La provincia di Ferrara è terreno fertile per il contoterzismo, in tutti i sensi: come qualità della terra, senza dubbio, ma anche perché in ampie fasce di questo territorio si verificano le condizioni ideali per lo sviluppo della meccanizzazione agricola. Vi si trovano, per esempio, alcune delle maggiori aziende agricole italiane per superficie, talvolta gestite da finanziarie che non si mettono certo a coltivare in proprio i terreni. C’è poi la dimensione degli appezzamenti, che è tale – pensiamo soprattutto alle aree bonificate – da giustificare l’impiego di macchine ad alta potenza accessibili soltanto a contoterzisti o aziende di enormi dimensioni.
Tra campi e frutteti
In questo caso ci occupiamo però di un’area un po’ ai margini della realtà appena descritta. Siamo infatti nei dintorni di Argenta, ai confini con la provincia di Bologna. Qui le grandi estensioni tipiche della fascia costiera hanno già lasciato il posto a una proprietà più frammentata, tipica della frutti-viticoltura. Non a caso, il protagonista del nostro reportage di oggi è anche frutticoltore. Stiamo parlando di Ivan Masotti, figlio d’arte, che lavora a sua volta con il figlio Cristian Masotti e quattro dipendenti nell’azienda che porta il nome della famiglia. «Fu mio padre, emigrato in queste terre attorno al 1943 e già agricoltore, ad avviare l’attività di contoterzismo. Successivamente subentrai io e uno dei cambiamenti principali fu abbandonare, ormai trent’anni fa, la raccolta, un tempo impegno principale degli agromeccanici. Oggi, assieme a me lavorano mio figlio Cristian e mia moglie». Renata Visentini, infatti, è saldamente al controllo della parte amministrativa, una sorte che tocca a molte consorti di agromeccanici. «Infine, abbiamo i dipendenti, naturalmente: quattro fissi e poi gli stagionali per i momenti difficili».
Accanto ai lavori per conto terzi, come abbiamo scritto, i Masotti portano avanti frutteti e vigneti dell’azienda agricola. «Poca cosa, 31 ettari in tutto, in gran parte pere, mele, uva e kiwi. Devo dire che nonostante il calo di prezzi degli ultimi anni, la frutticoltura offre ancora un discreto margine. Sicuramente superiore a molte coltivazioni di pieno campo, grano in primis». Il quale, fa notare Ivan, con 20 euro al quintale di prezzo costringe a lavorare praticamente in perdita. «Se non ci fosse un po’ di contributo Psr, davvero si andrebbe sotto alle spese».
Contributo che, si affretta a precisare il contoterzista ferrarese, si ottiene però a patto di effettuare le lavorazioni richieste dal Programma. «Stanno spingendo fortemente verso il sodo e comunque verso lavorazioni alternative all’aratura. In parte sono d’accordo, perché arare a 50 cm per seminare grano non ha senso. Tuttavia, non dimentico quel vecchio detto secondo cui “Una brutta aratura è meglio di una buona erpicatura”. Dimostra che in queste zone l’aratro è considerato indispensabile o quasi. Non a caso avevamo una seminatrice da sodo, una 6 metri della Gaspardo, ma l’abbiamo dismessa, perché ormai gli agricoltori non ci credevano più».
Orticole e cereali
L’aratura profonda resiste, continua Masotti, soprattutto nella zona dell’Imolese, dove si coltivano parecchie patate e cipolle. «Colture che richiedono un rivoltamento profondo del terreno. La verità – ci dice con rimpianto – è che ci vorrebbe ancora la bietola, per poter differenziare un po’ e portare a casa qualcosa. Ma ormai anch’essa non dà più i redditi di un tempo e lo dimostrano i bilanci di chi ha ripreso a farla». Cosa si coltiva, allora, tra Argenta e Imola? «Principalmente grano, ma anche sorgo e mais. Quest’ultimo, soprattutto per gli impianti di biogas, che anche in questa zona sono ben presenti».
Mais, grano, sorgo: colture che richiedono la mietitrebbia. Che però ai Masotti manca. «Trent’anni fa feci una scelta precisa: quella di specializzarmi. Invece di continuare a fare tante cose in modo dispersivo, decisi di concentrarmi su poche attività, ma realizzate con buoni mezzi e molta competenza. Fui tra i primi, nel 1996, ad acquistare un trampolo per piralide con manica d’aria. Allora nessuno dei colleghi ci credeva e per qualche anno lavorammo davvero bene con i trattamenti e i diserbi. Oggi tutti hanno semoventi e trampoli, ma ormai non è un’attività redditizia come un tempo». Resta il fatto che, così com’è organizzato, Masotti non può accontentare i clienti che devono trebbiare il grano o il mais. «Per quello abbiamo avviato una collaborazione con la Siterma, una realtà che si è invece specializzata nella raccolta. In questo modo, ognuno fa il suo, non ci pestiamo i piedi e tutti e due possiamo sopravvivere. Così dovrebbe essere tra colleghi. Invece, come categoria preferiamo seguire l’onda dei camionisti: sempre a investire milioni in macchinari per poi farci la guerra sul prezzo, uno contro l’altro. Se le dicessi quante lotte ho fatto, anche dentro l’Unima, per arrivare a stringere accordi tra colleghi ed evitare questo gioco al massacro, non ci crederebbe».
Fendt soppianta John Deere
Il primo trampolo arrivato a casa di Masotti era un Mazzotti. E sono Mazzotti anche i tre attualmente in attività, tra cui un 3014P che rappresenta il fiore all’occhiello dell’azienda, nel campo della difesa. «È effettivamente una signora macchina, molto produttiva e anche versatile. Grazie a essa e alle altre due botti, effettuiamo diserbi e trattamenti su ogni tipo di coltura, tanto da averne fatto una delle nostre attività principali».
Se dalle irroratrici passiamo ai trattori, il mondo si colora di verde. Un tempo era quello di John Deere, sostituito da qualche anno, a ritmi crescenti, dal verde-rosso di Fendt. Tre in tutto le macchine di Marktoberdorf presenti sotto i capannoni: un 211 da frutteto e poi due 936, tra cui uno di un insolito blu notte. «Colore fatto su ordinazione e per espressa richiesta di mio figlio Cristian, che voleva una macchina che si distinguesse dalle altre, anche in mezzo a un campo».
Il cambio di marchio è stato legato soprattutto a questioni di assistenza, come a volte accade. «Purtroppo in questo senso abbiamo avuto alcuni problemi. Ciò non significa che i Fendt non si rompano: si rompono come tutti gli altri, tuttavia li aggiustano anche in fretta. Per esempio, nell’autunno è saltata la centralina di un 936. Abbiamo chiamato il concessionario, la Casella di Carpaneto Piacentino (Pc) e la mattina seguente era già qui il tecnico con la centralina nuova. Questo è quello che io chiamo un buon servizio ed è esattamente ciò di cui un contoterzista ha bisogno».