un compromesso accettabile dai maggiori player.
Dopo una serie di conflitti incrociati degni di kermesse sportive di prim’ordine (Inghilterra-Francia, Nord europa-Mediterraneo e così via) si è arrivati a una prima bozza di compromesso proposta dal presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, nella quale si fissava in circa 960 miliardi di euro il tetto di spesa complessivo (e 908 miliardi per i pagamenti effettivi).
Una spesa solo di poco distante dai mille miliardi di euro delle prime proposte e che, di fatto, sancisce per la prima volta il non aumento del bilancio comunitario.
Al di là degli aridi numeri occorre cercare di capire quali siano i provvedimenti che stanno dietro al nuovo bilancio europeo e, soprattutto, comprendere quale penalizzazione riceverà la politica agricola comunitaria, che verrà definita con più dettaglio solo dopo aver conosciuto le risorse ad essa destinate.
Fermo restando che la partita è decisamente ancora aperta (manca ad esempio il via libera della plenaria del Parlamento europeo) e che l’ipotesi di bilancio è ancora appunto un’ipotesi, va rimarcato il fatto che l’Italia migliorebbe il proprio saldo netto passando da un -4,5 miliardi di euro a un -4 miliardi. Rimane dunque contributore, ma migliora la posizione relativa in ambito europeo.
Il secondo, e più importante, aspetto è relativo al settore agricolo.
Non è ancora chiaro quanti soldi arriveranno a fine iter alla Pac: Van Rompuy segnala che la bozza migliora di 1,25 miliardi euro gli stanziamenti, mentre le Professionali agricole, per converso, sottolineano una decurtazione complessiva delle risorse destinate al settore primario di diversi miliardi.
Ma, allargando l’analisi, va visto positivamente il fatto di un’agricoltura che rimane ancora centrale nello scacchiere politico-economico comunitario.
Le tante cassandre al lavoro per ridimensionare sensibilmente gli stanziamenti destinati alle imprese agricole e alle aree rurali hanno dunque dovuto limitare le proprie pretese.
L’agricoltura viene riconosciuta strategica e assorbirà ancora gran parte delle risorse.
Un passo fondamentale, non così scontato fino a pochi mesi fa. Frutto dell’intransigenza di alcuni Paesi, francesi soprattutto, ma anche italiani e spagnoli, e della generale consapevolezza che l’importanza del settore primario vada ben oltre al puro peso economico che lo caratterizza.
Ora, definita la cornice finanziaria, va disegnato il quadro Pac. Fatto di greening e di aree di interesse ecologico - in ribasso rispetto alle prime proposte -, di capping - tetto degli aiuti a 300mila euro, e tagli progressivi fra i 150mila e 300mila euro -, di convergenze esterne - nessuno Stato potrà percepire meno del 65% della media comunitaria -, e ancora di quote - per il latte fino al 2015, per lo zucchero addirittura fino al 2020 -.
Ma, nell’insieme, questi diventano tasselli, di rilevanza notevole, ma comunque tasselli. Perchè il mosaico che li accoglie è quello del bilancio comunitario. Definire quello, con tagli ‘quasi’ accettabili, è già un gran bell’andare.
Editoriale