Prendi una trinciacaricatrice a fine carriera e una barra tripla, mettile assieme… ed ecco pronto un semovente per sfalcio: praticamente un unicum – o quasi – nel panorama della meccanica agricola. L’ha pensato – e realizzato – Alberto Lombardi, che con i famigliari (padre, zio e cugino) gestisce un’azienda agricola e di contoterzismo a Sa Michele, a pochi chilometri da Alessandria. D’obbligo, per noi, andare a darci un’occhiata, anche per offrire ai nostri lettori uno spunto interessante su come far fruttare una trincia ormai non più produttiva nel suo ambiente di lavoro naturale.
Partiamo da qualche dato aziendale, d’obbligo per conoscere il contesto. Piero e Renzo Lombardi sono fratelli, titolari dell’azienda di famiglia, in cui lavorano anche Alberto e il cugino Cesare: 200 ettari coltivati a foraggi, mais, grano e soia, quasi tutti utilizzati per alimentare 200 bovini di razza piemontese, con allevamento a ciclo chiuso e linea vacca-vitello. Nel tempo perso – si fa per dire – i Lombardi, con il loro dipendente fisso, fanno lavorazioni meccaniche per gli agricoltori della zona. «Non grandi cose, più o meno trecento ettari di lavorazioni varie, esclusa la raccolta. Abbiamo infatti due mietitrebbie, ma ormai i prezzi sono così bassi che preferiamo usarle internamente. Del resto, sono macchine datate, ampiamente ammortizzate». Una buona parte del lavoro esterno, ci spiega Alberto, consiste nel taglio dei foraggi, che sono poi in maggioranza ritirati dalla stessa azienda. «Esatto. Non vale per tutti, ma molti dei nostri clienti vendono a noi il fieno che aiutiamo a produrre, visto che ci serve per la stalla». Tutte le vacche in riproduzione mangiano infatti soltanto fieno in autunno-inverno ed erba verde nel periodo primaverile ed estivo. «È una dieta perfetta per vacche che devono fare latte soltanto per i vitelli. Ovviamente, agli animali in ingrasso diamo invece nucleo e sfarinati, principalmente prodotti sui nostri terreni».
Cantiere di sfalcio fai-da-te
Ed eccoci all’invenzione di Alberto, partita da un dato di fatto: tagliare 200 e passa ettari di foraggi costantemente girati di tre quarti non è il massimo per la produttività e nemmeno per la salute, a volerla dire tutta. «No, infatti. Ma anche la resa oraria lasciava a desiderare. In poche parole, ero stanco di andare avanti e indietro con una barra trainata da tre metri». Da qui nasce l’idea di creare un mezzo dedicato al taglio, combinando una falciacondizionatrice di larghezza adeguata a una trinciacaricatrice trasformata in porta-attrezzi. «Il progetto è nato dal fatto che ho sempre lavorato sulle mietitrebbie, dove si ha una visuale molto buona su quel che succede e un’impostazione di guida di un certo tipo. Siccome non era il caso di modificare una trebbia, ho pensato alla trincia. Sul mercato se ne trovano di valide a prezzi contenuti. Macchine a fine carriera, che non ce la fanno più a reggere i ritmi della trinciatura moderna, ma che hanno ancora motore e trasmissione in buone condizioni».
Alberto si è così messo alla ricerca della trincia giusta e siccome in azienda sono fidelizzati con John Deere, è stato naturale muoversi in quella direzione. «Abbiamo trovato una vecchia 6710, ancora in buono stato. A questo punto, ci serviva la barra, con caratteristiche ben precise: doveva essere un attrezzo largo almeno 5 metri, che lavorasse in avanzamento e che deponesse le andane in modo che non fossero poi calpestate dalle ruote. Infine, siccome i campi qui in zona sono mediamente piccoli, doveva essere un attrezzo non troppo complesso da trasportare. Questi criteri ci hanno fatto scartare diverse soluzioni, anche blasonate. Qualcuna perché deponeva le andane dove poi sarebbero passate le ruote della trincia, altre perché erano composte da due barre affiancate che, una volta chiuse, ostruivano quasi completamente la visuale».
Nella sua ricerca, Alberto è venuto in contatto con i prodotti di Bellon, una ditta poco nota in Piemonte. «Quando me ne hanno parlato ero un po’ scettico, perché non li conoscevo. Tuttavia, sono andato a trovarli a Cadoneghe (provincia di Padova, ndr) e sono rimasto sorpreso dalle dimensioni dell’azienda e dall’impostazione della fabbrica. Ho così capito che Bellon in Italia non è nota quanto meriterebbe, perché vende la maggior parte della produzione all’estero, ma resta un fior di azienda».
Prima di convincersi, il giovane agricoltore ha comunque visto le falciacondizionatrici della ditta veneta al lavoro, in provincia di Parma. «Ho incontrato un paio di clienti, entrambi molto contenti, e a quel punto ho deciso di tentare. Del resto, già in famiglia mi davano del matto per aver pensato di trasformare una trincia in porta-attrezzi, tanto valeva metterci davanti una barra che non avevamo mai avuto».
Le modifiche
Vediamo allora come trasformare in pochi (non) semplici passaggi, una trincia in trattore con sollevatore anteriore. «Per prima cosa ho eliminato tutto l’apparato trinciante: rulli anteriori, rotore, rompigranella, ventilatore e tubo di lancio. Sono rimasti soltanto motore, trasmissione e cabina. A questo punto, ho fabbricato e montato sullo chassis un attacco a tre punti con terzo punto idraulico, collegandolo alla puleggia della trasmissione principale». La parte più complicata è stata ovviamente quest’ultima. «Ho fatto tagliare il ferro a misura, ho aggiunto i cilindri idraulici e per creare la presa di potenza mi sono fatto fare una scatola del cambio su ordinazione, da un’azienda del Modenese. Facendo qualche prova ho visto che la trincia poteva lavorare a 1.700 giri, che corrispondono a 700 giri dell’albero alimentato dalla trasmissione principale. Per avere un’uscita della Pto a 1.000 giri abbiamo creato un cambio con rapporto 1:1,26 e lo abbiamo installato sulla trincia». Ed ecco pronto un perfetto semovente per sfalcio.
Esperimento riuscito
Non resta che capire com’è andato il nuovo cantiere alla prova dei fatti. «Anche meglio delle aspettative. La trincia lavorava benissimo, tagliando anche i loietti più abbondanti senza problemi. Soprattutto, con un impegno del genere il motore di una trinciacaricatrice praticamente gioca. Sulla vecchia macchina avevamo un consumo medio, compresi i trasferimenti, di 9 litri per ettaro».
Lombardi parla al passato in quanto tutto ciò accadeva, ci spiega, sette anni fa. Ma l’esperimento è riuscito così bene che dopo quattro anni di attività la famiglia ha deciso di rinnovare la macchina, sostituendo la 6710 con una 7400, sempre d’occasione, e cambiando anche la barra di sfalcio. «Abbiamo avuto la fortuna che lo chassis della 7400 fosse identico a quello della serie 6000, per cui abbiamo usato lo stesso attacco a tre punti. Invece abbiamo cambiato la falciatrice, sia perché aveva già tagliato più di mille ettari sia perché volevamo una barra un po’ più grande». Siccome squadra che vince non si cambia, alla nuova John Deere è stata abbinata ancora una Bellon: una Combi-D680GM, combinata sempre composta da tre barre, ma questa volta da sei dischetti ciascuna. «Come spiega il nome, la nuova barra è 6,8 metri invece dei 6 della vecchia. Del resto, la 7400 ha 500 cavalli, contro i 350 della serie 6000».
Il nuovo cantiere ha ovviamente una resa oraria maggiore, a fronte di consumi non molto diversi. «Chiaramente il motore più grande beve di più, ma restiamo comunque su valori bassi, 12-13 litri per ettaro. E in campo continuiamo a lavorare a 1.700 giri, per cui il motore non è assolutamente sforzato. Supera i 2.000 giri soltanto nei trasferimenti. Se non capitano imprevisti, dovrebbe durare parecchio».
I vantaggi
Il pregio principale del sistema ideato da Lombardi è nella comodità d’uso. «Si lavora guardando avanti, come su una normale trinciacaricatrice. Poi anche la resa orari è alta: arriviamo a tagliare 35 ettari al giorno senza nessuna fatica. Parlo di giornate in cui siamo in stalla mattina e sera e ci fermiamo un’ora a pranzo».
La macchina, aggiunge l’agricoltore, viaggia tra i 13 e i 15 km orari, con quasi 7 metri di larghezza di lavoro. È chiaro quindi che la resa oraria, in assenza di trasferimenti, sfiora i 10 ettari.
«Siccome i terreni che lavoriamo sono piccoli e sparsi, la media giornaliera à inferiore, ma siamo comunque soddisfatti».
Soddisfacente, continua Alberto Lombardi, anche la qualità del lavoro: «Per prima cosa non calpestiamo le andane, e questo per noi è essenziale, visto che usiamo il prodotto nella nostra stalla. E posso assicurare che la differenza tra un foraggio di qualità e uno riuscito male si vede bene, nella mandria».
Proprio per evitare calpestamenti, i Lombardi hanno sostituito gli pneumatici da 800”, montate di serie, con dei 650”, comunque previsti a libretto. «In questo modo la ruota finisce in corrispondenza del deflettore dell’andana, per cui nessuna parte di essa è calpestata».
Alta produttività, buona qualità del lavoro, comfort. Che altro? «In generale tutta l’organizzazione dello sfalcio è semplificata. Per esempio, la manutenzione è molto ridotta. Rispetto a una falciatrice montata su un trattore, non abbiamo problemi di riscaldamento dei liquidi, perché il motore resta dietro e i radiatori non si sporcano. La manutenzione sulla trincia è poca cosa e anche la barra non ne richiede molta».
Combi-D680 GM: semplice e affidabile
Vediamo anche il comportamento della barra tripla, che secondo Lombardi ha il pregio dell’efficienza e della semplicità. «La prima cosa che ho notato è appunto la semplicità: è un attrezzo ben pensato, senza catene, ma soltanto con scatole di ingranaggi. Che, in caso di guasto, si sfilano e sostituiscono in mezz’ora. Se ne è rotta una, sulla prima macchina, e l’abbiamo cambiata senza alcun problema». La nuova Combi-D680 GM, in tre anni di lavoro, non ha avuto invece rotture, se non un cuscinetto. «Ma anche in questo caso, lo abbiamo cambiato rapidamente: è bastato allentare due dati, sfilare il vecchio cuscinetto e montare il nuovo per tornare a lavorare».
Interventi che i Lombardi hanno realizzato in proprio. Del resto, in zona non c’è una concessionaria Bellon. Ma questo per Alberto non è un problema. «Quando siamo andati a comprare la prima barra ce lo hanno detto: da voi non abbiamo concessionarie, ma vi forniremo noi tutti i pezzi necessari. Ed è stato così: quando ci serve un ricambio, telefoniamo e la mattina dopo lo abbiamo in consegna. Non ho mai sentito la necessità di un concessionario di zona. L’azienda è seria, risponde sempre, velocemente ed è molto attenta alle nostre osservazioni. Sulla seconda barra abbiamo chiesto dei rinforzi sugli angoli del fondo e ce li hanno fatti in fabbrica. Abbiamo fatto notare che il ruotino di appoggio calpestava l’andana e ci hanno mandato un supporto più largo per far sì che non accadesse più. L’inclinazione delle testate in posizione flottante era un po’ eccessiva e sul nuovo modello l’hanno ridotta. Tante altre aziende ci avrebbero detto che la macchina è così e buonanotte».
L’esperienza con Bellon è insomma assolutamente positiva, da quanto si capisce. «Senz’altro. La barra lavora molto bene, più di quanto mi aspettassi. Mangia molto, non ha paura nemmeno dei loietti più alti e fitti. Chiaramente si rallenta un po’ l’andatura, ma siamo comunque sempre attorno ai 10 chilometri orari». Anche con prodotto abbondante e lungo, inoltre i dischetti e i rulli restano puliti e non si intasano e le andane non sono schiacciate a terra, ma sufficientemente soffici e ventilate. «Questa cosa ci permette di evitare un rivoltamento e di guadagnare, in pratica, un giorno rispetto a una procedura di essiccamento classica. Oltre al fatto che ci risparmiamo una lavorazione, quindi meno tempo e meno gasolio».
Unico aspetto che potrebbe essere migliorato, secondo Lombardi, è lo schiacciamento degli steli. «I rulli lavorano bene ma non sono i migliori per forza di schiacciamento. A ogni modo i tempi di essiccamento sono praticamente identici a quelli di altre macchine, per cui non ci lamentiamo».
Alla luce di sette anni di esperienza e dopo aver usato due diversi modelli, Bellon esce insomma a testa alta da questa prova particolarmente impegnativa, in quanto effettuata su un cantiere assolutamente inusuale. «Sì, siamo molto soddisfatti. È una barra che, per prima cosa, ha un prezzo concorrenziale. E per questi soldi lavora meglio di molte altre. Anzi, meglio di tutte le altre che abbiamo preso in considerazione per questo specifico impiego. Lo dimostra il fatto che ormai facciamo tutto lo sfalcio con trincia e Bellon. Le altre falciatrici restano sotto al capannone. E quando dovremo sostituire questa Combi-D680 GM, prenderemo ancora una Bellon».
Leggi l'articolo pubblicato su Il Contoterzista n. 6/2024