Un trattore che ha bisogno del cambio a variazione continua: con esso, il motore Power Tech da 9 litri forma un binomio vincente sotto ogni profilo. I più informati dei lettori hanno già capito, dal nome del motore, che nelle prossime pagine ci occuperemo di John Deere e per la precisione di una delle sue macchine di maggior successo, l’8335 RT. Ovvero il modello centrale della serie 8R cingolata. Sostituito, da pochissimi mesi, dai nuovi modelli Tier 4F, ancora troppo recenti per essere protagonisti di un Provato da voi.
Anche l’8335 RT che prendiamo in esame in questo numero è recente, a dire il vero: i fratelli Stefano e Lorenzo Zoboli, contoterzisti del Modenese, se lo sono visti recapitare in azienda a inizio 2014. In un anno scarso di vita (il nostro test risale al dicembre scorso) la macchina ha lavorato per quasi mille ore, a dimostrazione che la sua presenza è, in una media azienda agromeccanica del Modenese, quanto mai preziosa. «In effetti – conferma Stefano – un cingolato di alta potenza qui da noi è quasi indispensabile, sia per l’aratura sia per certi tipi di preparazione del terreno. In parte è anche questione di prestigio aziendale, ma soprattutto pesa il fatto che, con una macchina come questa, in poco tempo tiri via davvero molto lavoro e in periodi in cui il tempo è poco – come in autunno, per esempio – far passare tanti ettari in fretta è fondamentale, perché non sai quanti giorni hai davanti prima che le piogge ti fermino per settimane intere». È in questa situazione che il John Deere dà il meglio di sé, continuano i fratelli Zoboli: «Con un preparatore, fai passare facilmente 5 ettari l’ora. Sono bei numeri».
Naturalmente, il John Deere Track fa anche aratura: «Lo usiamo con un quadrivomere Ermo. Anche in questo caso abbiamo una produttività niente male: circa un ettaro l’ora o anche di più, in condizioni particolarmente favorevoli. Ma la media resta comunque questa», dice Lorenzo.
Motore e trasmissione
Il trattore dei fratelli Zoboli è stato acquistato a inizio 2013 ed è pertanto uno degli ultimi modelli della vecchia serie 8R. Dall’autunno, infatti, sono sul mercato i nuovi modelli Tier 4F, con motore leggermente modificato (è stato aggiunto un sistema di abbattimento degli ossidi di azoto basato sull’additivo all’urea). Nel complesso, comunque, il propulsore resta bene o male lo stesso. Sulla nostra macchina abbiamo pertanto un Power Tech Psc 9.0 L da 9 litri per sei cilindri, naturalmente common rail a 24 valvole. Siamo in ambito di tecnologia Tier 4i e dunque, trattandosi di John Deere, parliamo di un motore senza urea, ma con una doppia turbina (una fissa e una a geometria variabile) più ricircolo dei gas di scarico e catalizzatore Dpf con rigenerazione passiva o attiva, in funzione delle condizioni di utilizzo. La scheda tecnica parla di 335 cavalli nominali (da cui, ovviamente, il nome) che diventano 369 (271 kW) in potenza massima, con possibilità di aggiungerne ancora se si installa l’Ipm (intelligent power management) optional. «I cavalli sono senz’altro sufficienti, soprattutto perché si abbinano a un cambio eccezionale e all’aderenza tipica dei trattori cingolati», ci spiegano i proprietari. «Rispetto al gommato siamo su un altro pianeta, c’è poco da fare. Non soltanto è più stabile e, in fondo, anche più confortevole: soprattutto ha un traino molto più efficiente. Con il preparatore, la differenza è evidente».
Un motore da 9 litri, naturalmente, ha bisogno di gasolio e anzi uno dei difetti spesso imputati alle macchine John Deere è quello di essere piuttosto esigenti, in materia. «A nostro parere i consumi sono proporzionati alle prestazioni. Quando si fanno lavori molto impegnativi arriviamo a una media di 45 litri l’ora, al massimo. Si può anche salire un po’, ma bisogna impegnarsi. Tirandogli proprio il collo si arriva a 55 litri, però siamo al limite del motore».
I fratelli Zoboli hanno anche evidenziato le qualità della trasmissione. Sulla loro macchina troviamo un cambio a variazione continua Ivt (Infinitely Variable transmission, nella nomenclatura John Deere), che è lo standard sul modello di punta 8360 RT ma è disponibile, come optional, anche sulle versioni meno potenti. «È il cambio che ci vuole su un trattore come questo – sostiene Lorenzo Zoboli – e penso che gran parte delle qualità di questa macchina siano legate proprio alla trasmissione. Il cambio a variazione continua rende più agevole il lavoro, arrotonda la ruvidità tipica di una macchina cingolata e facilita le manovre a fine campo, rendendo molto più facile gestire le svolte in capezzagna. Consiglio sicuramente, a chi volesse acquistare un RT, di scegliere questa soluzione piuttosto del powershift». L’uso del cambio a variazione continua John Deere ormai è piuttosto noto e si basa su una levetta dotata di rotella. Spinta avanti e tirata indietro, aumenta e riduce la velocità, mentre la rotella serve per impostare la velocità-obiettivo che si desidera mantenere durante il lavoro.
Tre le modalità di guida, tra cui l’Auto-mode, che lascia la completa gestione del cambio e del regime motore alla macchina, permettono di lavorare nelle più diverse condizioni, dalle applicazioni alla Pto (che hanno necessità di fissare il regime motore) alle lavorazioni veloci, dove è più importante ridurre i giri per risparmiare carburante. Da ultimo, i cingoli. Sul John Deere dei due contoterzisti emiliani sono montati i normali nastri da 63 cm, ma a richiesta sono disponibili larghezze comprese tra 40 e 76 cm. Riguardo al sistema di cingolatura, i proprietari, che già ebbero esperienza con un 8000 della vecchia serie, sottolineano l’enorme passo avanti compiuto da carro e i rulli, finalmente larghi a sufficienza per evitare rischi di deragliamento. «L’unico limite dei cingoli – ci dicono – è che se si fanno molti trasferimenti su strada durano poco».
Idraulica e applicazioni
L’impianto idraulico dell’8335 RT è davvero ben messo: 166 litri di portata, con la pompa standard da 63 cc. E se si hanno esigenze superiori, si può chiedere la pompa da 85 cc che arriva a 227 litri al minuto. La portata per ogni singolo distributore è invece di 132 litri, sempre al minuto.
La pompa alimenta naturalmente anche il sollevatore posteriore: quest’ultimo ha, sulla serie 8 Track, la notevolissima portata di 97 quintali, oltre 12 in più rispetto alla versione gommata di stessa potenza. Unita ad attacchi di categoria IV, rappresenta una certa garanzia anche quando si lavora con attrezzi pesanti, come aratri a quattro o cinque vomeri, per esempio. Sui cingolati non è invece disponibile il sollevatore frontale.
La presa di potenza, che lavora a mille giri, sviluppa infine 273 cavalli. «Abbiamo, soprattutto, un buon sollevatore: è l’attacco a tre punti della versione gommata messo sul cingolato; in più abbiamo una elevata aderenza, a darci una mano. Tutta l’idraulica, comunque, nel complesso si comporta bene e non ha mai dato problemi», precisano i proprietari.
Cabina e comfort
All’inizio della nostra chiacchierata a proposito dell’8335 RT, gli Zoboli hanno voluto precisare che le condizioni di lavoro sono, un po’ a sorpresa, migliori rispetto a un trattore gommato. «E lo ribadiamo – dice Stefano – soprattutto se parliamo di attività in campo. Il John Deere RT è più stabile, nei lavori pesanti, rispetto alla versione gommata e inoltre si sentono meno i colpi dell’aratro. Infine, è anche più veloce nelle manovre in capezzagna, grazie alla possibilità di girare praticamente su se stesso. Il peso, naturalmente, influisce: stiamo parlando di una macchina da 18 tonnellate; quando sono piantate a terra è difficile spostarle». C’è un’eccezione a questo parere molto positivo sul comfort di lavoro e riguarda i trasferimenti su strada. «In quella situazione, naturalmente, una macchina su ruote ha dei vantaggi. Il cingolato, pur potendo viaggiare su strada, ha una guida piuttosto nervosa, bisogna prestare sempre molta attenzione. Del resto, viste le dimensioni, non è una macchina che si possa trasportare sul carrellone e dunque l’unico modo per spostarsi da un campo all’altro è guidarlo».
Uno dei punti critici, in un trattore cingolato, è il carro, che spesso trasmette fastidiose vibrazioni alla postazione di guida. Per ovviare al problema, John Deere ha ideato il sistema Air Cushion, che si basa su un assale snodato che poggia su un perno basculante, provvisto di un ammortizzatore pneumatico a risposta variabile. Quest’ultimo serve ad assorbire i colpi che il terreno trasmette all’assale, per evitare che i medesimi arrivino al conducente. Il risultato, ci dicono i contoterzisti, è positivo: «l’asse basculante elimina la maggior parte dei sobbalzi e al resto pensa l’ammortizzatore. Nel complesso in cabina si sta bene».
Anche perché, aggiungiamo, la cabina stessa è di quelle che non si scordano: 3,6 metri cubi di volume e sei metri e mezzo di superficie vetrata che assicurano – sostengono gli Zoboli – una buona visibilità anteriore, mentre quella posteriore è leggermente penalizzata.
Senza ombre il giudizio sui comandi: «muovi la mano e trovi tutto quel che ti serve: è il tipico trattore americano». Ovviamente la logistica di controllo è costruita attorno al bracciolo multifunzioni. Il Command Arm di John Deere fu tra i primi a essere presentati e da allora è cambiato pochissimo; anche perché, obiettivamente, ha davvero poco di migliorabile. In testata troviamo le leve dei distributori e del sollevatore con, a fianco, la levetta del cambio.
Agganciato al bracciolo anche il terminale Command Center, che può essere touch screen oXppure controllato dalla classica pulsantiera John Deere. A esso fa capo un sistema gestionale che è, come noto, tra i più completi e al tempo stesso semplici da usare, una volta presa la mano sui comandi rapidi.
La macchina, aggiungono ancora i proprietari, è molto silenziosa e ben climatizzata. «Anche se proprio il climatizzatore ha avuto uno dei pochissimi guasti del trattore: un tubo rotto, che ha portato all’interruzione del funzionamento». Altri guasti riguardano sempre le condotte, ma quelle idrauliche, saltate probabilmente per un difetto di fabbrica.
Comfort vuol dire, naturalmente, anche manutenzioni: i tempi sono nella media, per un trattore di questa potenza, e i punti di ingrassaggio ben raggruppati. L’olio si cambia a 500 ore, ma i fratelli Zoboli abbreviano l’intervallo a 300 ore. «Trattandosi di un trattore che fa lavori pesanti, preferiamo fare qualche cambio in più ma stare tranquilli», ci spiegano. Riguardo alla tranquillità, è interessante anche il contratto di garanzia prolungata: cinque anni invece dei soliti due, l’intero periodo anticipato al momento dell’acquisto. «È una buona soluzione per stare tranquilli, soprattutto se parliamo di macchine potenti e che fanno lavori impegnativi», spiegano i proprietari.
Concludiamo con un accenno al lavoro notturno: le luci sono abbondanti ed efficienti, soprattutto per una coppia di contoterzisti che, salvo casi particolari, quando scende il sole preferisce portare il trattore nel capannone. E non sapremmo dargli torto.
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