Torna l’interesse per la lavorazione a due strati

L’evoluzione della meccanica agraria ha portato alla costruzione di attrezzi che includono in un unico cantiere corpi di lavoro che eseguono una lavorazione profonda e altri che svolgono una lavorazione superficiale. Così in un’unica passata è possibile lavorare il terreno e preparare il letto di semina (foto Maschio Gaspardo)
Questa tecnica è stata messa a punto alla fine degli anni ’70 ed è oggi più che mai attuale grazie al progresso della meccanica agraria

La tecnica della lavorazione a due strati è stata messa a punto sulle basi delle ricerche riguardanti l’aratura e le lavorazioni profonde effettuate a partire dagli anni ’50 da Giuseppe Stefanelli dell’Università di Bologna, nonché sullo studio condotto negli anni ’70 dall’Istituto di Meccanica Agraria dell’Università di Padova riguardante le interazioni tra gli attrezzi per la lavorazione del terreno e le caratteristiche del terreno. Tale studio contemplava le modalità più idonee a ottenere uno strato di terreno lavorato in profondità senza però il verificarsi degli inconvenienti dell’aratura profonda. L’aratura profonda, infatti, oltre a essere molto energivora, comporta altri svantaggi quali per esempio: l’inversione degli strati di terreno con conseguenti danni alla microflora, eccessiva zollosità che richiede ulteriori lavorazioni di amminutamento, la creazione di una suola di lavorazione (o crostone di lavorazione) molto consistente che impedisce il percolamento delle acque con conseguenti ristagni idrici in superficie.

Le ricerche dell’Istituto di Meccanica Agraria dell’Università di Padova approdarono alla fine degli anni ’70 alla messa a punto della tecnica della lavorazione a due strati realizzata con una ripuntatura profonda seguita da un’aratura superficiale. Difatti, la ripuntatura ha i grandi pregi di dissodare e smuovere il terreno in profondità senza riportarne porzioni in superficie, dirompere il crostone di lavorazione formatosi con le lavorazioni degli anni precedenti, aumentare la capacità di percolazione, arieggiare il terreno in profondità e favorire l’immagazzinamento dell’acqua in profondità. A sua volta l’aratura superficiale ha il grande pregio di interrare i residui colturali, il letame o i concimi organominerali a una modesta profondità, così da trovare le condizioni più idonee alla loro umificazione.

I principi all’epoca individuati dall’Istituto di Meccanica Agraria dell’Università di Padova sono tuttora validi. Il progresso della meccanica agraria ha portato a un miglioramento degli attrezzi utilizzabili e anche alla creazione di nuovi attrezzi specifici per la lavorazione a due strati. Di seguito le caratteristiche dei più moderni attrezzi utilizzabili per eseguire la lavorazione a due strati.

Volendo rimanere sull’impostazione classica della lavorazione a due strati che vede la ripuntatura e quindi il dissodamento del terreno seguito dall’aratura superficiale, grazie al progresso compiuto dalla meccanica agraria è possibile utilizzare ripuntatori dissodatori con “effetto onda” e successivamente aratri portati reversibili dotati di variazione della larghezza di lavoro.

Ripuntatori con “effetto onda”

In particolare, i ripuntatori dissodatori con “effetto onda” dirompono verticalmente e orizzontalmente il terreno negli strati profondi lasciando quasi inalterata la parte più superficiale. La loro conformazione tipica è a un solo rango, costituito da un longherone d’acciaio posto trasversalmente alla direzione di marcia cui sono collegati gli organi di lavoro. Tale configurazione limita l’ingombro longitudinale, assicurando la massima stabilità del cantiere di lavoro costituito dalla trattrice e dal dissodatore, che difatti è portato dall’attacco a tre punti del sollevatore posteriore della trattrice. Per quanto riguarda i corpi di lavoro, questi sono costituiti da ancore di acciaio con profilo leggermente inclinato verso la direzione di marcia e sagomatura a freccia nella parte anteriore per meglio fessurare il terreno verticalmente.

Tali ancore sono incernierate al rango trasversale tramite apposite strutture munite di sistema di sicurezza costituito da un bullone di tranciatura. Le ancore recano nella parte terminale un puntale e vomeri laterali, di solito costruiti in acciaio con rivestimento al carburo di tungsteno per una maggiore resistenza all’usura causata dall’attrito col terreno. Il puntale agevola la penetrazione nel terreno, mentre i vomeri laterali aumentano la larghezza d’urto interessando così alla lavorazione un maggiore volume di terreno. I particolari layout delle ancore, del puntale e dei vomeri laterali esercitano un’accurata fessurazione in profondità e un’azione di sollevamento del terreno, generando un effetto onda che, a sua volta, smuove il terreno arieggiandolo. Il terreno viene così dissodato mediante il suo sollevamento e la sua caduta dietro i vomeri senza provocare alcun rivoltamento superficiale, rispettando in questo modo il microambiente dei primi 10-15 cm superficiali del terreno, mantenendo il contenuto di umidità e conferendo anche una maggiore resistenza alla siccità. Tipicamente i ripuntatori dissodatori con “effetto onda” hanno larghezza di lavoro di 300 o 400 cm, sono dotati di 4, 6, 8 ancore e richiedono l’impiego di trattrici di almeno 100-130 CV.

Aratri reversibili con variazione della larghezza di lavoro

Per quanto riguarda invece l’aratura, questa può essere compiuta utilizzando moderni aratri portati reversibili dotati di variazione della larghezza di lavoro. Tali aratri sono connotati da semplicità di impiego, facilità di regolazione e ottima qualità di lavoro perché sono in grado di interrare totalmente i residui colturali e le infestanti eventualmente presenti. Inoltre, la loro particolare configurazione, caratterizzata da corpi lavoranti montati specularmente sopra e sotto la bure che viene girata a fine campo grazie all’azione di un martinetto idraulico alimentato dal circuito del trattore, consente di rivoltare il terreno sempre dallo stesso lato nei due sensi di marcia. Tipicamente questi aratri presentano: bure quadrangolare di acciaio (150x150 mm) irrobustita da un cassone d’acciaio che si estende sino a metà aratro, da 3 a 6 corpi lavoranti dotati di vomere, versoio, avanvomere e sistema di regolazione della larghezza di lavoro costituito da un cilindro idraulico alimentato dal circuito del trattore che sposta lateralmente la bure rispetto al castello di attacco al trattore. Tra l’altro, questi aratri offrono la possibilità di allestimento con versoi di differente foggia, per esempio: elicoidale, cilindrica, finestrata, a losanga e offrono anche la possibilità di applicare versoi in poliuretano, molto leggeri e resistenti all’abrasione.

Inoltre, i corpi di lavoro possono essere dotati di sistema sicurezza meccanico oppure idraulico Non Stop. Il primo è rappresentato dal classico bullone di tranciatura: tale sistema è molto funzionale, non comporta un eccessivo dispendio economico e si rivela molto utile nei terreni pesanti senza sassi o pietre. Il sistema di sicurezza idraulico Non Stop consente il ribaltamento del corpo lavorante qualora incontri un ostacolo e l’automatico ritorno in posizione di lavoro del corpo lavorante grazie all’azione di martinetti idraulici che permettono così di lavorare senza interruzioni. Tale sistema si rivela particolarmente utile nei terreni ricchi di pietre.

A sua volta, la regolazione della larghezza di lavoro può avvenire anche in lavoro e permette di adeguarsi alla conformazione dell’appezzamento, alla quantità di residui colturali nonché alla potenza del trattore. Grazie, infatti, alla possibilità di variare la larghezza di lavoro, il medesimo aratro può essere utilizzato con trattrici di differente potenza, esaltando così le chance di impiego dell’aratro con le trattrici presenti nel parco macchine aziendale, ovviamente delle potenze compatibili con la richiesta tipica di questi aratri che varia da 130 a 250 CV.

Moderni attrezzi con più moduli riuniti in un unico cantiere

Il progredire della meccanica agraria ha portato alla costruzione di attrezzi capaci di sostituire l’aratro e che includono in un unico cantiere corpi di lavoro in grado di eseguire una lavorazione profonda e corpi di lavoro capaci di svolgere una lavorazione superficiale. In tal modo, con una sola passata è possibile lavorare il terreno e preparare il letto di semina senza dover ricorrere ad altre lavorazioni di amminutamento, con grande risparmio di tempo e di combustibile.

Generalmente gli attrezzi per la lavorazione a due strati sono dotati di un telaio portante costruito in acciaio altoresistenziale il cui layout è però differenziato: alcuni si avvalgono di una struttura portante quadrilaterale, altri invece presentano una trave centrale. Alcuni presentano un telaio fisso, altri, connotati da grande larghezza di lavoro, sono dotati di telaio ripiegabile idraulicamente. In tutti questi layout, sistemi a parallelogramma assicurano l’incernieramento sul telaio portante dei moduli recanti i corpi di lavoro. Inoltre, la maggior parte degli attrezzi per eseguire la lavorazione a due strati è portata dall’attacco a tre punti del sollevatore posteriore della trattrice grazie a un robusto castello di attacco.

Numerosi sono però i modelli semiportati o trainati aventi larghezze di lavoro che possono superare anche i 6 metri. Tali attrezzi sono dotati di carrello di trasporto integrato al telaio portante e tramite sistemi a bilanciere alcuni cilindri idraulici alimentati dal circuito del trattore provvedono a sollevare o abbassare le ruote del carrello di trasporto, consentendo gli spostamenti in campo e su strada. Se una testata di aggancio alle stegole del sollevatore posteriore consente l’accoppiamento alla trattrice, l’attrezzo è semiportato. Più raramente è presente invece un vero e proprio timone di traino con occhione per l’aggancio al tiro posteriore della trattrice, originando così l’accoppiamento trainato. Inoltre, sia i modelli portati sia quelli trainati possono essere a telaio fisso o ripiegabile idraulicamente. Solitamente gli attrezzi per la lavorazione a due strati hanno un ripiegamento orizzontale dei ranghi delle dischiere e ripiegamento verticale dei ranghi del decompattaore. Tale differenziazione deriva dalla necessità di limitare l’ingombro trasversale durante i trasferimenti su strada ed evitare così pericolose sporgenze dei corpi di lavoro. Inoltre, il ripiegamento combinato determina una maggiore stabilità dell’attrezzo durante i trasferimenti, aumentando così la sicurezza nei trasferimenti.

Disposizione dei moduli di lavoro e sistemi di sicurezza

L’integrazione sul telaio portante di una seminatrice elettrica consente la semina di colture intercalari o altre colture con semi minuti aumentando la polivalenza d’impiego dell’attrezzo (foto Kverneland)

Oltre ai dispositivi sinora descritti, sul telaio portante degli attrezzi per la lavorazione a due strati sono inseriti 2, 3 o più moduli di lavoro trasversali alla direzione di marcia su cui sono incernierati i corpi di lavoro, rappresentati da dischi e ancore ricurve che possono avere dispositivi di sicurezza capaci di evitare danneggiamenti sia ai corpi di lavoro sia all’intera struttura dell’attrezzo. Tali sistemi possono concretizzarsi per le ancore: in bullone di tranciatura, molle di carico, sistemi idraulici o idropneumatici Non Stop dotati anche di accumulatore di azoto. Più semplicemente per le dischiere in tasselli gomma che assorbono le vibrazioni e concedono un limitato grado di oscillazione alla staffa di collegamento.

Generalmente il primo modulo è costituito da una dischiera con dischi indipendenti oppure con dischi inseriti su un perno comune aventi lamine concave dentellate, lisce, stellate o ondulate che hanno il compito di tagliare e frammentare i residui colturali. Tale modulo di lavoro è seguito da due ranghi recanti le ancore ricurve con inclinazione laterale oppure con inclinazione verso la direzione di avanzamento. Tali ancore sono costruite in acciaio, talvolta anche legato per aumentare la resistenza all’abrasione con il terreno, e dotate di scalpello (anche al vanadio) per meglio penetrare nel terreno. A questo modulo, infatti, sono demandate la lavorazione e l’arieggiamento del terreno sino a una profondità anche di 50 cm.

A seguire è collocato un modulo costituito da due ranghi di dischi con inclinazione contrapposte in modo di ottenere il pareggiamento del terreno lavorato e lamine dentellate che hanno il compito di eseguire una lavorazione sino a una profondità di 15-20 cm sminuzzando le zolle derivanti dalla lavorazione eseguita dalle ancore. Talvolta la dischiera è seguita da una serie di coppie di dischi concavi con inclinazioni opposte inseriti in un unico rango che hanno il compito di miscelare il terreno smosso dai precedenti moduli, affinarlo e pareggiarlo. Più frequentemente però il quarto modulo di lavoro è rappresentato da un rullo pareggiatore che può assumere differenti fogge. La più moderna è quella del rullo packer tagliente, ma trovano ampia applicazione anche il rullo packer gommato, il rullo packer dentato e il rullo spiralato. Talvolta il rullo è seguito da un erpice a pettine con denti in acciaio per molle che ha il compito di rompere l’eventuale crosta di terreno creata dal rullo. Questo erpice si rivela molto importante nel caso in cui, contestualmente alla lavorazione, venga eseguita anche la semina, in quanto contribuisce alla copertura dei semi smuovendo il terreno grazie all’effetto vibrante dato dal suo contatto col terreno.

Configurazioni particolari di elevata efficienza e polivalenza

La configurazione dell’attrezzo per la lavorazione a due strati con una dischiera anteriore dotata di dischi dentati con inclinazioni contrapposte nei due ranghi, decompattatore con ancore curve di tipo Michel H.600 seguito da una doppia dischiera e rullo finale ad anelli, si rivela efficace (foto ma/ag)

Recentemente sono apparsi nel mercato attrezzi per la lavorazione a due strati recanti delle ancore con un’inclinazione verso il senso di marcia, scalpello e vomeri laterali in grado di formare nel terreno un effetto onda che meglio dissoda il terreno negli strati profondi. Le ancore sono seguite dal modulo con dischi dentati per eseguire la lavorazione superficiale e dal rullo pareggiatore packer tagliente per riconsolidare e pareggiare il terreno lavorato. Tra l’altro, gli erpici per la lavorazione a due strati sono polivalenti e possono essere utilizzati per affinare il terreno tenace dopo l’aratura. In questa applicazione appare molto performante proprio l’ultimo attrezzo descritto, dal momento che ha ancore anteriori che aggrediscono il terreno tenace e le zolle create dall’aratura estiva che ha lasciato all’azione del gelo e del disgelo il decompattamento delle zolle.

Un’altra particolare configurazione degli attrezzi per la lavorazione a due strati che risulta particolarmente efficiente nella preparazione del letto di semina, tanto da essere utilizzata anche nella coltivazione del riso, vede diversi gruppi di utensili inseriti su una struttura monotrave. In dettaglio, la dischiera anteriore con dischi dentati in acciaio al boro taglia i residui colturali e il terreno miscelandoli con grande efficacia. La dischiera successiva, sempre con dischi dentati in acciaio al boro, rimescola in superficie il terreno precedentemente lavorato e lo affina. Segue un decompattatore con ancore curve di tipo Michel H.600 che, montato su un telaio con regolazione idraulica a parallelogramma della profondità di lavoro, esegue una rottura del terreno a una profondità che può variare in continuo da 5 cm sino a 30 cm. La doppia dischiera autopulente che segue il decompattatore, composta da dischi stellati abbinati a dischi ondulati, affina e livella il terreno lavorato dalle ancore. A sua volta il rullo finale ad anelli, sostituibile in opzione con un rullo a gabbia, packer oppure in acciaio liscio o dentellato, completa l’azione di affinamento e realizza l’assestamento del terreno. Inoltre, alcuni attrezzi per la lavorazione a due strati prevedono anche la possibilità di integrare nel telaio portante una seminatrice ad azionamento elettrico, consentendo così la semina di colture intercalari oppure di colture caratterizzate da semi minuti.

Larghezze di lavoro e richiesta di potenza

Tipicamente gli attrezzi portati per lavorazione a due strati dotati di telaio rigido hanno larghezza di lavoro di 300 cm e richiedono l’impiego di trattrici di 200-300 CV. Gli attrezzi portati per lavorazione a due strati dotati di telaio ripiegabile hanno larghezza di lavoro di 400 o 550 cm e richiedono l’impiego di trattrici di 280-360 CV. A loro volta gli attrezzi per lavorazione a due strati semiportati o trainati dotati di telaio rigido hanno larghezza di lavoro di 300 o 400 cm e richiedono l’impiego di trattrici di 200-400 CV. Gli attrezzi per la lavorazione a due strati semiportati o trainati dotati di telaio ripiegabile hanno larghezza di lavoro compresa tra 400 e 630 cm e richiedono l’impiego di trattrici di 300 - 500 CV.

Torna l’interesse per la lavorazione a due strati - Ultima modifica: 2024-04-29T15:45:23+02:00 da K4

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