Dal 1° gennaio 2018 entra in vigore il Reg. 2017/1155 del 15 febbraio 2017 (modifica del Reg. 639/2014) che rivede alcuni importanti aspetti come il greening.
Il tema di maggiore attenzione è il divieto di utilizzare prodotti fitosanitari nelle colture azotofissatrici, inserite nella Domanda Pac come aree ecologiche (Efa).
L’impatto è rilevante soprattutto per la soia al Nord Italia, largamente utilizzata dagli agricoltori per rispondere agli obblighi del greening e, in misura oggettivamente minore, per le leguminose da granella al centro-sud Italia.
Un’altra norma – questa in positivo – riconosce le Efa-azotofissatrici anche i miscugli con predominanza di leguminose.
La tutela della biodivesità
Dal punto di vista normativo, il Reg. 2017/1155 integra l’art. 45 del Reg. 639/2014) con un nuovo paragrafo che recita:
“L’utilizzo di prodotti fitosanitari è vietato su tutte le superfici di cui ai paragrafi, 2, 9 e 10 e sulle superfici con produzione agricola di cui al paragrafo 7”.
Il divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari riguarda tutte le Efa produttive:
– terreni a riposo (paragrafo 2);
– bordi forestali (paragrafo 7);
– colture intercalari (paragrafo 9);
– colture azotofissatrici (paragrafo 10).
Questa novità, fortemente voluta dalla componente ambientalista della Commissione europea e del Parlamento europeo, ha lo scopo di salvaguardare la biodiversità nelle Efa. In altre parole, si afferma che le Efa – visto che hanno una finalità ecologica finalizzata alla biodiversità – non possono essere oggetto di trattamenti fitosanitari che ne ridurrebbero il raggiungimento degli obiettivi.
Il divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari per le Efa è stato molto criticato dagli Stati membri, perché difficilmente controllabile e perché andrebbe oltre i principi stabiliti nel regolamento di base. Ciononostante la modifica è stata adottata.
Il dibattito è stato molto acceso; in un primo momento la Comagri (Commissione Agricoltura del Parlamento europeo) aveva bocciato, a larga maggioranza, la proposta di vietare l’uso di prodotti fitosanitari sulle Efa. Tuttavia l’ultima parola spettava al Parlamento europeo in seduta plenaria che, a giugno 2017, per soli 13 voti di differenza, ha sancito il divieto d’utilizzo dei prodotti fitosanitari per le Efa.
Al di là delle motivazioni, la norma è ormai approvata e va applicata dal 2018. Le colture azotofissatrici interessate sono quelle stabilite dal decreto ministeriale n. 6513 del 18 novembre 2014 che ha fissato l’elenco di quelle utilizzabili come aree di interesse ecologico (Tab. 1 - Le specie azotofissatrici). Questa novità impatta particolarmente per gli agricoltori che utilizzano le colture azotofissatrici come Efa, ad esempio la soia, che non potranno più essere diserbate. Il problema non interessa le colture intercalari in Italia che non sono ammesse come Efa.
Anche per i terreni a riposo, indicati in Domanda Pac come Efa, vige il divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari. In questo caso tuttavia il problema è facilmente risolvibile, in quanto si può ricorrere facilmente alla trinciatura, in sostituzione dei trattamenti con prodotti fitosanitari.
Soia senza diserbo
Il divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari per le Efa avrà come effetto la riduzione della superficie a soia nel Nord Italia, visto che questa coltura era stata largamente utilizzata come Efa. Analogamente succede al Centro-Sud Italia con le leguminose da granella. Infatti, il greening introdotto dalla riforma della Pac 2014-2020 aveva portato ad un aumento significativo delle colture azotofissatrici e, in misura minore, dei terreni lasciati a riposo.
Infatti le colture maggiormente utilizzate per il rispetto del 5% di Efa sono state le azotofissatrici; a seguire i terreni lasciati a riposo. In dettaglio, la soia è l’azotofissatrice che più di tutte ha contribuito alle Efa nel Nord Italia. Gli agricoltori hanno optato per la soia in quanto hanno potuto usufruire anche del sostegno accoppiato. Ovviamente questo ha portato ad un aumento delle superfici che ha generato una diminuzione del premio previsto per il sostegno accoppiato.
Al Sud Italia e in Emilia Romagna, invece, è l’erba medica la coltura azotofissatrice che è stata scelta dagli agricoltori per il rispetto del 5% di Efa. A seguire le leguminose da granella.
Quali soluzioni?
L’agricoltore dovrà adattarsi al divieto di utilizzo dei prodotti fitosanitari. Per gli agricoltori che utilizzano l’erba medica come Efa, il problema è facilmente risolvibile, in quanto l’erba medica può essere coltivata anche senza necessità di trattamenti.
Il problema è invece insuperabile per la soia e le leguminose da granella, visto che il divieto dei trattamenti, in particolare il diserbo, compromette la resa produttiva e l’economicità di tali colture.
In questo scenario, l’agricoltore potrà reagire tramite due soluzioni:
- utilizzare altre colture azotofissatrice come l’erba medica che può essere coltivata efficacemente anche senza l’utilizzo dei prodotti fitosanitari;
- utilizzare gli elementi caratteristici del paesaggio, allo scopo di soddisfare l’impegno delle Efa.
Il secondo punto è particolarmente importante. In Italia, gli elementi caratteristici del paesaggio sono stati pochissimo utilizzati (meno del 2,5% delle Efa), a causa della difficoltà informatica nella loro individuazione. Eppure l’Italia è ricca di elementi caratteristici del paesaggio: siepi alberi in filari, fasce tampone, bordi di campi, fossati, vegetazione ripariale, muretti tradizionali.
Ad esempio un km di fossati, compresi corsi d’acqua aperti per irrigazione o drenaggio, con un fattore di conversione 5 e un fattore di ponderazione 2, generano 1 ettaro di Efa. La pianura padana è ricca di fossati, che possono essere individuati come Efa, mentre attualmente gli agricoltori non utilizzano questa opportunità.
Dal 2018, i sistemi informatici di Agea dovrebbe facilitare l’utilizzo degli elementi caratteristici del paesaggio, in modo da evitare il ricorso alle colture azotofissatrici “non diserbate” o al set aside come Efa.
Novità per i miscugli
Il Reg. 2017/1155 introduce la possibilità che i miscugli di colture azotofissatrici e altre piante possano essere qualificate come Efa a condizione che sia assicurata la predominanza delle colture azotofissatrici nei miscugli.
Dal punto di vista normativo, questa novità è contenuta nel Reg. 2017/1155 che modifica l’art. 45, par. 10, del Reg. 639/2014, il quale nella nuova versione recita: “Sulle superfici con colture azotofissatrici gli agricoltori coltivano le colture che fissano l’azoto incluse in un elenco stabilito dallo Stato membro.
L’elenco riporta le colture azotofissatrici che lo Stato membro ritiene contribuiscano all’obiettivo di migliorare la biodiversità e può includere miscugli di colture azotofissatrici e altre colture a condizione che le colture azotofissatrici siano predominanti. Tali colture sono presenti durante il periodo vegetativo.
Gli Stati membri possono stabilire condizioni aggiuntive, in particolare per quanto riguarda i metodi di produzione, tenendo segnatamente conto della necessità di soddisfare gli obiettivi della direttiva 91/676/CEE e della direttiva 2000/60/CE, dato che tali colture potrebbero aumentare il rischio di lisciviazione dell’azoto in autunno.”
Il problema dei controlli
La possibilità di utilizzare miscugli di colture azotofissatrici e altre piante è molto interessante, ad esempio in erbai autunnali di leguminose e graminacee.
Questa opzione consente di ampliare le opportunità di soddisfacimento dell’impegno delle Efa, attraverso erbai che possono essere coltivati senza impiego di prodotti fitosanitari e possono essere valorizzati in aziende zootecniche oppure negli impianti a biogas.
Una domanda frequente riguarda il criterio della predominanza delle colture azotofissatrici rispetto alle altre piante.
La predominanza riguarda il numero delle piante in campo, che deve essere per almeno il 51% costituite da colture azotofissatrici. Il problema si pone in sede di controllo, affidato ad Agea e agli Organismi pagatori.
Attualmente Agea non ha ancora fissato i metodi di controllo, che comunque si basano sulle verifiche in campo.
Il cartellino delle sementi non è richiesto dalla normativa, tuttavia è un utile strumento per giustificare la predominanza delle colture azotofissatrici nell’eventualità di un controllo.
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