Cinque trince, cinque mietitrebbie, trentaquattro trattori, tredici rotoloni, otto carri botte, dodici dumper, sette sollevatori telescopici, 6.500 ettari di trinciatura, 1.400 ettari di lavorazione in proprio e altri 1.000 ettari come conto terzi, dieci impianti di biogas da seguire di cui cinque in gestione totale, undicimila ore di spandimento reflui e 800mila litri di gasolio consumati all’anno.
Sono solo alcuni dei numeri strabilianti dell’Agromeccanica Finardi a Roncoferraro (Mn), che non per niente è la più grande impresa agromeccanica della provincia di Mantova a livello di fatturato. «Abbiamo un parco macchine dislocato in due sedi, una qui a Roncoferraro e una a Quingentole, perché sono davvero tante – spiega il titolare Gianluca Finardi – dal momento che ci occupiamo anche di movimento terra e di fienagione. Qui a Roncoferraro abbiamo anche un essiccatoio per il mais, che proviene dai terreni di nostra proprietà e che commercializziamo noi. Dulcis in fundo, gestiamo tre allevamenti, due suinicoli e uno bovino. Diciamo quindi che la parte preponderante del mio lavoro sono le aziende zootecniche e gli impianti di biogas».
L’azienda conto terzi di Finardi è stata fondata dal padre Aristide Finardi nel 1965 e adesso è alla seconda generazione con Gianluca Finardi, che ha iniziato a lavorare in azienda molto presto e già all’età di 25 anni ne teneva praticamente le redini. «Diciamo che sono stato quello che ha cercato di portare idee innovative in azienda – puntualizza Gianluca – a volte anche sbagliando, e ho avuto la fortuna di avere a fianco una moglie che mi ha sempre supportato».
La svolta nel 2009
La vera svolta che ha innescato l’ascesa dell’Agromeccanica Finardi è avvenuta nel 2009, anno di nascita del primo impianto di biogas a Poggio Rusco (Mn). «Proprio così – conferma Gianluca – abbiamo cominciato lì e da quel momento è stata una escalation, fino ai dieci impianti per cui lavoriamo oggi, cinque dei quali in gestione totale. La scelta dell’azienda zootecnica e del biogas è stata quella che ha fatto decollare l’azienda. E stiamo già passando al biometano, per cui praticamente a febbraio 2026 gestiremo già tre impianti di biometano e gli altri due dei cinque che abbiamo in gestione andranno in trasformazione. Sto già facendo contratti per quindici anni di gestione».
A livello di impianti di biogas, Finardi è il riferimento della zona. «Diciamo che per ora non ho molta concorrenza, perché offro un servizio fondamentale: con tutti i terreni che ho dislocati un po’ dappertutto, ho sempre una soluzione per lo spandimento del digestato, e comunque ho delle convenzioni con vasche di stoccaggio dove posso portare il prodotto. E non è una soluzione da poco. Ma anche nelle aziende zootecniche non trovo concorrenza. La concorrenza è una cosa che sta scomparendo, perché sta venendo avanti la qualità, qualità che riesco a garantire grazie a tutte le macchine all’avanguardia che ho a disposizione, che mi consentono di intervenire con un tempismo senza uguali. Per quanto riguarda le macchine da raccolta, per esempio, possiamo scegliere tra tante barre di taglio, le ultime delle quali a tappeto, molto più delicate sul prodotto rispetto alla classica coclea. E dirò di più: presentarsi con macchine efficienti e al momento giusto fa digerire al cliente anche un eventuale aumento delle tariffe».
Per riuscire a gestire una tale mole di lavoro Finardi si appoggia a 23 dipendenti, di cui due impiegate. «Devo rendere grande merito ai miei dipendenti – conferma Gianluca – perché riescono a organizzarsi in modo da poter andare in vacanza a turno senza lasciare dei buchi nelle varie linee operative che abbiamo. E poi per metà sono giovani, di età compresa tra i 20 e i 28 anni, quindi recepiscono bene tutte le nuove tecnologie che arrivano sul mercato».
Agricoltura di precisione
Tra queste ci sono anche quelle relative all’agricoltura di precisione. «L’agricoltura di precisione la segue in prima persona mio figlio Francesco – spiega Gianluca – che ha ventidue anni e sa districarsi bene in quella materia. Tutti i trattori sono attrezzati con la guida automatica in Rtk e stiamo mappando tutti gli appezzamenti in modo da arrivare alle mappe di prescrizione e al rateo variabile nella semina e nella concimazione. Del resto, con la 4.0 siamo stati praticamente obbligati a intraprendere questo percorso». Diverso il discorso dell’agricoltura conservativa. «Abbiamo tanto liquame e letame da gestire, perciò nella nostra zona fa fatica a prendere piede, insomma vige ancora la famosa aratura. Comunque osserviamo regolarmente la pratica della rotazione colturale, dal momento che le colture chiave per noi sono mais (ne lavoriamo 800 ettari), frumento e foraggere e facciamo il doppio raccolto».
Gestire un’impresa di questa portata non dev’essere certo facile. «La cosa più difficile per me è la scrivania – risponde sorridendo Finardi –. Anche se ho due impiegate che mi aiutano, le pratiche amministrative purtroppo passano tutte per le mie mani e quando sono in ufficio mi sembra di essere un leone in gabbia. Questa è l’unica cosa che mi “disturba” del mio lavoro, perché comunque il responsabile di tutto quello che succede sono io: con cinque impianti biogas in gestione totale, è raro trascorrere una notte senza che arrivi un allarme».
Come ultima cosa abbiamo chiesto a Finardi come vede il contoterzismo del futuro. «Il terzismo si salverà solo riuscendo a tramandarlo alle generazioni successive – conclude Gianluca – perché un giovane da solo non ce la fa a partire da zero. Al limite può capitare che dei dipendenti rilevino l’azienda che è arrivata a un bivio. Nel mio caso c’è mio figlio che porterà avanti l’azienda dopo di me, quindi sono tranquillo. Io la passione per questo lavoro ce l’ho nel sangue e spero di avergliela trasmessa».
PARCO MACCHINE IMPONENTE
Come già segnalato in apertura dell’articolo, l’Agromeccanica Finardi ha a disposizione un parco macchine a dir poco impressionante. Il marchio principale è ormai John Deere, che per quanto riguarda le trince è andato via via a sostituire New Holland e Claas. «È stata una scelta dettata dalla tipologia di macchine che ci servivano e dalla vicinanza del concessionario (Agribertocchi, ndr) per l’assistenza» – ci spiega Finardi.
Come mietitrebbie la scelta negli ultimi anni è finita sulle assiali, per una questione di produttività e di salvaguardia della qualità della granella del mais, e anche in questo caso il brand scelto è stato quello del Cervo. Una caratteristica della maggior parte delle macchine di Finardi è la cingolatura, anche sul fronte dei trattori. «Facendo tanto spandimento reflui con i ripper – spiega Finardi – abbiamo bisogno di macchine che possano lavorare anche quando c’è un po’ di bagnato».
Come attrezzature, invece, i marchi sono svariati: solo per citarne alcuni, si va da Maschio Gaspardo, Amazone, Maag e Einbock per la lavorazione del terreno a Mazzotti per i trattamenti, da Casella per i rotoloni a Matermacc, Alpego e Monosem per la semina, fino a Fendt per la fienagione. In arrivo, tramite un bando Ismea e il piano 5.0, ci sono un cingolato John Deere 8RX e una seminatrice da sodo Isobus Sky da 6 metri, per infittire con del loietto in autunno medicai di 4 anni che verranno poi sfalciati la primavera successiva (rompendo il medicaio). E poi, aggiunge Gianluca Finardi, ci sarà bisogno di una nuova trincia e di una nuova mietitrebbia. «Ogni anno investo più di un milione di euro per rinnovare il parco macchine, cui si aggiungono 300-400mila euro di usato. Ma non c’è dubbio che le macchine vengano ammortizzate, vista la mole di lavoro che abbiamo in carico».